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JUVENTUS....la bella signora.

Da Costantino Posa

FELICITA' SOLE.

FELICITA ' SOLE.
Nelle ore di solitudine sbirciavo la mia vita. Lei da una parte e io dall'altra, pensavo: Che bugia le dirò mai? La felicità si voltò a guardare, per un attimo indecisa, se andare verso l'oscurità. Come una strada sospesa nell'infinito, sgocciolando le ragioni di un cuore rimasto per tanto tempo in disparte a chiedersi: come mai? Era una cosa mia, soltanto mia, sembrava fossimo arrivati alla fine, pensavo di essere il solo a sentirmi veramente solo. Ma il tempo è saturo di felicità rimaste sole. Il tempo non ha più tempo, non ha voglia di fingere felicità, per non dover mai più parlare di bugie. Come è triste l'alba del giorno dopo. L'alba di un giorno dopo l'abbandono. Ci si sente soli, inermi, senza parole. Come se ti avessero amputato una parte di te, costringendo il resto a vivere con una parte importante mancante. L'alba di un giorno senza sole, senza suoni, senza battiti del cuore. L'alba come fosse un tramonto, senza orizzonti, senza strade da seguire. L'alba in cui ti viene da dire: Mi resta soltanto morire. L'alba di un tempo che fa fatica a finire. L'alba come una pagina di un diario senza più pagine da scrivere. L'alba che in silenzio sussurra: " Ricordi". Cosa c'è di strano se il tempo sceglie la velocità. Da anni, come un ago di belle parole, cerco di ricucire una coperta di stelle fatta di scie di momenti. Cercando di scattare la foto perfetta, quella che ritrae il nulla. Quella che incanta di assenze, mentre a stordire i sensi è il silenzio. L'unico capace a dire parole seducenti. L'unico a saper essere così convincente, lasciando a noi fragili temerari la capacità di scegliere se morire di ogni momento o cercare in ogni momento di morire. Sentivo il bisogno di piangere. Gocce disperse all'interno di un ricordo senza fine, quando mi dicevo: " non posso affidare la mia vita alle maree dell'inferno ". Non voglio più diventare malinconia come la luce di un crepuscolo, bella e rara, come il vissuto insieme per poco tempo. Perché le cose sfuggono? Perché le stagioni concedono e poi a caso tolgono. Perché raccontare il dolore? Le stelle, che forse, decoravano la sommità dei miei pensieri, in parte perdute o sostituite dai miei inutili timori, scendono come cadenti tra i sogni travolti e stracciati dai venti. E' inevitabile, oggi come nel tempo andato possono raccontare della follia che mi ha guidato. Un tempo lo stupore poteva essere sublime, contenere l'intero firmamento di felicità e sconfitte umane. Sempre pronto a consumare il proprio presente, tante volte percorso da dubbi. Qualcosa di aleatorio che sfugge alle nostre domande. Sena mai doversi attendere alcuna verità. Se ci volgiamo indietro, oltre la mediocrità del tempo, dietro alle decisioni, alle intuizioni, sui sentieri tracciati dai nostri flebili o impetuosi aliti, ci accorgiamo di aver incrociato i passi e i pensieri di un altro lui, di lei, di un'altra lei. Rimane la percezione di aver lasciato, tralasciato indietro qualcosa. Ci sono quei tratti a noi sconosciuti, segnati dal distacco che avrebbero potuto orientarci a pensare, ad esprimere, a non sprecare. C'è sempre un sé, un ma, un chissà, mutevoli. Un orientamento più o meno voluto, per capire da se ad un punto di approdo. Nel ricordo scippato al tempo, ho rivisto un amore che ha dentro di sé un esito quasi fatale, inutile. Quello di essere una follia. Quella che non ti fa capire. Quella che ti fa urlare " ti amo ". Quella che ti lascia dire: " solo quello", inerpicata ad un "si". Si raccorda con le rocce dell'età. Quando poi tutti sembrano scontenti di tutto, ha fatto quello che voleva fare: andare via. Quando si invecchia, restano soltanto i sogni. Quelli che ti fanno vedere nulla di nulla, mentre i nostri pensieri sono strumenti a corde se parlano del vissuto o grandi gong se urlano di amori ormai andati. No, non sono stanco. Quello che fa male è tutto ciò che è marginale. La mia strada fatta ad ogni passo. Attimo dopo attimo, passo dopo passo. Senza soste, senza sogni deturpati. Mai prigioniero di ciò che è mancato. Mai stremato, mai arreso alla sorte. Mai rimasto senza un pensiero e se poi? La paura di sbagliare, provata e mai lasciata, mi ha permesso di andare sempre in alto, oltre il vento del chissà. Ho raccolto qua e là tanti fiori di parole, mai rimaste inascoltate. Sempre aromi di ogni senso a scrivere ciò che penso. L'unico vero ostacolo è il tempo. Anche lui mai stanco. Anche lui senza soste. Anche lui mai marginale, sa sempre quando fermare. Era un giorno di settembre, non mi è stato difficile venire al mondo, quasi in punta di piedi, sono nato in silenzio, senza un lamento, senza fare rumore. Anche allora, ironia della sorte, l'imprevedibilità ha segnato il mio cammino. Quella imprevedibilità, che poi, ancor più in silenzio mi ha sempre seguito, spesso, ha segnato ogni passo di me. La stringevo forte, non volevo mollarla, ma quando mi hanno sollevato dai piedi, mi è scappata, un rumore infernale, quella matita per terra, intorno tanti fogli di carta volati via per una breve folata di vento. Quel camice bianco, piegato a raccoglierla: " Diventerà un poeta ", ma solo dopo aver imparato a leggere, a scrivere e soprattutto ad amare. Poi sono seguiti tanti momenti, tanti eventi, tante aspirazioni che hanno reso la vita di un ragazzo, cresciuto troppo in fretta, in un uomo a tratti graffiato dagli eventi, ma mia completamente abbattuto. Tanti altri momenti in cui non si vuole o non si riesce. Momenti senza suoni. Pensieri che si infrangono. Nessuno sa, nessuno dice. Tutto sembra quasi inutile. Tutto appare come una inevitabile conclusione. Il silenzio dei miei giorni, sperando che l'altro o l'altra cercasse di spiegare o di chiedere. La vita di noi uomini, simile ad un muretto a secco, dove ogni tanto basta toglierne un sasso per modificarne aspetto. Finendo per alimentare dubbi e acerbi sospetti. Momenti in attesa di risposte. Momenti in cui si finisce col chiedersi: "chi sono io?" chi mi accompagna? Chi in quel momento, mi lascia? Momenti di gelida resa. Momenti in attesa soltanto di parole adatte. Giorni in cui naufragato per la via seguo il messaggio del vento, solcato dal nulla. I miei passi fugaci, destinati a non essere amati, si inseguono senza fermarsi, ruminando emozioni forse mai vissute. La mia vita va, ignara di tante felicità verso continue penombre. Senza attese, senza luci, senza urla future. Mi nutro di niente. Raccolgo folate di tempo. Traverso stagioni opache. Mi lascio andare per questa via di fango, senza pianto, né riso, soltanto un suono mi chiama verso continui tramonti silenti, ibernati di assenze, è il silenzio del mio lacerato errare. Come uomo, come ogni uomo, apro gli occhi, mi guardo intorno, riprendo il cammino. Il tempo passa, sorpassa ogni momento. Poi è sera, stanco e felice, torno a riposare. La notte che mi accoglie non mi lascia che sognare. Sono un uomo libero, umiliato dal cemento, preso a schiaffi dall'inquinamento, strozzato dall'ingordigia. Qualche volta solo, in compagnia del silenzio. Chiudo gli occhi, ascolto quel che sento: Il rumore del silenzio. Quel rumore che in silenzio mi parla sempre di ciò che sento. Il silenzio che mi accompagna in alcuni momenti e senza che me ne rendessi conto mi ha portato verso lo scrivere. Verso la poesia. Cosa mi ha portato verso la poesia? una premessa: Le chiamo poesie, probabilmente alcune lo sono, altre un po' meno, poiché non seguono un vero e proprio criterio di stesura tipica di una vera poesia. Non mi ritengo in grado di individuarle e catalogarle come vere poesie, forse o giustamente ritengo di non averne la capacità giusta per poterlo fare. Tanti parlano di rime, in alcune mie la rima è quasi inesistente. Perché poesia? Poesia per amore? Amore verso la vita, nonostante tutto quello che la vita stessa mi ha spesso tolto. Amore verso le persone care. Una rivalsa nei confronti dell'incapacità di essere completamente capito. Amore e rivalsa verso tutte quelle cose incomplete della mia vita. La perdita di un padre a 15 anni. Gli studi interrotti dopo tale evento. Le difficoltà della famiglia d'origine e quindi il mio ingresso nel mondo del lavoro molto prima del tempo dovuto. Poi come spesso accade a tutti l'incontro con la persona giusta e più amata della mia vita. Il matrimonio, le stesse difficoltà di una vita di coppia, i figli propri mai arrivati e la scelta. Quella dell'adozione. Prima l'affidamento di due ( un ragazzo e una ragazza ). L'adozione di Valentina, mia figlia e il distacco e rinnego da parte dell'altro dopo 16 lunghi anni di vita assieme. Le aspettative deluse, l'amore riposto e non considerato nell'altro. Ancora la difficoltà di capire ed essere capito. L'incredulità, tante volte, per tutto ciò che accade. La poesia come liberazione di qualcosa che rimane dentro per tanto tempo, come può essere stato un pensiero: quello di avere per sempre un padre o quello di avere un figlio. Un sogno mai realizzato, come può essere stato quello di avere sempre una famiglia completa. Tante volte le parole restano dentro o escono in modo errato. La poesia è un modo per dire le stesse cose avendo molto più tempo per dirle nel modo giusto. La poesia per arrivare dove non si è mai riusciti di arrivare veramente, nel cuore e animo di tanti. La poesia per guardarsi dentro e riuscire a comunicare anche con se stesso. Quelle che io chiamo poesie, forse sono soltanto pensieri rimasti inascoltati, una specie di liberazione. Le mie poesie non parlano soltanto di me. In tante cerco d'immedesimarmi in ciò che accade attorno, prendendone il posto di qualcun altro, cercando di capire e spiegare lo stato d'animo, la gioia o il disagio di ciascuno di essi. La poesia come il raccontare di tanti eventi, cercando in qualche modo di darne una spiegazione. Nella mia poesia sono stato un soldato, un kamikaze, un morto per strada, un vagabondo, uno che ama, un rimpianto, uno che rinnega. Nella mia poesia sono il silenzio e il vento, parlo del tempo e dell'accidentalità di ogni evento. La poesia, perché in fondo mi fa stare bene, mi permette di dire veramente tutto ciò che provo dentro, lasciando da parte tante altre banalità. Tante volte mi chiedo, perché? Continuo a scrivere cercando anche di rispondere a certe mie perplessità. Tanti hanno scritto di me, della mia capacità di entrare nell'animo della gente. Altri hanno detto che la mia poesia è qualcosa di banale, di scontato. Alcuni mi hanno anche offeso. Tutto questo non potrà mai fermarmi, perché sento che è una cosa mia. Una cosa che ho dentro e che mi fa stare bene. Continuerò a scrivere a dispetto di chi non apprezza. Da piccolo vivevo di paure: paura del buio, paura della morte, delle cose misteriose, dell'aldilà. Per vincere le mie paure, le affrontavo, magari andando a cinema, film di orrore. Era un modo per esorcizzare una delle mie tante paure. La vita spesso mi ha messo paura, ma io accusavo il colpo e andavo avanti. La mia poesia a tanti non piace, non mi ritengono un poeta, offendendomi senza neanche conoscermi. Quello che scrivo per me è poesia, mi fa bene, mi aiuta a capire la gente, mi ha aiutato tanto a farmi capire da tanti altri ancora. La poesia perché in fondo ritengo che tutti siamo capaci di dare qualcosa, come un lasciare qualcosa di se stesso, qualcosa che ti distingue. In fondo basta volerlo veramente. Ritengo che l'uomo ha la capacità di comunicare, ha i mezzi per poterlo fare. Io ho scelto la poesia come la mia grande possibilità di riuscire a comunicare. Se torno indietro a quando ero ragazzo, penso di capire quali possano essere state le motivazioni che mi hanno spinto verso la poesia o almeno provo ad immaginarle. Sotto certi aspetti sono le stesse che da piccolo mi hanno spinto a correre dietro ad una palla e molto più tardi verso la pesca. Sicuramente il piacere, la gioia di cimentarmi e continuare attività nuove e coinvolgenti. Scrivere di come il nostro animo reagisce e spiega l'emozione, il sentimento, la delusione, l'euforia percepita. Tornando a quel ragazzo che scriveva su fogli di carta, mi viene facile pensare alla similitudine con le tante pagine della mia vita. La vita un insieme di pagine, di momenti completamente diverse tra loro. Eppure non ho mai creduto di essere perseguitato dalla sfortuna, semmai ho sempre cercato di spiegare e capire il perché di certi eventi. Eventi completamente diversi tra loro, tanto da aver avuto un ruolo fondamentale e alternato di ogni mio stato emotivo. Scaraventandomi ora da una parte o da un'altra emotivamente all'opposto. Come il tormento di certi momenti. Non c'era altra scelta, mi osservava. L'angoscia trasformata in tormento. L'amore avrebbe potuto donarle tanto, se il cuore, il mio cuore, glielo avesse consentito. Probabilmente non capiterà più di assaporare quello che poteva essere, lei, la felicità, doveva andare, per quanto tempo, il tempo doveva aspettare? Fra quanto tempo, lei, poteva tornare? Sopraffatto dal desiderio cosa resterà di quel tormento? Nelle ore di solitudine sbirciavo la mia vita. Lei da una parte e io dall'altra. Che bugia le dirò mai? La felicità si volto a guardare, per un attimo indecisa se andare...verso l'oscurità. Come una strada sospesa nell'infinito sgocciolando.....le ragioni di un cuore, rimasto per tanto tempo in disparte a chiedersi: Come mai? era una cosa mia, soltanto mia. Sembrava fossimo arrivati alla fine. Pensavo di essere il solo a sentirmi veramente solo. Ma il tempo è saturo di felicità rimaste sole. Il tempo.........non ha più tempo non ha più voglia di fingere felicità, per non dover mai più parlare di bugie. Il tempo non torna. Il tempo vola e non torna più. Il tempo accarezza la mente. Il tempo dimentica il tempo. Te ne accorgi quando il sole non scalda più. Le lacrime di ogni nuvola continuano a venire giu. Te ne accorgi quando non ti riconosci più nello specchio. Quando la tua voce torna indietro senza risposta. Te ne accorgi quando tutto accade intorno a te. Quando tu non fai più parte di tutto ciò che accade. Sono altri gli attori. Te ne accorgi quando guardando avanti, vedi soltanto un passato. Quando vivi spesso, soltanto di ricordi. Quando vivi spesso cercando qualcuno Che ormai non c'è più. Qualcuno che è via con il tempo. Occhi chiari di azzurro, il tuo male contrasta il cammino del tuo volere. Mentre il pensiero annega tra i rigoli di gocce lacrimose. Le speranze e le gioie battute, non più certe di ciò che il tuo cuore vede, si dissolvono al mattino di un giorno ormai lontano, tra gli odi di campane e lamenti di un addio. Costrinse i miei sogni a serrarsi tra nuvole di fumo confuso e occhi rigati di pianto di chi chiede:"perché?" Di chi urla: " non mandarti via ", lasciandomi a vagar tra le ombre agitate di una mattinata di resa. La mia vita, ogni tanto, macchiata di brogli, non esita a chiedersi: " chi ero io, allora, tra sogni proibiti?" Nel nascere di un pensiero, forse mi verrà in mente di come, allora, la vita ha provato a spaventarmi in balia di una emergenza, inseguendo un'isola che non c'è. A volte penso alle cose che mi sono state tolte. A volte, quando neanche il silenzio mi parla, non resto mai da solo. Mi parlo, mi dico: "sai, a volte vorrei scendere ad un compromesso col l'andar del tempo. Vorrei chiedergli: "Perché non ti fermi? Perché, ogni tanto non fai come il mio PC, tante pagine da salvare. Perché solo un cestino per cancellare. A volte vorrei che l'andar del tempo fosse ogni tanto possibile riprogrammare. Vorrei che la rotta seguita fosse come le orbite dei pianeti, che corrono via, ma poi ritornano o come la luna che ogni tanto scompare, ma è sempre lì, poi riappare. E' indispensabile che l'alba segua un tramonto. La notte ore di tenebre fiaccate da un " non ce la farò mai" a tenerla lontano. E' necessario che ci sia sempre un domani e poi ancora un domani, per poter sempre dire: " noi eravamo ". E' stimolante risvegliarsi di ricordi futuri, sopiti e sfogliati di tempo. E' inimmaginabile avere del niente commiserazione, tormenti e sperduti silenzi. E' inevitabile vivere e poi ancora vivere, per poter un giorno morire contenti.

JUVENTUS....la bella signora.


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