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KOMAK (2002) di Danilo Monte e Zucco

Creato il 17 marzo 2012 da Close2me

KOMAK (2002) di Danilo Monte e ZuccoEsperimento affatto banale quello dei due giovani registi e collaboratori del portale Indymedia: parlare della ketamina, un potente anestetico dissociativo divenuto nel tempo celebre per l’assunzione a scopo stupefacente durante manifestazioni illegali come i rave-party. La soluzione narrativa prescelta è quella della docufiction, mai moralista né critica, che fa di un eccezionale regista il suo portavoce: Alberto Grifi, massimo esponente del cinema sperimentale italiano.
“Il regista romano Grifi è venuto a conoscenza degli esperimenti del dott. Kanudo il quale, sulla scia di T.Leary e A.Huxley, documenta gli effetti delle sostanze psicotrope sulla mente umana. In collaborazione con l’ing. Norsen, inventa una macchina in grado di visualizzare le immagini mentali. L’obiettivo dello scienziato è quello di riuscire a documentare specularmente l’esperienza mentale sotto l’effetto di ketamina, sostanza nota per i suoi effetti allucinogeno-dissocianti”
Il tono, volutamente scanzonato, affianca la sensibilità di un regista visionario da sempre curioso e vicino alle nuove sperimentazioni: pittoriche, cinematografiche o mentali non fa alcuna differenza. Grifi incontra il mondo dei ravers attraverso un approccio intellettuale originale, azzardando un parallelismo mediale che compara l’evoluzione espressiva del mezzo cine-televisivo con le dinamiche che legano la psichedelia degli anni ’70 alle nuove frontiere sensoriali delle droghe moderne. Un gioco analitico che coinvolge in prima persona l’autore de La verifica incerta, in una cronaca d’assalto priva di filtri, candidamente aperta ad un confronto con una realtà complessa, oscura ed indubbiamente spinosa. Tutto ciò molto prima (ed assai meglio) di ipocrite e voyeuristiche trasmissioni TV incentrate sulla “comprensione” delle realtà giovanili più oscure. Il budget è evidentemente minimo ma le soluzioni audiovisive funzionali, azzeccate nella sinergia tra martellanti ritmi techno, astratte animazioni computerizzate e divertenti rimandi cinefili (lo studio del dott. Kanudo immaginato come un’alchemico antro che rimanda alle storiche produzioni horror della Hammer). Il film si chiude con una profezia illuminata dello stesso Grifi, che anticipa lucidamente le potenzialità delle future tecnologie, svincolate dello supremazia antropocentrica e fondate invece su un flusso amoroso di connessione con tutte le altre esistenze viventi, a livello mondiale. In parole povere, il social networking.


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