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L’accesso a Internet? E’ già un diritto…

Da Db @dariobonacina

…ma non viene fatto rispettare.

L’Articolo 21 della Costituzione Italiana dice:

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria [cfr. art.462112">462112">462112">462112">111 c.1] nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili.

In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo d’ogni effetto.

La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.

Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.

Per quanto si legge nella Costituzione, dunque, ritengo che l’iniziativa di promuovere un “Articolo 21-bis” che dica “Tutti hanno eguale diritto di accedere alla Rete Internet, in condizione di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale” si ponga un obiettivo condivisibile e di importanza fondamentale. Il problema è che il progetto – a mio parere – va nella direzione sbagliata.

Come osserva Luca Annunziata su Punto Informatico, il nuovo articolo pone l’accento sulla problematica del digital divide e sul suo superamento, per dare a tutti i cittadini le stesse possibilità. Di conseguenza, forse varrebbe la pena guardare verso l’Articolo 3:

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Esistono diritti che fin dal 1947 sono garantiti dalla Costituzione: pari opportunità, salute, istruzione e lavoro, tanto per fare un esempio. Diritti a cui il Governo Italiano ha dedicato l’attività di appositi ministeri, ma sulle cui modalità di applicazione spesso si discute. Per cui il fatto di garantire un diritto nella Costituzione non rappresenta, di per se’, una garanzia di rispetto assoluto.

Stefano Rodotà si è fatto portavoce dell’iniziativa che promuove questo Articolo 21-bis e, a chi sostiene che non sia necessario che nella Costituzione si parli di Internet come diritto fondamentale perchè tale diritto sarebbe già incluso nel testo costituzionale, ha rivolto l’invito di “dirlo a gran voce, per ribadendolo in modo chiaro e palese, per rendere davvero superfluo un nuovo apposito articolo. Anche questa considerazione mi sembra superflua, perché le persone che ho sentito esprimere critiche a questo progetto sono le medesime che da anni promuovono una Internet accessibile a tutti, aperta e neutrale.

Esco dall’ambito costituzionale e – visto che sopra ho parlato di ministeri – non posso fare a meno di constatare che un tempo esisteva anche il Ministero delle Comunicazioni: dal 2008 è stato trasformato in un dipartimento del Ministero dello Sviluppo Economico, oggi guidato da Paolo Romani (già sottosegretario – e poi viceministro – con delega alle Comunicazioni e attualmente a capo del MSE).

L’accorpamento delle Comunicazioni nella tematica dello Sviluppo Economico è più che pertinente: io sono solo l’ultimo di tanti cittadini-utenti che vedono in Internet un volano per lo sviluppo economico del Paese. Mi risulta che sia una convinzione manifestamente condivisa – almeno dal giugno 2009, se non prima – anche dal ministro Paolo Romani. Per cui, forse, è ministeriale (e non costituzionale) la porta a cui bussare per chiedere “a gran voce” un contributo concreto sull’accesso libero ad Internet attraverso una connessione dignitosa.



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