Tim Legler, di ESPN, lo ha definito “the easiest post-season award of all“, sottolineando come fosse ovvio e scontato che Mike Budenholzer venisse premiato come miglior allenatore della scorsa regular season NBA.
Che il progetto iniziato l’anno passato da Budenholzer fosse di quelli da tenere in considerazione, è sembrato chiaro già dalla sua stagione d’esordio da head coach in NBA. In un’Atlanta privata della sua stella più brillante, Josh Smith, con il suo uomo simbolo, Al Horford, alle prese con gravi problemi fisici, e con un roster decimato dagli infortuni, tra cui quello di Lou Williams, Sixth Man of the Year quest’anno a Toronto, il neo-allenatore ex vice di Gregg Popovich ha costruito qualcosa di importante. Raggiunti per un soffio i playoff con l’ottavo posto utile nella Eastern Conference, soppiantando i Knicks all’ultimo respiro, gli Hawks hanno brillato in una favolosa prima serie di playoff contro i leader ad Est, quei Pacers che dentro di sé serbavano più di un sogno di gloria. In sette gare combattutissime, Atlanta ha mostrato dei progressi fenomenali e la crescita esponenziale di un gruppo in apparenza non più che modesto. Il vero capolavoro, però, dopo la sconfitta decisiva del Bankers Life Fieldhouse in Gara 7, è arrivato quest’anno ed il suo timoniere e geometra è stato premiato meritatamente con il titolo di Head Coach of the Year.
Primati personali e record di franchigia sono fioccati a valanga nella stagione dei Falchi. 60 vittorie Atlanta non le aveva mai raggiunte nella storia di una franchigia che rinasce, con questa nomea, nel lontano 1968. Il primo posto divisionale mancava dal 1993/94 ed è il primo da quando esiste questa Southeast, mentre quello di primatista nella Eastern Conference non era mai arrivato prima d’ora. Una stagione meravigliosa, puntellata di tanti successi di prestigio, non soltanto contro un Est sempre più in crisi di risultati, ma anche contro i pezzi forti di una Western Conference quanto mai competitiva. Da record, non solo di franchigia, i 19 successi consecutivi e, soprattutto, il 17-0 con cui hanno chiuso un mese di gennaio perfetto, primo di una tale portata nella storia NBA. Soltanto i fantastici Warriors, che però hanno un roster assai più competitivo di quello di Atlanta, hanno potuto scippare il miglior record stagionale agli Hawks e proprio il loro allenatore, Steve Kerr, ha messo in seria difficoltà Budenholzer nel conquistare il premio. 513 punti e 67 primi posti su 130 disponibili per l’head coach dei Falchi, 471 e 56 primi posti per il rookie sulla panchina di Golden State.
#ICYMI – Watch Coach Bud's heartfelt Coach of the Year acceptance speech.
#TrueToAtlanta https://t.co/ZVm5ioQr8x
— Atlanta Hawks (@ATLHawks) 22 Aprile 2015
Per far capire l’importanza del mentore Popovich, basti pensare che il nativo di Holbrook è stato avvisato della vittoria del trofeo proprio da una chiamata del coach degli Spurs lunedì mattina e, ovviamente, non ha potuto far altro che ringraziarlo calorosamente nella conferenza stampa di martedì alla Philips Arena:
“It prepared me for my opportunity. And I think that’s ultimately what the role of a coach is: to prepare his team, to prepare a player, or to prepare a person for their opportunity. And I just want to thank Pop for preparing me for this opportunity.”
Parole che non hanno bisogno di essere commentate, così come la risposta di Pop, come al solito significativa nella sua brevità, che lo ha definito “heck of a coach“. Quanto Budenholzer sia amato nello spogliatoio di Atlanta è chiaro fin dal suo primo giorno nella città, da quando si sedette per tre ore nella casa di Horford chiedendo di ogni singolo giocatore che faceva parte dell’allora roster e semplicemente ascoltando ciò che il dominicano aveva da dirgli, tanto che egli dichiarò che Bud era “one of those guys who believes in getting everyone involved“. Kyle Korver venne convinto, qualche giorno dopo, a rinnovare con gli Hawks, nonostante le numerose chiamate, e disse, in tempi non sospetti: “I’ve never seen a coach at any level who does it better than him“.
Il sistema di gioco messo in atto da Budenholzer in Georgia è di chiaro rimando a quello straordinario attuato da Popovich a San Antonio. Tutto il quintetto titolare è viaggiato tra i 12 e i 18 punti di media durante la stagione regolare. Ognuno è importante, in modo da poter sopperire alla serata storta dell’uno con la mano calda dell’altro e non perdere mai l’occasione di vincere una partita. Nessuno dei suoi giocatori ha mai toccato quota 30 punti in questa stagione, eppure tutti sono con lui e i risultati, compreso il 2-0 nella serie playoff contro i Nets, continuano ad arrivare. La sua motion offense, che ha portato gli Hawks al secondo posto per assist a partita (25.7), oltre a produrre 102.5 punti di media, è andata di pari passo con una difesa fenomenale, che ha concesso appena 97.1 punti di media, quinto miglior risultato nella Lega.
Insomma, tutto ha funzionato al meglio ed il premio di Head Coach of the Year è stato quanto mai meritato. Gli Hawks saranno in grado di confermarsi mina vagante nei playoff e raggiungere “almeno” quelle finali di Conference che mai hanno assaporato nella loro storia?