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L’altra faccia della Casta. I sindacati: niente ICI, libertà di licenziamento e nessun bilancio consolidato

Creato il 28 agosto 2011 da Iljester

L’altra faccia della Casta. I sindacati: niente ICI, libertà di licenziamento e nessun bilancio consolidato

Detto così, sembra un’enormità. E lo è. A sentire i sindacati, loro sono l’ultimo baluardo di tutela dei lavoratori, ma chiaramente questo è solo un retaggio del passato, di quando le organizzazioni sindacali nascevano spontanee, non avevano un soldo ed erano genuina rappresentanza dei lavoratori nelle fabbriche e in genere nei posti di lavoro. Vivevano di offerte e di quote dei lavoratori, e certamente non avevano gli aiuti di Stato o un apparato di privilegi che le rende non tanto intoccabili quanto un’inesauribile fonte di business.
Poi è arrivato il fascismo e poi è arrivata la repubblica. Da allora, i sindacati sono diventati organizzazioni potenti, una sorta di casta parallela a quella dei politici. Sono iniziate a fioccare le norme di vantaggio e di privilegio, e tutto in nome – si fa per dire – della tutela dei lavoratori. Alcune di esse sono irragionevoli, e altre addirittura contraddittorie rispetto alla filosofia che dovrebbe informare l’attività sindacale.
ICI e Sindacati. Si è tanto parlato e criticato la Chiesa che non paga l’ICI. Ma a ben vedere i sindacati non hanno mai versato un euro di ICI, nonostante abbiano un patrimonio immobiliare piuttosto sostanzioso (la CGIL conta circa 3000 sedi in tutta Italia). La legge è quella solita: la 504 del 1992. La giurisprudenza, in base a questa legge, ha equiparato le organizzazioni sindacali e i partiti alle ONLUS. Conseguentemente niente ICI, con buona pace per le casse dello Stato a fronte di un patrimonio immobiliare che sfiora un valore per milioni di euro.
Immobili del ventennio e Sindacati. Non solo, in base a una legge del 1977, la n. 902, i Sindacati hanno ereditato i beni dei sindacati fascisti, senza pagare un euro né di prezzo né di tasse su quegli immobili. Ovviamente nessuna ICI su questi immobili.
Sindacati e Bilanci consolidati. Attualmente non si sa esattamente a quanto ammonta il patrimonio delle organizzazioni sindacali che hanno vari interessi in diversi rami del sociale (dal volontariato, alle associazioni dei consumatori, ai fondi pensione ecc.). Indovinate perché? Non hanno obbligo di bilancio consolidato. Nonostante ricevano contributi pubblici, i loro bilanci non sono soggetti al controllo della Corte dei Conti.
Sindacati e servizi. In questo settore ci si perde, tante sono le norme che in un modo o nell’altro portano denaro pubblico alle casse sindacali per attività che dovrebbero essere svolte dallo Stato e dagli enti pubblici, o se proprio vogliamo dai professionisti del settore (come i commercialisti e gli avvocati). Per rendere il tutto semplice, dico subito che sono stati istituiti i patronati e i CAF. I primi assistono i pensionati nelle vicende previdenziali, i secondi assistono i lavoratori in genere (solitamente per la dichiarazione dei redditi e l’assistenza fiscale). Ovviamente non gratis. Lo Stato versa per questi servizi, all’incirca 15 euro a pratica, o lo 0,226 di euro dei contributi obbligatori incassati dall’INPS. Il business, secondo una stima del 2007, è pari a circa 330 milioni di euro. Le leggi di riferimento sono la legge 413/1991 (istitutiva dei CAF) e la legge 152 del 2001 (istitutiva dei Patronati). Nel 2005 venne aperta una procedura di infrazione davanti alla Commissione Europea per monopolio. Il Governo Berlusconi fu «costretto» a concedere il medesimo servizio agli studi dei Commercialisti.
Sindacati e associazione dei consumatori. Si può dire in proposito che molte associazioni dei consumatori sono un prolungamento del business sindacale. Non a caso, diverse leggi attribuiscono alle associazioni dei consumatori la facoltà di costituirsi parte civile nelle azioni penali che coinvolgono in un modo o nell’altro i diritti dei consumatori e di aderire con interventi adesivi nei processi civili intentati a tutela dei diritti dei consumatori. Aggiungiamoci pure una sostanziosa percentuale delle multe comminate dall’Antitrust.
5 per mille e Sindacati. Uno strano rapporto questo. I Sindacati infatti godono del 5‰ dell’IRPEF, che va a favore delle associazioni collaterali al Sindacato stesso.
Pensionamenti e dipendenti dei Sindacati. Grazie alle leggi Mosca 252/1974 e Treu 564/1996, sindacalisti e dipendenti dei sindacati e dei partiti, hanno ricevuto, a carico dello Stato, il versamento di contributi figurativi per i periodi in cui non avevano versato contributi. Ciò è costato alle casse dello Stato circa 30.000 miliardi delle vecchie lire, pari a circa 15 milioni di euro.
I delegati sindacali. L’attività sindacale è una vera e propria professione a tempo pieno. I lavoratori che che godono di permessi retribuiti per questioni sindacali sono all’incirca 700.000, mentre 2.500 lavoratori sono distaccati al sindacato. Questi provengono soprattutto dal settore pubblico, e precisamente dalla scuola e dagli enti locali; questi lavoratori distaccati non possono essere licenziati o trasferiti. Va da sé che questo sistema alimenta ancor oggi il chiaro malcostume di utilizzare le norme di delega e distacco sindacale per proteggere i lavoratori più negligenti e facinorosi, che così non possono essere licenziati o allontanati dal posto di lavoro.
La presenza dei Sindacati negli organismi pubblici. Una vera e propria invasione. Ex sindacalisti sono presenti in parlamento, al governo, negli enti locali, nelle società partecipate, nelle camere di commercio e negli istituti di previdenza come l’Inps,  il CNEL, l’IACP, la Banca d’Italia, gli albi professionali e le aziende per i trattamenti rifiuti, dove naturalmente godono dei gettoni di presenza.
Licenziamenti e Sindacati. Sappiamo che le organizzazioni sindacali sono i più strenui difensori dell’art. 18 Stat. Lav. che obbliga il datore di lavoro a licenziare il lavoratore solo per giusta causa o giustificato motivo. Casomai il datore di lavoro licenziasse senza la presenza di una giusta causa o di un giustificato motivo, avrebbe l’obbligo di reintegrare il lavoratore ingiustamente licenziato nel posto di lavoro, oltre a risarcirgli il danno. Ebbene, paradossalmente questa regola non si applica ai Sindacati, che invece possono sbattere fuori i propri dipendenti senza il pericolo che venga loro applicato l’art. 18. Non ci credete? Leggetevi l’art. 4, comma 1, della legge 108 del 1990.
Sindacato e diritto di sciopero. L’art. 40 della Costituzione prevede che lo sciopero debba essere regolamentato dalla legge. Ebbene la norma non è stata mai attuata per volontà dei Sindacati che in Parlamento contano numerosi supporters (soprattutto a sinistra) e hanno persino dei loro rappresentanti diretti (nella passata legislatura: 53 deputati e 27 senatori). Così, se mentre all’estero lo sciopero è regolamentato dalla legge e deve essere normalmente approvato con un referendum di tutti i lavoratori (diversamente è considerato inadempimento del contratto), in Italia lo sciopero selvaggio e politico sono la prassi sindacale, e costituiscono una formidabile arma di ricatto nei confronti dello Stato.
Sindacato e registrazione. Di questo argomento ho già parlato in occasione del commento dell’art. 39 della Costituzione.
Insomma, come i partiti politici, i sindacati italiani sono una vera e propria casta… che dice di tutelare i lavoratori, ma il cui unico obiettivo al fin fine è semplicemente autoconservarsi e autoconservarsi bene… anzi, direi benone…

Fonti: L’Altra Casta | Il Giornale | Circolo Russell

di Martino © 2011 Il Jester 


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COMMENTI (1)

Da Pia
Inviato il 28 febbraio a 12:51
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30.000 miliardi di lire corrispondono a circa 15 miliardi di euro e non 15 milioni! Grazie.