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L’America dice no al cyberbullismo

Da Mondoinformazione @matteopartenope

Dharun Rav è stato  condannato in seguito all’atto di cyber bullismo che sembrerebbe aver spinto Tyler Clementi al suicidio. 

Dharun Ray è uno studente indiano della Rutgers University, un ateneo del New Jersey, che un anno e mezzo fa riprese con la «webcam» due incontri omosessuali  di Tyler Clementi, studente diciottenne col quale divideva la stanza, e poi mise le immagini su Internet. Tre giorni dopo la seconda pubblicazione sul web Tyler si suicidò lanciandosi nel fiume Hudson dal Washington Bridge, il ponte che collega il New Jersey a Manhattan. Immediata fu la condanna al gesto di Dharun; subito fu ritenuto giuridicamente impossibile accusarlo della morte del compagno di stanza. Sembrerebbe che Tyler stesse vivendo un periodo di crisi in seguito alla confessione della sua omosessualità ai genitori.

Dharun venne incriminato di 15 capi di imputazione sulla base della legge contro gli “hate crimes”, i crimini di odio basati su vari tipi di discriminazione: razziale, religiosa ed etnica ma anche quella relativa alle tendenze sessuali. Solo in 30 dei 45 Stati Usa sono previste punizioni per gli “hate crime”; tra questi il New Jersey.

La giuria popolare di New Brunswick  si è pronunciata, qualche giorno fa,  ritenendo il ragazzo colpevole di tutti e 15 i capi d’imputazione; la condanna potrebbe concretizzarsi in 10 anni di detenzione per Dharun. Tra le accuse: quella di aver portato il compagno al suicidio, di aver invaso la sua privacy, di avere usato strumenti intimidatori con scopo di discriminazione sessuale.

Le reazioni alla sentenza sono state eterogenee.  Vediamo due posizioni opposte. Lo Star Ledge, il quotidiano più seguito del New Jersey, in un editoriale ha giudicato inaccettabile la sentenza, scrivendo: “Dharun ha commesso un atto grave e inqualificabile, si è dimostrato stupido e immaturo: va condannato ai servizi sociali ma non lo si può mandare a marcire in una cella insieme a stupratori e assassini” .  Posizione opposta per i magistrati i quali sostengono che si tratti di una condanna esemplare utile a contrastare, in futuro, gli atti di cyberbullismo. Le associazioni che tutelano i diritti degli omosessuali approvano la sentenza, ma hanno evitato di ostentare la loro soddisfazione.

L’Aclu, la lega per i diritti civili, si rende conto che si è aperto un caso molto dedicato. Pur appoggiando la sentenza, evidenzia la difficoltà a identificare e provare gli “hate crimes”; per questo motivo sostiene la necessità di trattare  casi come quello di Dharun con molta prudenza.

Il cyberbullismo è divenuto una realtà diffusa in tutto il mondo. Se tale sentenza dovesse essere definitiva occorre essere consapevoli della possibilità di compiere, attraverso un click, un reato che implica conseguenze penali.



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