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“L’amore è una cosa meravigliosa” di Han Suyin: lo scontro di civiltà all’ombra del sentimento

Creato il 04 febbraio 2015 da Alessiamocci

Che cos’è l’amore? La domanda potrebbe sembrare la più ridicola di questo mondo o la più complessa in assoluta, a seconda dei punti di vista. Sicuramente, è un quesito a cui rispondere non è per niente facile e da sempre vari scrittori hanno tentato l’impresa. Alcune volte realizzando capolavori indiscussi, altre finendo in opere banali e scialbe di ben poca sostanza.

L’amore è una cosa meravigliosa” (1952) di Han Suyin, pseudonimo di Elisabeth K. Chow (deceduta il 4 novembre 2012), è a metà strada. Perché da una parte la trama ha tutto ciò che serve per incantare, rapire, emozionare il lettore ma in concreto, pagina dopo pagina, si finisce per invischiarsi in una storia melanconica e deprimente. Se non si ha la forza di andare avanti e capire a fondo i protagonisti.

Siamo a Hong Kong, all’inizio degli anni ’50. La città è ancora una colonia inglese, in questo momento più che mai oasi di serenità e speranza per chi fugge dalla Cina comunista, ma i forti squilibri sociali al suo interno ne fanno un luogo sempre più incandescente. Qui si trova Han, medico euroasiatica vedova e desiderosa di tornare a casa sua, oltre il confine, per aiutare il suo popolo. Ma nel frattempo lavora nell’ospedale cittadino, vivendo con la figlia Mei in un ostello religioso.

Le giornate passano senza particolari novità, se non per le notizie provenienti dalla Cina della sempre più veloce ascesa comunista. Nel clima di terrore che avvolge la maggior parte della “Hong Kong perbene”, composta da missionari cristiani e filantropi ben poco disinteressati, Han incontra una sera Mark, affascinante giornalista europeo già sposato.

Non sembra poter esserci storia tra i due: schiva e disincantata lei, girovago ed eterno ragazzino lui. Ma all’improvviso una scintilla nasce nel cuore di entrambi e, nonostante le loro differenze etniche che destano scandalo nei salotti cittadini, un’intensa passione li unisce e tormenta. Ma la vita li chiama in fronti diversi e questa sfida, insieme a molte altre, li porta davanti a scelte che mai avrebbero pensato di affrontare.

Sullo sfondo dei contrasti sociali, razziali e politici la Chow delinea una storia (autobiografica?) che potrebbe essere veramente spettacolare. Ma, ahimè, non è l’amore l’elemento più interessante del romanzo, perché la narrazione lenta e densa getta troppa carne al fuoco e fa pesare al lettore l’intera vicenda. In certi punti si finisce perfino per fare il tifo affinché la storia d’amore tra i due finisca, tanto si rischia di odiare la protagonista, suo malgrado.

A salvarsi è la terza e penultima parte del libro, “Crisi”, nella quale Suyin ritorna in patria e viene investita dalla carica emotiva e sociale del comunismo. Sotto l’aspetto storico, infatti, quest’opera riesce in modo preciso e poetico a raccontare uno spaccato del mondo rosso degli anni ’50, agli albori di quello che ancora oggi è il più potente Stato comunista al mondo.

Purtroppo per la Chow, questo libro non è un pilastro della letteratura internazionale, nonostante le interessanti premesse, ma ha da insegnare. Magari anche qualcosa sull’amore, perché in fondo è il sentimento che più di tutti rapisce e turba il mondo intero. Anche se vissuto ai confini della Terra, in un tempo lontano, perché lui non conosce storia.

 

Written by Timothy Dissegna

 

 


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