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L'Assoluzione d Laura Alberico

Creato il 01 dicembre 2012 da Junerossblog

L'Assoluzione d Laura AlbericoCarissime amiche, dopo una piccola pausa, eccoci arrivate all’appuntamento settimanale con “Le nuove penne”.Oggi incontriamo Laura Alberico. Il suo racconto non parla di una classica storia d’amore, ma piuttosto di una coppia che è arrivata al capolinea e di una donna che si ritrova a dover compiere una dura scelta.Può sembrare semplicemente una storia triste, ma in realtà racchiude dentro di sé un forte messaggio di speranza. E’ un brano molto veritiero, che tratta di argomenti quotidiani e che ci insegna che l’amore vince sempre su tutto, anche nei momenti più bui ci aiuta a rialzarci.Ora però non vi dico altro..;) Come sempre vi lascio alla lettura del racconto e…. Non dimenticatevi di lasciare il vostro commento!!!;)SereJaneVi ricordo inoltre che noi bloggerine siamo sempre alla caccia di nuove scrittrici in erba, quindi penna alla mano!! Non abbiate timore e inviateci i vostri raccontini! Siamo sempre felicissime di leggerli e di poterli condividere con le nostre amiche!;)Eccovi il link dove trovare le istruzioni per mandarci il vostro racconto: LINK 
L’assoluzione di Laura AlbericoLa porta dell’avvenire sta per aprirsi. Lentamente. Implacabilmente. Io sono sulla soglia. C’è soltanto questa porta e ciò che v’è nascosto dietro. Ho paura. E non posso chiamare nessuno in aiuto. Ho paura.” ( Una donna spezzata- Simone De Beauvoir )Erano anni che avrebbe voluto recidere il cordone ombelicale che la legava all’uomo che le viveva accanto. Sotto lo stesso tetto Anna aveva visto trasformare l’entusiasmo e l’amore in indifferenza e rifiuto. Un senso di impotenza che l’accompagnava ogni giorno e che diventava un conto alla rovescia, come per un soldato in attesa del congedo. Croci su croci nella sua mente chiudevano e aprivano all’improvviso pensieri di evasione, l’impossibile cambiamento di una situazione ormai stabilizzata e cronica., come una malattia senza cura. Era malata di libertà e i suoi pensieri erano rimasti al riparo dal presente, l’unica oasi di pace e di vera consapevolezza e autonomia. Lei che credeva fortemente nella vita desiderava la morte, come il motto latino “ mors tua vita mea”. Il gioco del destino in cui si trovava spesso a spiegare il significato di gesti e parole le aveva suggerito regole e comportamenti di sopravvivenza, binari sui quali correvano o rallentavano treni carichi di apparente normalità. E i giorni passavano, così senza sussulti, fermate obbligate per rifornimento di coraggio e di speranza. Si, perché nonostante tutto i desideri erano la sua linfa vitale, crescevano forti e rigogliosi, piante dalle radici nodose che riuscivano a sollevare il terreno e a destabilizzare la linea diritta della sua vita. Giorni confusi ma segnati da un unico costante desiderio, quello di aspettare il momento giusto per dire basta.Quella sera Paolo tornò a casa stanco e si buttò sul letto, si sentiva male e aveva un forte dolore al petto, anche la respirazione era diventata difficoltosa. Anna cercò di rintracciare il medico curante ma non ci riuscì e vedendo che la situazione peggiorava chiamò l’ambulanza. Di lì a poco sentì la sirena avvicinarsi sempre di più, come un grido soffocato finalmente libero di sferzare l’aria. In ospedale non dissero niente per ore ed ore, abbandonata su una sedia vedeva sfilare davanti a sé tutti i mali del mondo, lamenti e sguardi fissi, senza uno spiraglio di vitalità. L’umanità ferita nel fisico le procurava un senso di nausea e di rifiuto. Lei voleva vivere ancora.Quando il dottore si affacciò nell’atrio lo sguardo di Anna era assonnato e perso. In quelle ore di attesa aveva ripercorso la sua vita e il passato le sembrava un macigno sul cuore, un peso insopportabile dal quale liberarsi al più presto. Riconobbe negli occhi del medico un’aria seria e distaccata ma anche un tentativo mal riuscito di controllare le proprie emozioni. Le parole che ascoltò sembravano provenire da molto lontano, una cantilena lenta e monotona, un suono incolore come le pareti e gli oggetti che la circondavano in quella asettica stanza. I sensi erano ovattati come lo erano i suoi sentimenti in quel preciso istante. Era sola, come si è soli quando si nasce o si ritorna a nuova vita dal coma. Il buio e poi una luce improvvisa, forte e lacerante lama che impedisce agli occhi di aprirsi. Il sogno e la realtà diventavano due facce di una stessa medaglia, entrambe come finestre sul passato e sul presente offrivano spiragli di luce e occhi finalmente liberi di guardare oltre. E’ strano come la morte possa chiamare a sé una nuova vita, risvegliare il desiderio di cambiamento, risanare le ferite del corpo e della mente che in tanti anni non aveva mai curato e che aveva nascosto a tutti per pudore. L’impotenza e la solitudine, il dolore consumato come pane quotidiano chiedevano giustizia e riscatto, rispetto e possibilità di trasformare un destino già segnato. Davanti al tribunale che aveva alzato come altare sacrificale nella sua fantasia i desideri diventavano misteri dolorosi dei grani di un rosario recitato ossessivamente ogni giorno. Il giudice speciale, quello che comprende e consola, guida e accompagna la vita e la morte, avrebbe decretato la sua assoluzione, spalancandole le porte di una nuova vita in cui l’amore vince sempre con il coraggio e la forza, simboli di una giustizia vera.

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