Sul rapporto tra “scienza e fede” nel pontificato di Benedetto XVI si è espresso di recente l’astrofisico e teologo Giuseppe Tanzella-Nitti. Già ricercatore nel campo della radioastronomia e della cosmologia del CNR presso l’Istituto di Radioastronomia di Bologna e astronomo all’Osservatorio Astronomico di Torino, oggi si occupa del Centro di Documentazione Interdisicplinare di Scienza e Fede (www.disf.org). Lo ha intervistato Zenit.it, in merito anche della presentazione del libro: “Fede e Scienza. Un dialogo necessario” (Lindau 2011), in cui vengono ripresi i discorsi del Pontefice sull’argomento.
Lo scienziato nota subito la continuità nell’attenzione per la scienza tra il magistero di Benedetto XVI e quello di Giovanni Paolo II, seppur con enfasi diverse: «Benedetto XVI difende la ragione umana, perché immagine di Dio e capace di portare a Dio, pur con tutti i limiti derivanti dai limiti e dagli errori della condizione umana. E anche lui, come Giovanni Paolo II, in questo cammino intende recuperare il meglio della riflessione filosofica. Una ragione debole non interessa alla fede. La fede cristiana si consolida proprio mediante il superamento dell’idolatria e della superstizione, due mali che la ragione debole, oggi predominante, sembra invece allegramente sottostimare». Non è un caso che la tradizione filosofica «ha sempre riconosciuto la presenza di un Logos che custodisce e rivela il progetto del mondo e dell’uomo, un Logos che la ragione intravede, intuisce, e al quale può aprirsi con stupore e riverenza. Anche il sapere scientifico è aperto al riconoscimento di questo Logos e che la nostra intelligenza, nel rendersene conto, si comprende ragionevolmente come Sua immagine». Tanzella-Nitti parla anche del suo interesse e l’attenzione per il mondo scientifico e teologico. La scienza è un bene per l’uomo religioso, «trascurando questo campo, vorrebbe dire condannarsi all’inefficacia, al fideismo di una doppia verità, e, credo, anche tradire in buona parte lo spirito del Concilio Vaticano II. Sono stato molto soddisfatto nel vedere fra i cinque grandi ambiti di Nuova Evangelizzazione previsti dai Lineamenta del prossimo Sinodo, dedicato proprio a questo tema, un esplicito riferimento al mondo della ricerca scientifica e tecnologica».
Si torna poi a parlare del prof. Ratzinger, il quale «ha sempre insistito sulla conoscenza scientifica come impresa di verità, e per questo capace di dialogare con la teologia, provocandola e lasciandosi provocare, se necessario. Quando la teologia cessa di suscitare questa curiosità vuol dire che è divenuta tristemente autoreferenziale, cioè si parla addosso ma non parla più al mondo. E quando le scienze perdono anch’esse la curiosità di interrogarsi su Dio, attorno al Fondamento di tutte le cose, vuol dire che hanno perso il loro afflato verso la verità, hanno smarrito la loro capacità di stupirsi di fronte al mistero del mondo».