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L’elezione trash di Formigoni

Creato il 15 aprile 2011 da Oblioilblog @oblioilblog

L’elezione trash di Formigoni

La vicenda del lista “Per la Lombardia” di Roberto Formigoni aveva scosso le acque alla vigilia delle elezioni regionali del 28 e 29 marzo 2010. I Radicali denunciarono la presenza di firme false tra quelle autenticate. In prima battuta, il primo marzo, la Corte d’Appello di Milano aveva escluso la lista Formigoni accogliendo il ricorso. Poi però il Tar il 6 marzo approvò la richiesta di sospensiva presentata dal PDL, decisione confermata tre giorni più tardi e in conclusione il 13 marzo dal Consiglio di Stato che rigettarono l’istanza della lista Bonino-Panella e della Federazione della Sinistra. Formigoni poté candidarsi e vinse.

La verità forse salta fuori a un anno e oltre di distanza, grazie al lavoro certosino del procuratore di Milano Alfredo Robledo. Sono sfilati in Procura uno a uno i firmatari, o presunti tali, della lista. Secondo le indiscrezioni 770 delle 3.800 firme consegnate sono false, inserite all’insaputa dei loro possessori. “Una prova granitica”, secondo i magistrati. Visto che la soglia legale è di 3.500, Formigoni senza le firme farlocche non avrebbe potuto correre per il ruolo di Governatore, che ricopre ormai da tempo immemore. Il reato che si configura non è leggero perché gli autenticatori sono considerati dalla legge alla stregua dei notai.

La Procura ha rilasciato 14 avvisi a comparire a personalità varie del PDL milanese, tra cui spiccano i consiglieri provinciali Massimo Turci e Barbara Calzavara e il sindaco di Magenta Luca del Gobbo. Sono indagati per falso ideologico e falso in atto pubblico. Qualora si andasse a processo, rischiano dai 2 ai 6 anni di reclusione.

Formigoni ha liquidato la questione:

Chi raccoglie le firme non è il candidato presidente, ma i partiti. La questione è stata sollevata in campagna elettorale ed è stata respinta dal Tar e dal Consiglio di Stato . E già la Corte d’Appello aveva giudicato le firme regolari.

Peccato però che non ci fosse il tempo per verificare con esattezza se le firme fossero valide. I Radicali ne avevano trovato 500 fuori norma, un’indagine più accurata si è spinta oltre.

Altre polemiche entrano del calderone dell’elezione scandalosa di Formigoni. Oltre alla querelle sulle firme, aveva provocato un vespaio di polemiche l’inserimento nel listino bloccato, a pochi giorni dalla presentazione, di Giorgio Puricelli, ex fisioterapista del Milan, e di Nicole Minetti, che poi abbiamo visto di che pasta fosse fatta.

Non bastasse questo, il caso era finito anche nell’orbita della P3, la loggia criminale di Flavio Carboni, Arcangelo Martino, Pasquale Lombardi e Arcibaldo Miller. In piene bagarre, Formigoni si era rivolto a loro per risolvere l’impaccio. In una telefonata intercettata chiedeva a Martino:

Ma questo Lombardi è in grado di agire?

Sì sì, la lui h fatto già qualche passaggio e sarà lì.

Dai tabulati è stato provato che Lombardi si trovava effettivamente a Milano e ha fatto pressioni sul presidente della Corte d’Appello Alfonso Marra, appoggiato nella sue elezione dalla stessa P3, e sul procuratore generale Gaetano Santamaria.

Non rassicurato abbastanza, Formigoni si rivolge anche a Miller, capo degli ispettori del ministero della Giustizia, per assicurarsi che i mastini venissero a controllare, e intimidire, i magistrati milanesi.

Se tre indizi fanno una prova, è giusto che Formigoni sia oggi il Re della Lombardia? È lecito oltrepassare i limiti della legalità e della decenza se godi dell’appoggio della maggioranza dell’elettorato? Gli azzurri sappiamo già come la pensano.

Commenta il tutto Marco Cappato, capolista Radicale a Milano:

L’indagine della Procura di Milano ha fatto emergere una quantità di falsi molto superiore a quella che avevamo trovato con i nostri mezzi. Si tratta di una truffa elettorale realizzata attraverso un’attività di falsificazione massiccia che non può che configurare il reato di associazione per delinquere contro i diritti civili e politici dei cittadini. Un’associazione per delinquere che è stata coordinata da un responsabile che spetterà alla magistratura individuare, senza limitarsi agli esecutori materiali. Sempre sul piano formale e giudiziario, è ora doveroso che la giustizia amministrativa prenda atto dell’inesistenza delle firme valide per la presentazione del listino Formigoni e riconosca il diritto dei cittadini lombardi ad elezioni legali. Al di là delle responsabilità giudiziarie non c’è invece alcun dubbio su chi sia l’unico vero responsabile politico della truffa: il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, il quale, se anche fosse stato estraneo (come gli auguro) alla programmazione e realizzazione della truffa, se ne è però assunto tutta la paternità politica quando ha diffamato noi della Lista Bonino-Pannella, accusandoci di aver manomesso i suoi moduli, e quando ha per 14 mesi rifiutato di collaborare all’accertamento della verità. Il presidente della Regione Lombardia ha mentito sapendo di mentire. Per questo, per la parola tradita prima ancora che per il tipo di coinvolgimento, attivo od omissivo, nell’associazione a delinquere della truffa realizzata, il presidente Formigoni si deve ora dimettere. L’alternativa sarebbe per lui di sperare nei tempi della malagiustizia italiana.

 


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