La Nutella
Un prodotto nato da un periodo difficile, dopo la Seconda Guerra Mondiale, in cui poter reperire cacao per fare buon cioccolato era dispendioso e riservato a pochi. Come nei film americani sul conflitto in cui gli Alleati entravano nelle città liberate, regalando barrette di cioccolato e rendendo felici grandi e piccini che non ne ricordavano neanche più il gusto, così nel Dopoguerra il signor Ferrero (di recente scomparso e fortemente compianto dalla comunità albese) è riuscito a rendere immensamente popolare il gusto della crema di cacao più famosa al mondo. Che, in realtà, è crema di nocciole: il prodotto per eccellenza delle Langhe, prima che il vino la facesse da padrone assoluto.
Ecco, nel corso degli anni lo sviluppo della Ferrero è stato paragonabile forse solo a quello della Coca Cola, come azienda di successo, ed ha conquistato i palati e la golosità di intere generazioni entrando nell’immaginario collettivo di milioni di consumatori. Anzi, addirittura il marketing dell’azienda piemontese è stato così accorto da delocalizzarsi e “fingere” che il prodotto fosse autoctono dei Paesi in cui era diffuso, convincendo così Belgi e Francesi del fatto che l’invenzione del vasetto più goloso fosse loro. Nessuna gelosia, tanto l’azienda (che nonostante le dimensioni è rimasta una spa non quotata in borsa, lontana dalle derive finanziarie di tanti grandi marchi che per il profitto hanno perso di vista la produzione) ha continuato ad espandersi e girare bene.
La guerra alla Nutella
Il ministro francese Ségolène Royal – da Wikipedia
Tutto è filato liscio finché alcuni anni fa, l’Unione Europea non ha mosso un primo forte attacco al brand albese. Alcuni euroburocrati hanno infatti sostenuto che il prodotto fosse in qualche modo “ingannatore” per gli utenti e poco sano. Certo, con una dieta alla Nutella, a parte l’umore il fisico non è che si snellisca, ma citando una famosa pubblicità “a parte ciccia e brufoli” non è che sia mai morto nessuno per averne spalmata troppa. Caduta in sordina la cosa (anche grazie all’operazione di lobbying fatta efficacemente da alcuni europarlamentari italiani) però, non si fece attendere un altro attacco al prodotto nel 2012: anno in cui nacque dal Senato francese l’emendamento Nutella, che prevedeva un aumento del 300 per cento delle tasse sui prodotti a base di olio di palma. Ed è proprio l’olio di palma l’oggetto degli attacchi più accaniti: c’è ricascata il ministro dell’Ambiente francese Ségolène Royal, che ha dichiarato «Dovremmo smettere di mangiare la Nutella», perfida crema che contribuirebbe a deforestazione, surriscaldamento globale e danni alla salute (e non è uno scherzo).
Le reazioni
A parte il tweet di reazione del ministro dell’Ambiente italiano, Gian Luca Galletti («Lasciasse in pace i prodotti italiani, e stasera dopo cena…pane e nutella») la reazione più autentica è quella di migliaia di persone che sui social network si sono schierati in difesa di un prodotto che, a leggere gli interventi più diffusi, dovrebbe sì essere cambiato di categoria, ma per entrare nella grande famiglia degli psicofarmaci anti-depressivi, dove si rivelerebbe senz’altro il più naturale e meno controindicato (se non forse per i diabetici). L’azienda italiana ha replicato con eleganza che “l’utilizzo di olio di palma è condotto in maniera responsabile e proviene all’80 per cento dalla Malesia, e il restante 20 per cento dalla Papua Nuova Guinea, l’Indonesia e il Brasile”. Tanto che il ministro francese si è scusato sul suo profilo twitter per l’accaduto.
Relazioni tese Italia-Francia?
Tutto sommato, la vicenda si è conclusa senza altro che qualche moto di indignazione e qualche ironia, mentre la questione – ben più seria – dei migranti fermi a Ventimiglia sta creando non poche tensioni tra il governo italiano e quello d’Oltralpe. Il consiglio che potremmo dare noi, da osservatori esterni, è quello di trovarsi tutti attorno ad un tavolo: magari imbandito di baguettes deliziosamente spalmate di Nutella.