La scoperta del Bosone di Higgs è un esempio di come cambia la comunicazione scientifica
La comunicazione scientifica al tempo di Internet e dei social media è stata il tema centrale di un seminario che si è tenuto sabato scorso all’Istituto Universitario di Studi Superiori IUSS di Ferrara, dal titolo “Scoperto il Bosone di Higgs. L’ha detto Facebook”.
«Blog, Twitter e Facebook – ha affermato Manuela Cirilli, fisico del CERN di Ginevra ed esperta in comunicazione scientifica – sono ormai diventati quotidiani strumenti di comunicazione all’interno della comunità scientifica, anche nelle grandi collaborazioni internazionali come LHC (Large Adron Collider, ndr) che ha portato alla conferma dell’esistenza del Bosone di Higgs. Alla tradizionale comunicazione all’interno della comunità e a quella verso l’esterno, a cura dei tradizionali uffici stampa, si affianca una comunicazione informale che incide sul rapporto fra scienziati e fra scienziati e cittadini».
Secondo Michele Fabbri, giornalista scientifico e docente al master in Comunicazione della scienza della SISSA di Trieste, «è possibile che in progetti di ricerca internazionali di altissimo livello, come quelli che si svolgono con LHC, il pettegolezzo degli scienziati sul web possa addirittura influenzare il normale processo di approvazione dei risultati. Gli indizi e gli esempi non mancano. La recente vicenda del “neutrino più veloce della luce” è stata alimentata anche dalla modalità non tradizionale di pubblicazione dei risultati e dalle “fughe di notizie” sul web. Anche relativamente ai terremoti, per i quali si vorrebbe una comunicazione e gestione del rischio chiara, univoca ed efficace, si rincorrono sul web notizie scientifiche, punti di vista di esperti e approcci metodologici spesso diversi e contrastanti che le istituzioni faticano a governare».
«Capire come le istituzioni comunicano la ricerca che viene condotta dai propri membri e quali sono i mutamenti che questo tipo di comunicazione sta subendo ad opera dei nuovi media e dei social network è fondamentale come oggetto di ricerca e dibattito pubblico», ha aggiunto Marco Bresadola, ricercatore e docente di Storia della scienza all’Università di Ferrara.
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