Oggi 3 bambini di Gaza – di 2, 5 e 6 anni – morivano bruciati vivi a causa di un incendio provocato da una candela accesa, usata per sopperire alla carenza cronica di corrente elettrica in Gaza.
Da mesi ormai, anche l’ultima centrale elettrica ancora attiva in Gaza ha smesso di funzionare, eccetto per poche ore al giorno, perché Israele impedisce la fornitura di carburante per la centrale elettrica e vieta all’Egitto di subentrare con forniture alternative – tanto per ribadire chi comanda in Egitto e in altri paesi della regione. Solo pochi giorni fa erano morti due bambini in un ospedale in Gaza, un neonato di 45 giorni e una bambina di 4 anni, perché i respiratori artificiali cui erano collegati per sopravvivere, non funzionavano più a causa della carenza di carburante per il generatore autonomo dell’ospedale.Anche i pazienti in dialisi sono in pericolo di vita.
«Mentre l’attenzione del mondo viene dirottata altrove, Israele è libera di seminare terrore, morte e distruzione con impunità. … Israele e i suoi crimini contro l’umanità non saranno più tollerati a lungo. E’ ora che i palestinesi abbiano la giustizia a lungo negata. E’ solo questione di tempo». Queste le parole con cui e l’autore ebreo americano Stephen Lendman termina uno dei suoi innumerevoli articoli sul calvario palestinese. Ogni articolo di Lendman che riguarda Israele termina invariabilmente con l’enfasi sulla necessità di mettere fine all’occupazione sionista della Palestina e soprattutto all’assedio di Gaza.
Mai come nella giornata di ieri, 30 marzo, abbiamo potuto constatare quanto siano determinati i popoli a liberare la Palestina dall’occupazione da parte dell’entità denominata Israele e ad affiancarsi ai palestinesi nella lotta per riprendere il possesso legittimo delle terre espropriate.I popoli di 80 nazioni hanno partecipato, ieri, alla giornata per la Marcia Globale su Gerusalemme, che ha richiesto un anno intero di progettazione, pianificazione, organizzazione e coordinamento. Delegazioni con migliaia di attivisti provenienti da tutte la parti del mondo si sono unite, per l’evento, ai rifugiati palestinesi in Libano, Siria, Giordania ed Egitto per marciare sulle frontiere con la Palestina occupata, mentre altri hanno raggiunto i palestinesi in Cisgiordania e Gaza. La loro partecipazione ha mandato un messaggio forte e chiaro a Israele e ai suoi apologisti nel mondo, ebrei e non ebrei, inteso a dichiarare che «non ci fermeremo finché la Palestina non sarà liberata, e i palestinesi avranno il diritto di tornare alla loro patria con Gerusalemme come sua capitale aperta al culto di tutte le religioni nate in Terra Santa», come spiegava una delle attiviste americane ai microfoni di Press-TV in Gaza.Oltre alla Marcia su Gerusalemme, cui hanno partecipato anche i Rabbini della Neturei Karta, si sono tenute manifestazioni davanti alle ambasciate israeliane in molte capitali e metropoli del mondo, dall’Australia agli USA, passando per i paesi asiatici, la regione mediorientale, il Nord-Africa, l’Europa, l’America Latina e il Canada. Mentre nei paesi privi di rappresentazione diplomatica israeliana perché non riconoscono la legittimità dell’esistenza di Israele, le manifestazioni hanno avuto luogo di fronte alle ambasciate palestinesi per rendere omaggio ed esprimere il supporto per la causa della Resistenza palestinese. Nel sud del Libano, presso la frontiera con Israele, il corrispondente di Press-Tv, Ali Rizk, ha incontrato e intervistato il direttore dell’organizzazione per la Marcia Globale su Gerusalemme, lo storico attivista americano Paul Larudee, co-fondatore del Free Gaza Movement e, ancora prima, del Movimento Free Palestine, e ben noto al pubblico per avere organizzato e partecipato ad ogni spedizione via mare per Gaza, a partire dalla prima storica traversata del 2008 insieme a Vittorio Arrigoni e tanti altri a noi noti, e per essere stato varie volte catturato e imprigionato nelle galere israeliane e gravemente malmenato durante l’assalto alla Mavi Marmara. Dichiarava Paul Larudee: «Non c’è alcun dubbio che la pressione internazionale su Israele è aumentata in tempi recenti in modo esponenziale.Spiegava Paul Larudee: «La pressione pubblica è importante e spiego perché. In questi anni di lotta per la liberazione della Palestina ho incontrato molti delegati e senatori del parlamento americano di entrambi gli schieramenti, repubblicano e democratico. Come sappiamo, nessuno di loro arriva alla carica di parlamentare senza il consueto “giuramento” alla Israel Lobby, e nessuno rimane in carica se non ha servito la Lobby fedelmente durante il proprio mandato.
«Invariabilmente - dichiarava Paul Larudee - i parlamentari che incontravo mi confidavano questo: se non ci impegniamo con la Israel Lobby per rappresentare gli interessi di Israele sia in pubblico che al momento di discutere le leggi in parlamento, veniamo perseguitati, politicamente o altrimenti. E’ importante fare campagna di informazione per i cittadini sulla questione palestinese – ma non possiamo farlo noi. Per potere agire dobbiamo aspettare che i tempi siano maturi, e saranno maturi quando un numero sufficiente di elettori eserciterà forte pressione sui propri delegati in merito a Israele. Questo ci metterà in condizione di non potere più ignorare pubblicamente la questione della Palestina. Credimi, quello che siamo costretti a dire in pubblico non rispecchia quello che pensiamo e che diciamo da Israele in privato, a porte chiuse, anche discutendo tra noi. Credi che non siamo consapevoli di quanto succeda in Palestina? O che riusciamo a rimanere indifferenti?».Ogni giorno l’isolamento di Israele da parte della comunità internazionale si intensifica. Nonostante la complicità decennale dei media nel sopprimere la verità storica su Israele creata per mezzo di terrorismo organizzato, la comunità degli uomini si sta svegliando in massa per rendersi conto dell’enorme menzogna che ha reso possibile quella che molti considerano l’ingiustizia più efferata dei nostri tempi: il furto della Palestina. Un furto perpetrato con il complice assenso delle potenze mondiali, e salvaguardato dai fantocci messi al governo di stati arabi artificialmente creati quasi un secolo fa nella penisola araba per proteggere gli interessi imperialisti occidentali e l’impresa sionista per l’egemonia di Israele nella regione.Man mano che i popoli si schierano con la Palestina, invariabilmente ripudiano Israele: prendono coscienza del fatto che lo scopo politico del regime sionista non è offrire protezione agli ebrei nel mondo ma imporre il proprio dominio su altri popoli e sui loro governi. Prendono coscienza che, lungi dall’essere la «luce per le nazioni» come vuole la falsa propaganda sionista, Israele rappresenta un corpo alieno parassitario che si è instaurato nel mezzo del mondo islamico, demonizzando le genti musulmane delle cui terre si vuole impossessare e imponendo all’Occidente l’ostilità verso l’Islam.
Se Israele fosse stata concepita per offrire sicurezza agli ebrei, le sue strategie non sarebbero di violenza e oppressione e furto della vita altrui, con il rischio di attirare le ire dei popoli contro gli ebrei nel mondo.Questo aspetto viene discusso in un recente articolo proprio da Alan Hart, autore del discorso tradotto di seguito in questo post. Nel suo articolo, Alan Hart poneva una domanda nel titolo e forniva la sua personale risposta alla fine dello scritto, suscitando nella blogosfera una discussione più animata del solito.
Nel titolo, l’autore chiede: «E’ inevitabile l’Olocausto II, o meglio una nuova ondata di ostilità violenta contro gli ebrei?».«Sì, a meno che gli ebrei dell’Europa e dell’America prendano le distanze dal mostro sionista prima che sia troppo tardi». Questa la conclusione a cui arriva l’autore Alan Hart, in fondo all’articolo, dopo una lunga esposizione analitica che evidenzia quanto i crimini di Israele mettano a rischio gli ebrei nel mondo.