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L’indecente editoriale di Sallusti contro Oscar Giannino

Creato il 21 febbraio 2013 da Societa' Critica @societacritica

Così dopo che ad Oscar Giannino è stato trovato il pelo nell’uovo della storia del master, la stampa di centrodestra si è avventata contro il leader di “Fare” cercando vergognosamente di demolirne l’immagine, non solo dal punto di vista politico ma anche dal lato personale. Un copione già collaudato, e noto come il “metodo Boffo” che consiste nel dileggiare chi critica spesso da destra (Fini, Marcegaglia, ed infine Giannino solo per fare alcuni nomi) le politiche disastrose e spesso criminali di Berlusconi.

Un atteggiamento da sciacalli quello di Libero e Giornale, che, pur di distruggere un potenziale avversario politico sono pronti a scrivere qualsiasi cosa nell’intento di riversare sul malcapitato di turno il loro teorema di letame.

Da giorni andava avanti il martellamento mediatico contro “Fare per Fermare il declino” colpevole di sottrarre voti al PDL (che nonostante le menzogne sull’IMU non riesce a risalire nei sondaggi), da settimane le tv ed i giornali di Arcore bombardavano il movimento di Giannino e Zingales, reo di sottrarre molti voti a Roberto Maroni in corsa per Lombardia, e così cogliendo al balzo l’autogol della storia del master di Giannino, il fido Sallusti ha vergato l’editoriale “l’Oscar delle Balle”.

Uno scritto che contiene una sequela di insinuazioni contro l’ex giornalista di Libero, da far venire i brividi:

“È falso anche che Giannino, come sostiene di fronte agli ignari elettori, sia estraneo alla combriccola di potere che ha governato negli ultimi anni. Non è infatti noto a tutti che per lui la Digos di Lecco, nel marzo del 2010, aveva chiesto l’arresto per associazione a delinquere e tentata ritorsione nei confronti del presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni.

Da quella vicenda (l’assegnazione di un appalto per una tv interna agli ospedali lombardi della quale Giannino doveva essere il direttore, con un compenso di 200mila euro l’anno) Giannino uscì pulito. A differenza dei suoi soci (indagati e arrestati), per lui il Gip archiviò la pratica, ma agli atti restano intercettazioni telefoniche (le pubblichiamo all’interno) che stridono con il moralismo elettorale del leader di Fare”.

E poi Sallusti conclude:

“E chissà quante altre cose di Giannino non sappiamo, o sappiamo diverse da come sono andate. Simpatico, gatto a parte, mi resta simpatico. Ma dare il voto a lui non solo è politicamente inutile. È proprio da fessi.”

E chissa aggiungiamo noi: quante cose non sappiamo di Silvio Berlusconi, di Marina Berlusconi, di Angelino Alfano, di Marcello dell’Utri, di Denis Verdini e di tanti altri, coscienti che sia meglio non conoscerle.

La solita fuffa senza né capo né coda, un po’ come le critiche contro il colore dei calzini del giudice che aveva condannato Berlusconi al risarcimento a De Benedetti, un po’ come il titolone contro la Boccassini rea di aver buttato un mozzicone di sigaretta in una via centrale di Milano.

Il solito giornalismo che sparge fango su chi non si piega all’eterna cavalcata trionfale di Berlusconi, l’ennesimo tentativo di screditare un avversario valido solo per il semplice fatto di non volersi uniformare ai voleri del sultano di Arcore. Ma cosa ci si può aspettare dal convivente di Daniela Santanchè? Questo o poco altro. È già tanto che non siano partiti gli squadristi per punire chi ha sbagliato o si è dissociato dal pensiero unico.

A Giannino va dato atto di essersi scusato e di essersi dimesso da “Fare per fermare il declino” dopo la storiaccia del millantato Master a Chicago. Sallusti invece dovrebbe chiedere al suo datore di lavoro come mai dopo anni di scandali, mal governo, corruzioni, peculato e malversazioni del PDL né lui né nessuno dei suoi ministri si sia mai dimesso non tanto dal governo ma dalla Politica e dalla vita pubblica del nostro amato paese.

Se pensavate di votare Giannino, fatelo, già il fatto di essere stato attaccato dal Giornale è un titolo di merito, ed in fin dei conti è meglio di tanti altri, nonostante il suo titolo di studio. Checché ne dica Sallusti, o il grande Silvio che c’è dietro di lui.

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