Nella raccolta "Racconti fantastici" di Theophile Gautier, l'ultimo racconto ("Lo jettatore") è stato davvero toccante ed mi ha fatto riflettere sino a notte fonda.
Si parlava di un signorotto inglese di buon livello sociale, tale Paul d'Aspremont, il quale aveva raggiunto a Napoli la sua bella fidanzatina Alicia Ward che ivi si era recata per guarire da un oscuro male che la stava impaddilendo in quel di Londra.
Trovandosi a Napoli, il signorotto nota come tutti lo guardino male e facciano dei segni di scongiuro ogni volta che lui si trova nei paraggi.
Da ulteriori indagini sulla credulità popolare, Paul capisce di essere visto come uno jettatore e che, forse, lo è alla luce di tanti curiosi episodi che gli sono accaduti.
Addirittura si ritiene responsabile della nuova malattia di Alicia che, tossendo, sputa sangue su un fazzoletto e cosi decide, dapprima, di sfidare uno spasimante della sua ragazza nella speranza di perire e, poi, decide di accecarsi con dei tizzoni ardenti.
Ciò gli eviterà solo di rivedere la sua lei, ormai morta, sul capezzale funebre. Ma non gli toglierà di dosso l'idea di essere la causa di quella tragedia: alla fine deciderà di porre fine alla sua vita per una colpa che, forse, non aveva.
E' vero che la sua lei sbiancava alla sua presenza, ma è pur vero che - come la madre - covava sin da giovane una malattia che non lascia scampo e, quindi, lui non era colpevole di questo dramma.
C'era solo stata una fatale combinazione di fattori che lo aveva portato a vedersi in un certo modo ed a vedere le cose in un certo modo. Cosi da portare conferme a quella che lui credeva essere la realtà.
E' incredibile come il dolore, spesso, sia una lente oscura che ci porta ad alterare le cose sino alle più tragiche conseguenze.
Conseguenze romanticamente tragiche, ma comunque tali, che sembrano - a volte - comunicare l'ineluttabilità del proprio destino.
Marquis