“Martin Howe è a poppa, che vibra sotto la spinta dell’elica. Un ragazzo, al suo fianco, si volta e chiede con voce tremula: è la tua prima traversata questa?”. La risposta è affermativa, e il giovane Martin, diciannovenne americano arruolatosi volontario nell’esercito alla vigilia della prima Guerra Mondiale, è diretto, con numerosi commilitoni, al fronte francese, in Europa.
Vero esponente della génération perdue, Martin condivide con il suo cantastorie, John Dos Passos, il destino nell’esercito, l’assegnazione, cioè, alla guida delle autoambulanze a servizio degli ospedali da campo; l’autobiograficità, però, non si esaurisce con l’inquadramento storico, e i due, l’autore e il suo personaggio, affrontano temi condivisi e sottolineati, in diverse declinazioni, da nomi illustri come Hemingway e Fitzgerald (come Dos Passos, del resto, anche Hemingway fu destinato al servizio d’ambulanza, e i due si conobbero sul fronte italiano).
L’io lirico di Dos Passos, però, possiede peculiarità che lo pongono, rispetto al calderone teorizzato dalla Stein, su di un piano diverso rispetto a Hemingway e Amory Blaine; ne L’iniziazione di un uomo, allontanandosi da impeti guerreschi e ideologie autoreferenziali, Martin Howe osserva con occhio critico e saggio, col disincanto possibile solo grazie all’esperienza vissuta, le assurde comicità della guerra, definite come uno stato “grottescamente e allegramente asinino” dall’essenza paragonabile all’universo labirintico e nonsense di “Alice nel paese delle meraviglie”.
Articolata grazie a una serie incalzante di flash, che restituiscono quasi l’impressione di udire lo scatto secco delle diapositive, la voce di Dos Passos presenta la quotidianità dell’uomo al fronte, impegnato a cercare consolazione nelle relazioni umane, nei ricordi e nelle speranze, costruendosi una fitta trama di pensieri attraverso cui la guerra, nonostante funga da scena e fil rouge, filtra a fatica attraverso pertugi oscuri, e irrompe, col suono delle mitragliatrici e le schegge dei mortai, a disturbare con terrena impudenza le reali priorità del soldato, le conversazioni, le considerazioni e gli aneddoti sulla propria surreale condizione.
Gli squarci di umanità che Martin affronta, dentro e fuori l’ambulanza, mostrano personaggi abulici, disincantati o battaglieri, grazie ai quali trova spazio, oltre la critica alle azioni belliche, all’inutilità del martirio di esseri umani e all’infima considerazione dovuta agli effimeri motivi di una dura lotta fratricida (I boschi intorno erano un grande mucchio di rottami, i tronchi rotti e scheggiati di alberi senza fronde (…). Il vento veniva a sbuffi carico di un odore come di ratti morti in un solaio. Ed era per questo che secoli di civiltà avevano lottato), la rappresentazione di un mondo sorretto da una cattiva stampa e governato da ragioni sbagliate, a causa delle quali gli uomini combattono invocando un bene superiore che, nella totalità delle volte, nasconde giustificazioni troppo umane (Sembra che alla gente piaccia essere imbrogliata. L’intelletto era sinonimo di libertà, una luce che lotta contro le tenebre. Ora le tenebre stanno usando la luce per i propri fini. Siamo schiavi di un intelletto comprato, schiavi volontari).
La forte contrapposizione tra il mondo interiore dei soldati e la cruda materialità della guerra, sottolineata dalla profusione di odori acri e colori cupi, acuisce ulteriormente il contrasto tra ciò che un’umana giustizia dovrebbe assicurare e l’inutilità di azioni che, dall’esterno, appaiono gloriose ed edificanti ma, se vissute, rivelano la loro pomposa fragilità, travestita di ideali fittizi necessari a celare il nulla (Dio, è così stupido! Ma perché non possiamo andare a parlarci? Stiamo combattendo tutti per qualcosa che non esiste..è così terribilmente stupido! (…) – È la vita che è stupida). Annaspando alla ricerca di motivazioni, poi, Martin e i suoi commilitoni non trovano ragione neanche in Dio; in un gesto dalla grande forza simbolica, l’abbazia che ospita l’ospedale da campo, rifulgente di splendore gotico, viene distrutta dalle bombe.
L’iniziazione di un uomo affronta perciò il ridicolo della guerra, trattato, però, come mera quinta teatrale atta a contornare la molteplice ecletticità delle tecniche assunte dagli uomini per sopravvivere, alla disperata ricerca di àncore per arrivare a sperare in un “dopo”; come saggiamente afferma un soldato, infatti, anche i dieci del Decameron, nel pieno della peste, avevano trovato rifugio in un locus amoenus, bucolico e soleggiato, una fuga che, per chi è al fronte, può trovarsi soltanto nella propria mente.
L’iniziazione di un uomo
Autore: J.Dos Passos
Piano B Edizioni – pp.gg. 128 – euro 12 – 2013
Buona scelta di Serena Pagliaro
IBD
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