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L'ira funesta: Il primo caso del maresciallo Valdes, di Paolo Roversi

Creato il 09 febbraio 2013 da Funicelli

Del suo libro, Paolo racconta che, più che un giallo, è la scoperta di un mondo. Un mondo alla Don Camillo e Peppone, anzi senza nessun Don Camillo: perchè siamo in un borgo della bassa mantovana. Dove da anni si vota in una sola direzione:

"Al borgo, sin dal secondo dopoguerra il Partito – l’unico, non c’era bisogno di farne il nome – racimolava almeno l’ottanta per cento dei voti che neppure in Bulgaria."
Ed è per questo che tutti la chiamano il "Piccola Russia". E' il mondo di Toni il barista, del Nena la vedetta del bar, del Profesùr, del sindaco Morlocchi, Musso l'armaiolo (tornato dalla Germania), nonna Blucher (con la passione della cucina), Nestore l'ex postino del paese, Marchino detto Skeggia (e non posso spioegarvi qui perché).. E anche il maresciallo dei carabinieri Valdes, che passa il tempo libero pescando il pesce siluro "al fiord" e per questo chiamato "il tenente siluro" dai paesani del borgo. Paesani con cui ha poco feeling (ma vedremo che ha anche un passato importante alle spalle oltre al pesce sa fare il suo mestiere di investigatore). A fianco del maresciallo, nella piccola caserma, il brigadiere Puglisi e l'appuntato Bargella.
Personaggi presi dal mondo che Roversi conosce bene: persone che passano la giornata a bere un bicchiere alla Poli, la
Poliposportiva del paese, dove le giornate passano uguali una all'altra, e le persone seguendo i medesimi riti.
Ci sono notti nella Bassa in cui i pensieri fluiscono meglio e hai l’impressione che tutto finirà bene, che ogni cosa andrà a posto. Notti in cui non sai dove andare né cosa fare ma ti senti assolutamente vivo. Bastano pochi gesti, una birra gelata, una sigaretta, le stelle buttate a caso in quel cielo lungo che corre sopra al fiume e che sembra non finire mai. Un bagno d’Autan, fra zanzare e zampironi accesi, il ronzio dei climatizzatori, i rumori attutiti in lontananza di un’automobile o delle bestie in una stalla.”
Due cose sconvolgono la tranquillità del paese: la prima è la pazzia del Gaggina, un gigante con qualche rotella fuori posto, con una nonna che parla tedesco (nonna Blucher) e la passione dei samurai. 

"Il giorno in cui il Gaggina impazzì, nella Bassa faceva un caldo da squagliarsi. Sui campi gialli non tirava un alito di vento e perfino le cicale tenevano a bada il loro concerto per risparmiare le forze. Il Po scorreva lento come un ciclista in salita, acque basse e scure e zanzare senza parsimonia a fare lo slalom fra i pioppi."
Una mattina trova la serranda della farmacia chiusa e, per la rabbia, assedia la caserma dei carabinieri della Piccola Russia, ma gli uomini in divisa hanno il buon senso di non scendere per strada per cercare di fermare il matto.
Buon senso che invece non hanno i due vigili che cercano di sequestrare il suo mezzo, perché girava senza casco.

Così, dopo aver aggredito e pestato i due vigili, si rinchiude in casa, sbarrando porte e finestre. Un piccolo evento di cronaca che attira l'attenzione, oltre che degli avventori del Poli, anche della stampa locale e nazionale.
Il secondo evento che sconvolge il paese è il ritrovamento del cadavere del Penna:
"Giuanìn Penna, uno che dal Piccola Russia mancava dalla bellezza di trent’anni", appena rientrato dall'America e trovato morto sul margine del fiume, con delle ferite che sembrerebbero provenire da una spada. Magari proprio al Katana che il Gaggina ha appena armeggiato contro il "Bosnia", un ex militare, prima di stenderlo a suon di legnate a causa della sua “ira funesta”.

Ma è stato il Gaggina ad uccidere il Penna, in un impeto di ira? E' quello che credono in tanti al paese e anche dentro la benemerita: il caso del Piccola Russia, il passo asserragliato in casa, diventa un caso nazionale seguito da tutte le emittenti e da giornalisti locali e delle agenzie di stampa.
Come
Giulia, che lavora proprio per una agenzia di stampa, ed è una giornalista di quelle che non accettano compromessi o "abbellimenti" nel racconto della realtà. Anche quella scomoda che si vede a Lampedusa, dove arrivano gli emigrati in fuga dalle guerre nei paesi del nordafrica (la storia del libro è ambientata quando al governo c'era ancora lui ....).

"Li raccoglievano con le motovedette in alto mare, li facevano sbarcare innalzando teloni bianchi perché non li fotografassero, li caricavano sui bus con i vetri oscurati, li portavano in un centro col filo spinato dove venivano sorvegliati a vista e, alla fine, li caricavano su quei traghetti per un nuovo viaggio dell’incertezza."[..]"Tutto si riduceva a quei due numeri: più cadaveri c’erano, più spazio avrebbe ottenuto la notizia nei telegiornali e sui quotidiani. Dove tenessero quegli uomini, e in quali condizioni, non importava a nessuno. Era disgustata."
Il lavoro sull'isola, considerata dai superiori una punizione, finisce con la promozione: il ritorno alla cronaca nera. Omicidi, corna e liti. Così, anche Giulia arriva al Piccola Russia, per seguire proprio quel caso. Il pazzo che si è asserragliato in casa. Il pazzo, la giornalista tosta.
Ma anche il maresciallo
Omar Valdes, uno che si è lasciato alle spalle un passato da dimenticare nel Ros e il pm Federica Della Rovere. Sono loro i protagonisti di questa storia, tra il giallo e il farsesco: che si complica perché nella casa di Gaggina si trovano anche due ostaggi. Un giornalista a caccia di scoop, e uno sceneggiatore di Roma arrivato qui a “raccogliere materiali e idee per ambientarci un film”.
Riusciranno le forze dell'ordine a sloggiare il samurai della bassa dalla sua casa?
E, poi, chi ha ucciso il penna, proprio nel giorno del suo ritorno a casa dopo tanti anni in America? A proposito. Cosa era andato a fare, tanto lontano in America, il Penna ..?
Sono le domande, di rito, che Valdes, cui è rimasto comunque il naso da investigatore, si pone:
"Il famoso «per cosa si uccide»: perché quel pazzo avrebbe dovuto ammazzare il Penna? Se l’era semplicemente trovato davanti e l’aveva infilzato a freddo? Non reggeva."
A chi fa comodo addossare tutte le colpe al Gaggina, comodo capro espiatorio?In questo racconto l'investigazione da romanzo giallo rimane quasi sullo sfondo per lasciar spazio alle storie di paese, al passato delle persone e dei luoghi.

E proprio il passato, i conti lasciati in sospeso tanti anni prima, sarà la risposta al giallo del Piccola Russia. Un mondo di periferia, lontano dai protagonismi della grande città, ma che importa: in fondo, come si legge nelle ultime righe, tutti siamo periferia di qualcosa:
Tutti attori non protagonisti su un palcoscenico dominato da vedette. Si resta lì, un po’ in disparte un po’ a disagio, con queste facce che in foto non vengono mai bene. Con i vestiti che ti cadono addosso senza l’eleganza delle boutique. Così il mondo, quello che luccica, finisce per darti del provinciale per sempre. Un’etichetta che la gente della Bassa si porta addosso senza vergogna, anzi, con orgoglio, perché sa come va il mondo. L’Italia, l’Europa, il Piccola Russia: tutti siamo periferia.
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Il sito dell'autore.

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