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L’Italia che vorrei

Da Tabulerase

 

italiachevorrei
Qualche volta, specialmente in momenti come questi, di grande interesse politico, e – diciamo la verità – pure drammatici, mi capita di immaginare cosa farei io se fossi lassù, a Roma, e potessi ridisegnare l’Italia  come la vedo io, come la immagino, come la vorrei.

L’ORDINAMENTO ISTITUZIONALE

Una Repubblica, certamente non una monarchia, di carattere semi-presidenziale, alla francese per intenderci,  con elezioni a doppio turno, in modo da costringere i partiti e i candidati presidenti ad apparentarsi davanti agli occhi degli elettori, nei 15 giorni che intercorrono tra un turno e l’altro.
Il sistema francese ha eliminato progressivamente la frammentazione partitica che esisteva prima dell’introduzione della riforma voluta da De Gaulle.
Proprio quello che servirebbe all’Italia.
L’elezione diretta del Presidente/capo del Governo, separatamente da quella del Parlamento, limerà notevolmente il potere dei partiti, che prospera nel parlamentarismo, specie in quello italiano, ben congegnato proprio per loro interesse. 

Via il bicameralismo perfetto, vorrei una Camera dei deputati, che tornino a meritare il titolo di Onorevole, senza vincoli di mandato, perché solo gli elettori possono giudicare il loro operato a posteriori, non i partiti di appartenenza.
Il Senato delle autonomie locali, provvederà ad occuparsi delle questioni attinenti le Regioni ed i Comuni (nel frattempo le Provincie vanno abolite) ed i loro rapporti con lo Stato centrale.

Quanto al federalismo, lo trovo più adatto per unire ciò che parte diviso, che non dividere ciò che inizia unito. Sono perciò molto riluttante verso di esso e preferirei parlare di autonomie locali, anche ampie, ma partendo dai Comuni. Che sono la prima comunità in cui vive il cittadino. Le Regioni sono importanti ma oggi hanno troppe competenze e spesso concorrenti con quelle centrali; vanno riordinate.

Una Magistratura giudicante divisa da quella inquirente, ma pur sempre indipendente; riformare il CSM e rendere le procedure disciplinari veramente “terze”.

LA POLITICA ECONOMICA
Molto semplicemente, vorrei che lo Stato avesse come unica bussola economica, lo star fuori da tutto ciò che è “gestione” per ritornare a fare solo l’arbitro della partita.
La vera politica economica è mantenere lo Stato efficiente con il minimo indispensabile di spesa pubblica, per poter tassare il meno possibile tutti noi.
Il più grande incentivo a produrre, non è un contributo qui, un’agevolazione la, ma lasciare i guadagni nelle tasche dei produttori di lavoro (imprese, professionisti, lavoratori tutti).
In ogni caso, vorrei un sistema fiscale che premi la crescita, con aliquote a scarsa progressività e le più proporzionali possibile; sono a favore della tassazione del reddito di impresa al momento del prelievo e non della sua produzione (almeno tendenzialmente).

Nella mia Regione (Emilia Romagna) vedo bandi di ogni tipo, per assegnare contributi dei generi più disparati e penso che quelli sono anche i miei soldi che se ne vanno in tasca a chissà chi, mentre invece potrebbero rimanere nelle mie. Questo tipo di interventi distorce la concorrenza, favorisce alcuni a danno di altri, crea la necessità di un politico che amministri i fondi pubblici, mentre invece i politici dovrebbero essere un numero mediamente in linea con gli altri paesi avanzati e noi in Italia ne abbiamo decisamente troppe di persone che con la politica ci campano.
Non sono contrario al professionismo in politica, ma a condizione che sia veramente l’elettore a decidere chi è bravo e chi no.
In poche parole, i contributi pubblici in luogo di basse imposte, secondo me, favoriscono i parassiti e gli intermediari del denaro pubblico: i politici.

Lo Stato dovrebbe invece valorizzare il patrimonio comune della Cultura, dell’Ambiente e del patrimonio artistico.
In particolare l’Italia, che potrebbe praticamente vivere di arte, storia e cultura, data la nostra felice situazione.

LA SOLIDARIETA’ 

La politica economica – intesa come sopra – deve in ogni caso mantenere in modo efficiente un sistema del Welfare veramente alla portata di tutti, poveri e non poveri, specialmente degli anziani. Avendo al centro il paziente.
La scuola e la ricerca devono assorbire maggiori risorse e meglio di quanto non facciamo oggi. L’Italia può e deve fare molto in questo campo.

Per me uno Stato in cui manchi la solidarietà non è una comunità ma un Condominio.

Spero di essere riuscito – in sintesi – a raccontare l’Italia che vorrei.
Penso e spero di poter far qualcosa perchè queste righe non siano solo un manifesto ideale, di cui certamente non si avvertiva la necessità.

Penso che ogni cittadino – specialmente in questi tempi così gravi – debba abbandonare un po’ “l’aratro” per indossare la toga della politica e prestare un po’ di energia per il suo Paese !

L’Italia che vorrei tabule rase


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