È il giorno delle rimembranze e dei defunti e l’Italia, festaiola com’è, si adegua. Sta morendo il mercato. All’apertura meno 6,8 per cento: bruciati in un colpo solo 22 miliardi. Sono crollati i titoli delle banche, tanto che se non li avessero sospesi ora canteremmo un’altra canzone. Lo spread è a 459 punti di differenziale. L’interesse sui Btp al 6,29 per cento: Irlanda e Grecia hanno fatto tilt al 6,50. Manca poco, signore e signori, e Silvio Berlusconi potrà dire di aver portato a termine il suo progetto: arricchirsi a spese e danno dell’Italia e degli italiani, lasciando le briciole ai liberi servi, ai servi semplici, ai ricattati e ai ricattabili. Non sono servite né lettere né manfrine, né promesse né fioretti francescani, né dichiarazioni d’intenti né buoni propositi. L’Europa ci sta mandando cordialmente affanculo. Prosegue un’agonia lunga e immeritata che è iniziata con la distruzione sistematica della scuola pubblica, della ricerca, della cultura, dell’ambiente, della sicurezza sul lavoro, dello statuto dei lavoratori, dell’unità sindacale, della sanità pubblica, del patrimonio artistico e archeologico, del tessuto sociale e dell’idea stessa di socialità. Berlusconi ha ucciso premeditatamente l’orgoglio di una nazione trasformandolo in asservimento, brutalizzato i sogni del paese più bello del mondo riempiendoli di tette e di culi, di ville e di castelli, di chirurghi plastici e di mignotte disposte a tutto pur di emergere e di affari pro domo sua e affaristi tanto al pezzo. Ha riempito l’Italia di sette e di combriccole, di P2, P3, P4, centri benessere e di massaggi thailandesi come piovesse. Ha fatto lucrare impunemente sulle disgrazie e le tragedie regalando parole e dentiere, new town e ponteggi, tav e irrealizzabili ponti sugli Stretti. Attila, al confronto, era un membro accreditato della benemerita Confraternita dei Benedettini. Da anni andiamo ripetendo inascoltati che Silvio non capisce una mazza di politica e men che meno di economia che non sia quella strettamente collegata ai suoi affari. All’inizio della carriera, quando decise di scendere in campo per evitare il fallimento delle sue imprese e la galera, Silvio ebbe la buona idea di mettere insieme vecchi attrezzi della prima repubblica: ex democristiani, ex socialisti, ex comunisti, ex radicali, ex fascisti che però conoscevano a menadito i meccanismi politico-burocratici dello stato ed erano bravi a mettere pezze. Quando, colto da un incontenibile delirio di onnipotenza, ha pensato fosse arrivato il momento di fare il Mussolini, è iniziata la tragedia dalle proporzioni colossali e dai confini non ancora definiti che stiamo vivendo. Lentamente il presidente del consiglio ha riempito il parlamento e le amministrazioni locali di papponi e di mignotte che stanno alla politica come Bossi alla lingua italiana. Grazie a una legge elettorale criminale è in grado di tenere tutti per le palle per cui, i deputati e i senatori non rispondono più ai collegi elettorali che li hanno eletti ma a lui, che può depennarli dalle liste con un tratto di biro. E dove non arriva con gli eletti nelle sue liste, mette mano al portafogli e compra gli Scilipoti, i Razzi e i Calearo di turno, che tanto costano poco e non capiscono un cazzo. Inutili i richiami di Napolitano, che ogni giorno che passa fa discorsi dai toni sempre più da tregenda, Silvio è li, fra le braccia del popolo che lo ha eletto, avvinto come l’edera e una mosca sui rifiuti organici. Se ancora non ce ne fossimo accorti, stiamo iniziando a respirare aria di disfacimento, come corpi morti esposti alle intemperie, come carcasse di animali nella Savana. E si sono fatti vivi gli speculatori che stanno volteggiando sulle nostre teste come gli avvoltoi in attesa dell’ultimo respiro, dell’ultimo battito di un cuore malato, di uno sguardo perso nel vuoto di una nazione incapace di reagire. Nonostante tutto, ed è un aspetto della nostra storia recente che ci fa letteralmente impazzire e indignare, ancora il 26 per cento di italiani crede in Silvio e nel suo partito, nella non politica del centrodestra ed è convinto che Maurizio Gasparri sia intelligente. Non bastano mica le intercettazioni telefoniche di Lavitola con Silvio, con Giampi, con Paniz, con i comandanti della Guardia di Finanza a risvegliarli dal loro torpore colpevole, quel 26 per cento vive non si sa grazie a cosa, a chi e, soprattutto, perché. Piergigi Bersani ha telefonato al presidente della repubblica per dirgli che il Pd è pronto ad assumersi le sue responsabilità, è pronto, insomma, a dare una degna sepoltura a una nazione che anche molti dei suoi dirigenti ha colpevolmente lasciato in mano a Silvio permettendogli di fare quel che cazzo ha voluto. “Con l’antiberlusconismo non si vince”, ci hanno ripetuto allo stremo Rutelli e Veltroni, D’Alema e Fassino, Violante e lo stesso Bersani. Noi siamo convinti esattamente del contrario ma fa lo stesso, comunque vada Berlusconi ha vinto, triplicato il suo patrimonio garantendo una serena vecchiaia a lui e ai suoi figli. E l’Italia? Può andare a farsi fottere, magari travestita da suora.
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È il giorno delle rimembranze e dei defunti e l’Italia, festaiola com’è, si adegua. Sta morendo il mercato. All’apertura meno 6,8 per cento: bruciati in un colpo solo 22 miliardi. Sono crollati i titoli delle banche, tanto che se non li avessero sospesi ora canteremmo un’altra canzone. Lo spread è a 459 punti di differenziale. L’interesse sui Btp al 6,29 per cento: Irlanda e Grecia hanno fatto tilt al 6,50. Manca poco, signore e signori, e Silvio Berlusconi potrà dire di aver portato a termine il suo progetto: arricchirsi a spese e danno dell’Italia e degli italiani, lasciando le briciole ai liberi servi, ai servi semplici, ai ricattati e ai ricattabili. Non sono servite né lettere né manfrine, né promesse né fioretti francescani, né dichiarazioni d’intenti né buoni propositi. L’Europa ci sta mandando cordialmente affanculo. Prosegue un’agonia lunga e immeritata che è iniziata con la distruzione sistematica della scuola pubblica, della ricerca, della cultura, dell’ambiente, della sicurezza sul lavoro, dello statuto dei lavoratori, dell’unità sindacale, della sanità pubblica, del patrimonio artistico e archeologico, del tessuto sociale e dell’idea stessa di socialità. Berlusconi ha ucciso premeditatamente l’orgoglio di una nazione trasformandolo in asservimento, brutalizzato i sogni del paese più bello del mondo riempiendoli di tette e di culi, di ville e di castelli, di chirurghi plastici e di mignotte disposte a tutto pur di emergere e di affari pro domo sua e affaristi tanto al pezzo. Ha riempito l’Italia di sette e di combriccole, di P2, P3, P4, centri benessere e di massaggi thailandesi come piovesse. Ha fatto lucrare impunemente sulle disgrazie e le tragedie regalando parole e dentiere, new town e ponteggi, tav e irrealizzabili ponti sugli Stretti. Attila, al confronto, era un membro accreditato della benemerita Confraternita dei Benedettini. Da anni andiamo ripetendo inascoltati che Silvio non capisce una mazza di politica e men che meno di economia che non sia quella strettamente collegata ai suoi affari. All’inizio della carriera, quando decise di scendere in campo per evitare il fallimento delle sue imprese e la galera, Silvio ebbe la buona idea di mettere insieme vecchi attrezzi della prima repubblica: ex democristiani, ex socialisti, ex comunisti, ex radicali, ex fascisti che però conoscevano a menadito i meccanismi politico-burocratici dello stato ed erano bravi a mettere pezze. Quando, colto da un incontenibile delirio di onnipotenza, ha pensato fosse arrivato il momento di fare il Mussolini, è iniziata la tragedia dalle proporzioni colossali e dai confini non ancora definiti che stiamo vivendo. Lentamente il presidente del consiglio ha riempito il parlamento e le amministrazioni locali di papponi e di mignotte che stanno alla politica come Bossi alla lingua italiana. Grazie a una legge elettorale criminale è in grado di tenere tutti per le palle per cui, i deputati e i senatori non rispondono più ai collegi elettorali che li hanno eletti ma a lui, che può depennarli dalle liste con un tratto di biro. E dove non arriva con gli eletti nelle sue liste, mette mano al portafogli e compra gli Scilipoti, i Razzi e i Calearo di turno, che tanto costano poco e non capiscono un cazzo. Inutili i richiami di Napolitano, che ogni giorno che passa fa discorsi dai toni sempre più da tregenda, Silvio è li, fra le braccia del popolo che lo ha eletto, avvinto come l’edera e una mosca sui rifiuti organici. Se ancora non ce ne fossimo accorti, stiamo iniziando a respirare aria di disfacimento, come corpi morti esposti alle intemperie, come carcasse di animali nella Savana. E si sono fatti vivi gli speculatori che stanno volteggiando sulle nostre teste come gli avvoltoi in attesa dell’ultimo respiro, dell’ultimo battito di un cuore malato, di uno sguardo perso nel vuoto di una nazione incapace di reagire. Nonostante tutto, ed è un aspetto della nostra storia recente che ci fa letteralmente impazzire e indignare, ancora il 26 per cento di italiani crede in Silvio e nel suo partito, nella non politica del centrodestra ed è convinto che Maurizio Gasparri sia intelligente. Non bastano mica le intercettazioni telefoniche di Lavitola con Silvio, con Giampi, con Paniz, con i comandanti della Guardia di Finanza a risvegliarli dal loro torpore colpevole, quel 26 per cento vive non si sa grazie a cosa, a chi e, soprattutto, perché. Piergigi Bersani ha telefonato al presidente della repubblica per dirgli che il Pd è pronto ad assumersi le sue responsabilità, è pronto, insomma, a dare una degna sepoltura a una nazione che anche molti dei suoi dirigenti ha colpevolmente lasciato in mano a Silvio permettendogli di fare quel che cazzo ha voluto. “Con l’antiberlusconismo non si vince”, ci hanno ripetuto allo stremo Rutelli e Veltroni, D’Alema e Fassino, Violante e lo stesso Bersani. Noi siamo convinti esattamente del contrario ma fa lo stesso, comunque vada Berlusconi ha vinto, triplicato il suo patrimonio garantendo una serena vecchiaia a lui e ai suoi figli. E l’Italia? Può andare a farsi fottere, magari travestita da suora.
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