L’Italia è una Patria
4 luglio 2013 di Vincenzo D'Aurelio
A Pasolini
Caro Pierpaolo,
sono passati ormai 39 anni da quel lontano 14 novembre. Già allora dicevi “Io so“ ma io non potevo ancora capire e tuttora tantissimi ignorano il tuo messaggio. In quel 1974 ero ancora in fasce e malgrado tu ora sia partito per il lungo viaggio che prima o poi tutti intraprenderemo, io oso liberamente dirti la mia perché ora anch’io potrò sapere.
L’Italia nella sua veste di Stato inganna la Patria – quella dal popolo sovrano – e le sue tante e ingarbugliate leggi sono il risultato di un’incontrollata libertà di legiferazione. Libertà, questa, che mina i principi stessi sui quali la democrazia e la repubblica si fondono. Nulla è rimasto, non è arduo ammetterlo, dello spirito dei nostri Padri Costituenti. La Nazione è ormai succube dello Stato perché esso è stato anteposto alla Patria. Questo è innaturale perché può esistere Patria senza Stato e non viceversa. Lo Stato è divenuto potere, è al contempo massone e chierico, è oligarchia, è nepotismo e dispotismo. L’Italia, insomma, è una dittatura bianca. La strage di Capaci e l’attentato di via D’Amelio, l’assassinio di Aldo Moro, la P2, lo scandalo dello IOR, Tangentopoli, le B.R. e gli Anni di Piombo, la strage di piazza Fontana ecc. sono solo alcuni dei fatti che dimostrano l’esistenza di un sistema, politico di nome e criminale di fatto, incentrato sul potere di pochi e al controllo dei molti. Ma di questa cronaca nera, dopo la sapiente orchestrazione del tamtam mediatico, è stato tutto cancellato con la disinformazione e col silenzio coatto dei testimoni. Lo Stato ci ha imposto di dimenticare e in buona parte c’è riuscito. È evidente lo stato brado in cui ci siamo illusi di non vivere. Delegittimazione della cultura e dell’istruzione quali strumenti del progresso umano, sostituzione dei diritti con le protezioni ad personam e i doveri con la sciatteria, considerazione della politica come mestiere ben retribuito e dalla pensione assicurata, consapevolezza di un diffuso ma inaffrontabile malessere sociale sono i sintomi di una civiltà malata. È proprio questa la condizione alla quale siamo stati relegati da un manipolo di partiti – eletti democraticamente, forse – che, sotto diversi colori, hanno saputo epurare la coscienza collettiva da ogni spirito che voleva tendersi verso l’interesse comune. In poco più di sessant’anni questo Stato ha demolito una prima e una seconda repubblica, ha fatto abortire la terza – anche se in tanti credono ancora debba nascere – e tutto ciò senza avvertire mai un mea culpa per quel contributo che esso, attraverso i suoi apparati, inevitabilmente ha apportato. Eppure quegli oligarchi del Sistema hanno saputo ancora una volta trasformarsi. Hanno svestito la divisa di un esercito mercenario per indossare quella dei capitani di ciurma. Gli abbiamo creduto ancora una volta pur essendo consci che gli illusionisti non hanno le qualità dei veri maghi. L’Italia è sulla strada del “non ritorno”, è in un tunnel buio dove alla fine non c’è la sperata luce ma solo un muro di roccia il quale, finché non sarà sfondato, ne ostruisce l’uscita. In quel tunnel manca anche l’aria e, purtroppo, più si resta dentro più si diventa ciechi. La nostra Nazione, però, non vuole un popolo di orbi e il nostro Stato – quello costituzionale e democratico – dobbiamo porlo al servizio della Patria. Quel muro di roccia, quindi, deve essere sfondato iniziando primariamente a combattere l’apatia con la quale viviamo politicamente il presente. Ogni nostra futura azione, lo ritengo moralmente virtuoso, dovrà essere mirata allo scopo senza mai dimenticare l’inviolabile e sacrosanto diritto dell’uomo alla vita.
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