Va bene, ammetto che quando ho ricevuto per mail l’invito a essere candidato al Parlamento italiano, la cosa mi ha fatto enorme piacere. Un profondo onore, e anche un onere non da poco. Parole che oggi si sentono usare poco. Ma dico l’ovvio: un conto è essere candidati per la seconda circoscrizione o il Comune di Roma, e un altro per il Parlamento di Roma.
In particolare, è un onore quando capita perché si è ritenuti al pari di una “personalità del mondo intellettuale italiano che dà lustro al nostro contributo politico”. Naturalmente, non penso di essere eletto, ma almeno questa volta (sono tra i più trombati a cavallo dei due secoli) non dipenderà da me, ma da quanti voti prenderà la lista e da quale posizione eventualmente avrò, se deciderò di accettare. Sì, perché per prendere una decisione del genere occorre ponderare. Facile dire: sì, oppure no. Bisogna valutare cosa cambia intanto con l’accettazione della mera candidatura, poi con la remota ed eventuale elezione. Una scelta che cambierebbe la mia vita, perché chiaro che se venissi eletto, poi mi metterei a fare il parlamentare a tempo pieno e tornerei a Roma, non sarei certo un assenteista. Oh, si parla della massima istituzione democratica del mio paese, scherziamo?
Ho già provveduto a ringraziare per iscritto gli ideatori della lusinghiera proposta. Qui vorrei, invece, ringraziare la scrittura in quanto tale, musa alla quale ho dedicato virtualmente tutti gli anni della mia vita. A volte le cose sono andate bene, a volte meno, ma si è comunque creato un pubblico di lettori. Voi. Gente che legge ciò che scrivo, non sempre è d’accordo con me, voglio sperare, ma apprezza il tentativo di critica, di spiegare, di esprimere un’opinione.
Vi tengo informati su cosa succederà, promesso.
Nel frattempo: chi l’avrebbe detto che il motto di questo blog sarebbe tornato prepotentemente di moda? Lo ha capito anche lui, ed è tornato a candidarsi a premier. La vita è fatta così: c’è gente a cui viene chiesto di candidarsi e ci pondera su, e gente che pur di candidarsi è disposta a stroncare il suo Paese e il suo partito. Per Berlusconi non vale “Après moi, le deluge.” vale “Après moi, moi.”