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"L'opera galleggiante" di John Barth

Creato il 22 marzo 2011 da Sulromanzo

L'opera galleggiante di John BarthSe non conoscete John Barth, ma avete sentito parlare – oppure avete letto, e apprezzato tantissimo, o odiato (ché le vie mediane non sono probabili) – Thomas Pynchon, questo dimostra i misteriosi percorsi delle notizie letterarie e della diffusione della conoscenza degli Autori. Perché mentre Pynchon è lo scrittore che ha contribuito a far considerare il postmoderno 'whatever the fuck you want it to be' (cito da un video su youtube), Barth ha fondato la narrativa postmoderna e ne ha rese chiare le caratteristiche. E tali caratteristiche sono le coordinate essenziali entro cui si muove la letteratura statunitense contemporanea (con una varietà di rese che va dal capolavoro al giochino autocompiaciuto del tipo: 'mamma, guarda, senza mani', come lo definisce Wallace). Meritoriamente dunque (e offrendo un servizio alla comunità dei lettori) l'opera di esordio di John Barth è stata ripubblicata nel 2010 da minimum fax.

Ora, sebbene L'opera galleggiante sia il primo romanzo di questo genio letterario (lo so, la genialità viene attribuita con generosità al giorno d'oggi, ma a volte è dovuta), è un manifesto del postmodernismo virtuoso che solo Wallace, appunto, è stato in grado di rispettare – e, a mio avviso, superare.

Giocare con la struttura stessa del libro è prassi, attualmente: John Barth utilizza un titolo che è anche il nome di una barca presente nel testo; barca, badate, che ospita uno spettacolo teatrale, una narrazione. Sicché abbiamo una storia nella storia, ed entrambe si chiamano nello stesso modo: mise en abyme, dunque. Gioco prospettico che, guarda un po', è anche nella copertina della raccolta di racconti di Barth pubblicata da minimum fax, La vita è un'altra storia (un cilindro da mago con dentro un libro dalla copertina dello stesso libro che hai comprato, con un cilindro a sua volta contenente un libro – ma l'ultimo libro ospita un coniglio: un monito a non prendersi troppo sul serio, nella scrittura come nella critica letteraria). E la metanarratività è ovunque. Lo scrittore non nasconde la mano con cui crea i personaggi né cela gli artifici letterari, anzi, rende il lettore partecipe della finzione.

Millenni di letteratura e un sessantennio di narrazione televisiva pervasiva: come potrebbe uno scrittore pretendere la piena sospensione dell'incredulità del lettore, e condurlo per mano in una storia di cui potrebbe già intuire tutti i colpi di scena, perché educato a farlo? No, meglio renderlo complice e suggerirgli che l'autore sa benissimo che tu stai tenendo fra le mani l'oggetto concreto, solido e inchiostrato prodotto da una tipografia. Forse i personaggi non lo sanno, ma tu sai anche che i personaggi sono stati creati, e le loro personalità immaginate, e le loro azioni si srotolano sulla carta che tu stai toccando perché qualcuno ha scritto prima che tu leggessi, ma in funzione del momento in cui tu avresti letto, e dunque sa che per lui (scrittore), come per te (smaliziato lettore), la storia si crea man mano che i tuoi occhi scorrono sulla pagina, si fa con e per la tua lettura.

La divagazione, poi, di cui finora nella stesura di questo articolo ho dato fulgido esempio (ma non per mero esercizio di stile) è caratteristica fondamentale di Barth (e del postmodernismo), insieme al suo opposto: la preterizione. L'attuale narrativa statunitense è pervasa tanto da discorsi iniziati e mai portati a termine (perché il narratore e, soprattutto, l'Autore si riversano in rivoli apparentemente minori della storia) quanto da discorsi che si dichiara di non voler prendere, salvo sviscerarli in lungo e in largo per spiegare perché non ne si vuole parlare (esempio da manuale: 'Cesare taccio, che per ogni piaggia...'). Ecco perché la storia di Todd Andrews, protagonista dell'Opera galleggiante (e aspirante distruttore dell'Opera galleggiante-barca) si svolge in una sola giornata, ma si tratta di ore che si dilatano a raccontare tutta la sua vita, esattamente come avviene nella vita vera, quando nel breve spazio di tempo in cui conosciamo una persona apprendiamo molto più di quello che accade mentre viviamo, proprio perché ci raccontiamo anche tutto il resto. Ma 'la vita è un'altra storia', e infatti Barth suggerisce, nel perfetto racconto breve Ad infinitum, che il pregio della narrazione è nel controllo sul testo che detiene il deus ex machina narrativo, salvo quando i personaggi gli sfuggono di penna, o quando (come per Wallace) narrazione e realtà si fondono in un groviglio indipanabile, e la vita diventa decisamente la stessa storia.


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