Lelay si coricò accanto ad una bottiglia vuota che altro non aveva fatto che aumentare la sua angoscia...
.....e nutrito e dissetato la bestia che ormai aveva invaso il suo essere. La bestia, retaggio di una brutta nottata passata al circolo ufficiali inglese, ove Scotch, Whisky e droghe scorrevano a fiumi. Lelay esagerò, mischiando le due sostenze in modo scriteriato.
Quella notte, dopo aver fatto violenze indicibili contro la propria madre, cadde in coma etilico e solo con l'intervento del Baba e le sue erbe, riusci ad uscirne. Donna Leo lo portò all'asram, e li lo lasciò chiuso a chiave in una cella sotto alla stretta sorveglianza del Baba. Lelay urlava giorno e notte il nome di sua madre, la invocava e la supplicava di tenerlo con se. Donna Leo pregò, non aveva altro mezzo che la preghiera. Aveva pregato Dio, per la sua creatura, quando era in Europa, una brutta febbre aveva portato Lelay in fin di vita. Pregò così intensamente e ripetutamente che Dio fu costretto ad ascoltarla; Lelay si salvò da quella brutta esperienza dimenticando tutto il male che aveva fatto, ma non riuscì più a liberarsi della bestia che, da quella notte, lo abitava. La teneva controllata, aveva imparato dal Baba come sospendere la mente ed aggrapparsi all'intento dell'anima per non dare spazio alla bestia, pratica che gli veniva facile tranne quando beveva o era al cospetto di femmine che stimolavano la sua libidine.
Donna Leo aveva in cuor suo sperato che il suo adorato figlio, dopo la cura del Baba, non cadesse più in quelle orribili tentazioni e che potesse vivere una vita tranquilla con l'amore di una dolce ragazza come Lal. Ma nella sua giovane vita aveva fatto molte violenze, e donna Leo lo avevo sempre soccorso sperando ogni volta fosse l'ultima. Ora lo guardava supino nel letto, con ancora gli stivali ai piedi e in mano la bottiglia vuota. Gli tolse la bottiglia e gli sfilò a fatica gli stivali, gli slacciò la camicia che odorava di sudore e come aveva fatto tantissime volte, cercò di svestire la sua creatura e preparalo per la notte. Lelay aprì gli occhi e con lo sguardo veemente afferrò il polso di sua madre e la tirò a sè. Donna Leo lottò contro la sua creatura cercando di difendere se stessa e suo figlio dalla bestia che ormai sopraffava entrambi. Le sue urla arrivarono fino alle cucine dove il personale di servizio faceva gli ultimi servizi prima di coricarsi. L'intervento dello stalliere scongiurò il peggio, e poche gocce di laudano resero innocuo Lelay. Pianse la madre, pianse fino allo sfinimento. Adorava suo figlio, era vissuta solo per lui. Non si era concessa un'amore, un amico, un uomo da completare il suo essere donna. Non conosceva l'emozione dell'amore, lo aveva solo sognato. Quando cresceva la sua creatura, donna Leo sognava spesso il conte che tornava dall'India e l'abbracciava stretta a se baciandola con impetuosa dolcezza; lei aveva provato sensazioni, ma le ricordava nel sogno ed erano così ovattate, filtrate da una cruda realtà e le percepiva appena nella nebbia del ricordo del sogno. Sapeva di amare il conte di un amore riconoscente per quello che aveva fatto per lei e il figlio, ma non conosceva la passione dell'amore,quella che ti fa battere il cuore e fremere lo stomaco. Non conosceva il piacere della carezza, dell'abbraccio, del desiderio di un amante che brama il tuo corpo. Non se lo era mai concesso, aveva il figlio da crescere d'amare e quello le bastava. Il destino crudele la metteva a dura prova, ma lei non mollava mai nonostante il Baba le avesse più volte consigliato di allontanarsi dal figlio facendo ritorno in Europa. Ma donna Leo proteggeva la sua creatura con tutto il suo essere e si era votata a lui.
Donna Leo prese in mano il suo diario, lo apri e iniziò a leggere:
"Ti partorii in un giovedì d'inverno. Venisti al mondo in una casa di donne accarezzato e coccolato con amore, bello come un dio ti misi il nome di un arcangelo e ti portai al mio seno e assieme a quel nutrimento, usci da me un amore così grande che ancora mi sconvolge.
Ti ho cresciuto con tutto l'amore del mondo, ti leggevo tutti i libri di poesie e giocavo con te, bambina anch'io, vivevo per te. Il Signore di casa mi scriveva dall'India e voleva sapere tutto di te, promettendo che prima o poi sarebbe tornato e ti avrebbe cresciuto come un figlio.
La signora mori in un giorno caldo, e tu piangesti tanto, provasti il tuo primo abbandono. Il padrone dall'India ci scrisse che sarebbe tornato a casa presto.
Purtroppo arrivò una lettere di un notaio, che annunciava la morte del signore e che eravamo eredi di un patrimonio in India.....così partimmo per quella terra ….avevi 12 anni circa e io 14 in più....Il signore, prima di morire aveva dato disposizioni per noi.. fù così che la nostra avventura in India ebbe inizio. Attraversammo gli oceani, dopo esserci imbarcati con la nave, ora di nostra proprietà, che portava le spezie dal luogo dove eravamo diretti...."
Leo lasciò il diario aperto vicino al letto di Lelay e si ritirò nella sua stanza, sfinita, umiliata e delusa ma pronta a ricominciare a lottare per il figlio tanto amato.