Daniela, giovane e ingenua restauratrice, è alle prese con un antico crocefisso proveniente da una chiesa sconsacrata e sul quale si concentrano delle strane leggende sulla sua presunta testimonianza a rituali orgiastici. Totalmente affascinata dall’oggetto cristiano Stella Carnacina alias Daniela, riesce a convincere i suoi colleghi studiosi dell’importanza artistica e del particolare realismo che la statua emana, constatando che “anche gli oggetti hanno una loro anima”. Posseduta del demonio, che si manisfesta proprio sotto forma del sensuale Cristo crocefisso, attraverso manifestazioni di violento autoerotismo, Daniela vive il difficoltoso cammino verso l’esorcismo liberatorio.
Gariazzo tenta un esperimento di tipo intimistico, si concentra infatti sulla duplice sventura della protagonista vittima prima della incombente figura materna, Lucretia Love, sadomasochista che ama farsi frustare da gambi di rosa compresi di spine dal suo amante (scoperta dalla figlia attarverso una erotica scena vouyeristica) e poi dal demonio stesso Ivan Rassimov, che la crocefigge durante un rituale orgiastico.
Solo alla fine il male viene sconfitto attraverso il sexy esorcismo a cura di Luigi Pistilli, padre Zeno, che si serve del gatto a nove code per stanare il diavolo che possiede la giovane Stella Carnacina, sarà tra le punte esteticamente interessanti del film di Gariazzo, insieme alla resurrezione/rianimazione del Cristo ligneo, merito del giovanissimo Carlo Rambaldi.
Scritto e diretto da Mario Gariazzo, sua prima e ultima prova horror, il film esce nel 1974 e sembra esser stato scritto un paio di anni prima del capolavoro di Friedkin, ma nessun produttore voleva invenstire sul film, cosiderate le sue tematiche. La giovanissima Stella Caracina ricorda questa esperienza con grande affetto e stima nei confronti del regista, il quale la considerava “la nuova Anna Magnani”. Un film faticoso e molto impegnativo soprattutto per le estenuanti maschere di cemento che l’attrice era costretta ad indossare nelle scene di metamorfosi.