Memorabile esordio pulp del maestro del neo-neorealismo italiano anni ’90 (Ragazzi Fuori, Il muro di gomma, Il Branco), costato una tombola e rivelatosi – anche per una serie di sfortunate coincidenze – uno dei più cocenti flop della storia del cinema tricolore.
“Il film narra le vicissitudini durante l’ultima notte dell’anno di una varia, grottesca e d inqualificabile umanità: ci sono due ragazzi in cerca di sballo, una banda di ladri che tentano di svaligiare un appartamento, un marito fedifrago sadomasochista, la tifoseria cafona del Purchiano Terme che prende parte alla festa organizzata da una contessa, la famigliola felice ed una moglie che scopre di essere tradita. Il filo conduttore del film è il luogo: un condominio romano sulla Cassia, crocevia di tutti gli eventi”
Tratto dal racconto L’ultimo capodanno dell’umanità di Niccolò Ammaniti, il progetto si rivela fin dall’esordio complesso e rischioso: lo stesso Marco Risi racconta che il padre Dino, maestro indiscusso della commedia all’italiana che fu, sentenziò che se il figlio fosse riuscito a trarre un’opera divertente da quella sceneggiatura, avrebbe girato senza dubbio il capolavoro della sua carriera. Ma come tutti i grandi sogni, la trappola della deriva sarà dietro l’angolo. Innanzitutto una promozione che, a detta dello stesso regista, calca la mano sul lato oscuro dell’opera, dimenticandone l’aspetto ludico. In seconda istanza, la sventurata uscita in parallelo con il blockbuster per antonomasia Titanic di James Cameron, che monopolizza le sale eclissando tutti i titoli concorrenti. Ma la verità è anche un’altra: il film, dagli intenti volutamente grotteschi e provocatori, gioca male la carta fondamentale del casting, affiancando ad attori in stato di grazia come Luca Lionello e Beppe Fiorello (entrambi strepitosi) volti paratelevisivi fuori luogo (Iva Zanicchi, Adriano Pappalardo) a personaggi potenzialmente interessanti ma abbozzati in modo maldestro e frettoloso (Ricky Memphis, Piero Natoli, Monica Bellucci). Ne esce un fumetto bizzarro, che alterna momenti strepitosi a cadute di stile imperdonabili, forse troppo debitore dell’estetica à la Tarantino tanto in voga nel periodo.
Oggi è riconosciuta dai cinefili – in parte meritatamente – come un’opera cult pressocchè irripetibile nel panorama cinematografico italiano. Ad essere più oggettivi, è un delirante divertissement sfuggito di mano ad un regista che è sempre stato troppo cerebrale. Meritevole di una re/visione.
YouTube Video