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L'uomo calvo (ho saltato un incontro)

Da Bartel
L'uomo calvo (ho saltato un incontro)Ho saltato l'incontro del giovedì. Ero a Parigi, per lavoro. Come ogni mese, da tre anni. Non mi è mancato. Julia mi ha riempito le braccia e non ho pensato a niente altro. Questa storia va avanti da due anni e mezzo. Forse perchè il mio francese fa schifo e il suo italiano è molto sensuale. Forse perchè doveva accadere tutto in questo modo. Comunque una settimana al mese a Parigi  non è male. La banca per cui lavoro ci tiene a far vedere di essere internazionale e manda me a bacchettare i soci francesi per dimostrare che bevono anche sul lavoro per fare delle cazzate cosi enormi. Devono bere per forza, e più bevono, più io me la spasso. Cosi ogni settimana, con la massima gentilezza, una solerte signorina, ogni settimana diversa, ma sempre fornita di tutto ciò che un maschio italiano arrapato, come pensano che io sia, può desiderare,  mi accompagna in un ufficetto al ventesimo piano di un grattacielo parigino e mi fa accomodare su una poltrona che comincio a consumare con il fondo dei miei pantaloni, mi porta una tazza di espresso italiano forte e una pila di documenti da esaminare. Li guardo appena, sorrido e comincia il gioco delle parti: loro mi forniscono dati falsi, io guardo fuori dalla finestra per una mezz'ora, alzo il telefono e chiedo di poter incontrare appena possibile il responsabile dei dati, un signore brizzolato e munito di baffi scurissimi, sempre abbronzato e dal portamento nobile. Non mi meraviglierei di vederlo arrivare con una giacca da caccia con i gomiti ricoperti di pelle, una doppietta sotto il braccio, circondato da una muta di cani ansimanti alla ricerca delle tracce olfattive di una lepre o di un cinghiale o di uno della servitù scappato con l'argenteria. E' un tipico uomo di paglia, messo li come parafulmine del mangiaspaghetti, cioè come  mio parafulmine. Accendo il mio computer portatile e in dieci minuti scrivo una piccola relazione il cui senso profondo si può riassumere con un termine inglese molto usato nel mio ambiente: bullshit. Stronzate. Se metà dei dati forniti fossero veri, la banca per cui io e i francesi lavoriamo potrebbe comprarsi la Cina.
Passerò il resto della settimana a verificare con loro quale sia la fonte dell'errore. Loro giustificheranno il proprio stipendio, io il mio e mostreremo al mondo che lavoriamo per evitare le brutte sorprese della crisi mondiale. Bullshit. Alle cinque uscirò dal grattacielo con tutti gli altri e andrò a bere qualcosa in un bistrot frequentato da tutti gli impiegati della banca e di altre banche vicine, il posto giusto dove crearsi una carriera o rovinarsela. Sorriderò, accetterò le solite battute, mi farò prendere per il culo per il mio accento. Tutto normale, in fondo per loro sono un povero diavolo mandato lì in punizione. Andrò via dopo un'oretta, e dopo tre fermate di metropolitana arriverò nella piazzetta dove si affaccia un ristorantino uscito da una pagina di Simenon, l'Ancienne Normandie, il locale di Julia. Entrerò e la cercherò tra i tavoli sempre affollati. Poi lei sbucherà dalla cucina con le braccia bianche piene di piatti colmi di pesce per i clienti abituali o importanti.  Mi guarderà appena, solo un mezzo sorriso mi farà capire che si è accorta di me. Arriverà Marie, la cameriera anziana, che lavorava già per il padre di Julia. Non mi sorriderà perchè pensa che voglia fregare la sua figlioccia, pensa che io sia un porco italiano. Ha ragione, in parte. Mi farà sedere ad un tavolo vicino al bagno, mi lascerà il menù che io non aprirò. Dopo mezz'ora  arriverà Julia con un piatto fumante, il piatto del giorno, e un calice di vino, quello della riserva speciale. Mangerò e aspetterò, guardandomi intorno, osservando i parigini mentre mangiano e si divertono, proverò a indovinare i loro pensieri, anche quelli che non sanno di avere. Guarderò Julia nella sua danza tra i tavoli, la cassa, i sorrisi dei clienti e i loro sguardi, i suoi sorrisi e sarò geloso come un porco italiano. Un tempo, seduto qui ad aspettare. scrivevo su fogli sparsi, tovaglioli, il retro di un blocchetto di assegni. Ora sono 88 giorni che non scrivo.Così ho conosciuto Julia. Il fascino dello scrittore.  Mangiavo in quel posto da un mese, mi piaceva e mi piaceva Julia, anche se non sapevo nulla di lei. La guardavo, ma senza troppa insistenza. Una serà arrivai tardi, quasi all'ora di chiusura. Lei mi sorrise e mi indicò un tavolo al centro del locale. Poco dopo arrivo con un paio di calici di vino. ne poso uno sul tavolo per me e mi chiese:" Elle est un écrivain ou un journaliste?"
Ficcai il naso nel bicchiere. Un rosso fruttato.  "Non, je suis un scribe ...". Non era una bugia.
Lei mi guardò un attimo smarrita, poi i suoi occhi si chiusero mentro cominciava a ridere. Alzò il calice in un brindisi silenzioso e bevemmo. "Sei simpatico italiano...". Si sedette al mio tavolo, cominciò a parlare, troppo veloce per il mio francese. Lo capì dai miei occhi, si fermò, sorrise ancora. "Scusa...mi chiamo Julia..."
Mi porse la mano. La strinsi. Era bianca, piccola e inaspettatamente morbida. Non gliela lasciai per il resto della serata.

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