Anno 1996, esce per Éditions Viviane Hamy L’homme aux cercles bleus; le prime tre righe recitano:
Mathilde sortit son agenda et nota: “le type qui est assis à ma gauche se fout de ma gueule.”
Nella traduzione italiana, suona esattamente così: Mathilde tirò fuori l’agenda e scrisse: “il tizio seduto alla mia sinistra mi prende per i fondelli”.. Io avrei preferito un più scurrile “mi prende per il culo”, ma io non faccio traduzioni e quindi non ho voce in capitolo..
In Italia il libro arriva dopo undici anni di meditazione, perché libri se ne leggono in modica quantità nel nostro paese e dunque investire su autori poco noti è qualcosa di coraggioso ma di solito non troppo remunerativo.. Einaudi lo pubblica nel 2007 quando Fred Vargas è già un nome e nel 2010 lo ripubblica anche la Biblioteca di Repubblica – L’Espresso, dandogli una visibilità e una distribuzione nelle edicole che porta questo libro praticamente a casa di chiunque.. Nonostante questo, io non l’avevo ancora letto, dunque per tutti quelli come me e anche per tutti gli altri spendiamo qualche parola su questo vecchio meraviglioso lavoro di Fred Vargas, che racconta la nascita del commissario Jean-Baptiste Adamsberg.
Veniva da supporre che Dio si fosse trovato proprio a corto di materia prima quando aveva fatto Adamsberg, e che avesse dovuto usare gli avanzi di magazzino, incollando pezzi che non avrebbero mai dovuto trovarsi insieme se quel giorno Dio avesse avuto a disposizione del buon materiale.
La descrizione di Adamsberg lascia spazio a qualunque possibilità e genera intorno al personaggio una sorta di nebbioso desiderio di comprensione che lo rende (o almeno lo ha reso a me) immediatamente vicino..
Non è bello, non è brutto, non sa essere diverso da se stesso e non è uguale a nessuno, il che vuol dire essere unico in qualche modo e i cerchi sono proprio cerchi, figure geometriche azzurre che popolano i marciapiedi di Parigi, rivitalizzando inutili oggetti abbandonati e dando spazio sui giornali ad un potenziale artista/maniaco che nessuno conosce.
Dolcemente aveva sorriso, dolcemente aveva stretto le mani, spiegato e ascoltato, perché Adamsberg faceva sempre tutto dolcemente. Ma dopo undici giorni i suoi colleghi continuavano ad avvicinarsi a lui con l’espressione di uomini che si domandano con quale nuova specie vivente abbiano a che fare, e come la si nutre, e come le si parla, e come la si distrae e come la si interessa. Da undici giorni il commissariato del quinto arrondissement era profondato nei bisbiglii, come se uno scabroso mistero ne avesse interrotto la vita abituale.
La differenza rispetto agli esordi nei Pirenei era che adesso la sua notorietà rendeva le cose un po’ più semplici. Ma questo non faceva dimenticare che lui veniva da fuori. Ieri aveva sentito il parigino più vecchio della squadra dire sottovoce: “Viene dai Pirenei, capisci, come dire dall’altro capo del mondo”.
Avrebbe dovuto essere in ufficio da una mezz’ora, ma Adamsberg continuava a girare il suo caffè nel bistrot di fronte.
Non era perché oggi, a quarantacinque anni, c’era quel rispetto intorno a lui, che si permetteva di arrivare in ritardo. A vent’anni era già in ritardo . Anche per la nascita, era stato in ritardo di sedici giorni. Adamsberg non aveva orologi, ma non era in grado di spiegare il perché , del resto non aveva niente contro gli orologi. Né contro gli ombrelli. Né contro alcunché, in effetti. Non che volesse fare solo quello che desiderava, ma non sapeva costringersi a fare qualcosa se in quel momento il suo impulso era contrario.
Intorno al nuovo commissario del quinto arrondissement gravitano, ancora abbozzate, le figure del vice, Danglard, del “tesorino” Camille e dei vari ispettori che seppure non comprendono esattamente la situazione, sembrano contagiati dal modo di fare di Adamsberg e lavorano di conseguenza.
Personaggi di contorno sono la regina Mathilde, amante dei pesci con il suo piccolo acquario personale popolato dal cieco bello e Clémance, l’uomo dei cerchi azzurri e i vari ed eventuali uomini e donne che nella storia occupano sentimenti passeggeri, come Vercors-Laury, psichiatra di fama “ma non una cima”.. Tutti poco o molto importanti nella misura in cui non se ne comprendono le umanissime caratteristiche.
Inutile dire che il libro è consigliatissimo, non solo per la capacità di Vargas di riassumere una vita con quei pochi e semplici tratti tipica degli artisti, ma anche e banalmente perché si beve come un buon vino e non lascia mal di testa il giorno dopo, quindi buona lettura e commentate senza riserve!
L’uomo dei cerchi azzurri
Fred Vargas
Traduzione Yasmina Mélaouah
Einaudi, 2007
pp. 238 € 15,50
ISBN 9788806182311
Disponibile su Amazon a € 9,78