Sembra proprio che l’affermazione e la popolarità non facciano mai rima con felicità. Tg2, ma anche gli altri programmi informativi dedicano parole e immagini alla scomparsa della regina del pop Whitney Houston. Un mix di farmaci assunti con alcolici per lenire ansia ed attacchi di panico. Un cocktail letale che ha sempre le stesse radici, la solitudine e la depressione, che piano piano si prendono la vita. Alle spalle una lunga storia di dipendenza da crack ed anfetamine che l’aveva costretta a stare lontana dalle scene. Devastante sarebbe stato il lungo matrimonio con Bobby Brown dal quale la cantante ha divorziato nel 2007. Ferite fatte al cuore o all’anima. Dolori più duri a morire, che creano più sofferenza. Una condizione spiacevole, a volte spaventevole, che spesso diventa un nemico da fuggire a qualsiasi costo. Si spegne così la voce più bella e infelice del pop, regina della musica, schiava della droga e affamata d’amore.
Sembra proprio che in molti casi il grande successo e l’enorme popolarità siano sinonimi di autodistruzione.
I fans di tutto il mondo la piangono. Disperazione e cordoglio anche nel mondo0 dello show business che ha provato a ricordarla dedicandole la notte dei Grammy Awards. Forse avrebbe cantato, nell’ennesimo e disperato tentativo di un ritorno alla gloria del passato. Ma si era persa nella droga. Se n’è andata a una manciata di ore dai Grammy Awards, gli Oscar della musica, evento dal quale era tagliata fuori da anni, quasi un segno dei tempi, del suo decadimento. Si è chiusa così una parabola di una predestinata, cresciuta nel mondo della melodia, figlia di una cantante di gospel e con madrina Aretha Franklin. Una voce che dava i brividi. Per anni dominò la scena con tantissimi successi mondiali. Quasi 200 milioni di album veduti nel mondo. Cercava di riprendersi in mano una vita buttata via nelle droghe, nell’alcol, negli eccessi. Icona appannata dal potere prima, dal gossip e dalla fragilità poi. Bellezza, talento, successo, premi, denaro, prima di cadere nell’inferno della depressione e degli psicofarmaci. Prima di rimontare la china. Prima di precipitare di nuovo e andarsene via per sempre troppo presto.
Quell’immagine di angelo caduto dal cielo si era cominciata ad incrinare nel 1992, col matrimonio con Bobby Brown. Il contrario di Whitney, il demone che poco alla volta l’ha corrotta. Avevano avuto subito una figlia, Bobbi Kristina, ma il rapporto era diventato presto difficile, geloso, spesso violento. La Houston esce sempre più di scena, mentre cominciano a girare le voci sull’abuso di droghe. La sua storia è il dramma di una grandissima artista per anni ai vertici delle classifiche, amata e venerata da milioni di fan, passata in pochi anni dal paradiso del successo all’inferno della droga e della depressione.
In migliaia stanno lasciando il proprio messaggio di addio, urlando a tutto il mondo quanto la Houston sia stata amata. Con la sua musica e il suo sex appeal ha stregato una generazione che ora si stringe attorno al suo ricordo, ascoltando ancora quella sua voce tanto particolare e bella, nel tentativo di sentirla ancora viva e pronta a donare nuove emozioni.
E’ stata grande , ma fragile davanti alle difficoltà della vita. Sembra il copione di un film che conosciamo a memoria. Come se, dopo la tragica morte di Michael Jackson e di Amy Winehouse, la storia da raccontare fosse sempre la stessa. È stata la tossicodipendenza. È stata la celebrità. È stata la musica. E’ stata la depressione. È stata la fine del successo…il talento, l’intelligenza e la sensibilità non permettono solo di creare o di commuovere il pubblico, ma rendono poi anche estremamente vulnerabili a tutto quello che accade. E allora si riapre quel vuoto che ognuno di noi si porta dentro e che in alcune persone, però, è più profondo.Perché la genialità e il talento danno tanto, ma non proteggono mai dalle ferite che ci si porta dentro, e allora è molto più facile accasciarsi al suolo…