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In un paese alle prese con una crisi economica così feroce e all'indomani della presentazione di una manovra finanziaria correttiva che penalizzera cancora una volta i comuni cittadini mantenendo inalterati gli sprechi della spesa pubblica e i privilegi delle corporazioni politiche, professionali e imprenditoriali, i media fossero ancora pieni di analisi, discussioni e critiche sulle proposte avanzate dal ministro del tesoro Giulio Tremonti, ma non è così.
Basta dare uno sguardo ai giornali e ai siti web di oggi per rendersi conto che la manovra è già stata mtabolizzata e che, secondo molti, bisogna comunque far fronte comune e difendere la posizione del ministro, per non dare spago alla speculazione.
Anche dall'opposizione ci si dice pronti al dialogo, proprio per dimostrare la "responabilità" del centrosinistra verso gli interessi nazionali.
Del resto le prime pagine si occupano più che altro della sentenza d'appello che ha condannato Silvio Berlusconi a risarcire l'Ing. Carlo Debenedetti (così dovrebbe essere scritto il nome) a causa della vicenda ormai annosa del Lodo Mondadori, dimostrando ancora una volta come ad interessare i media sono le vicende private di berlusconi, piuttosto che quelle di interesse generale.
Da parte sua l'egocentrico Tremonti si è ritirato sdegnato per le critiche nella natia Pavia, al grido di "dopo di me il diluvio", minacciando sfracelli futuri in caso di un suo defenestramento.
Il messaggio inviato ai maggiorenti dei partiti appare chiarissimo: state con me, altrimenti si dovranno fare delle riforme veramente serie, dalle quali avrete tutto perdere.
Un richiamo che ha prontamente riportato alla calma anche u critici più intransigenti, al punto che ormai tutti fingono di credere alla bontà dei provvedimenti elaborati dal ministro, anche se proporranno correttivi e migliormenti.
Questo è il gioco degli interessi contrapposti dei tanti che nei decenni passati si sono accaparrate rendite di posizioni alle quali è difficile rinunciare, specialmente se i loro costi possono essere sempre scaricati sui comuni cittadini.
Una situazione che ha creato la situazione di paralisi istituzionale che viviamo in quella che fu denominata "Seconda Repubblica", nata su una finta rivoluzione che come sempre succede in Italia fa compiere una rotazione di 360 gradi, riportando il tutto all'esatto punto di partenza.
Per questo già nel lontano 28 Maggio 2008 scrissi che non stavamo vivendo una semplice crisi economica, ma una delle tante crisi, la più forte, che si stanno ripetendo ormai da circa mezzo secolo, e che fanno parte di un processo di DECADENZA irreversibile.
Irreversibile non perché il processo sia effettivamente impossibile da arrestare e invertire, ma perché gli interessi egoistici di quanti temono di perdere i propri privilegi lo rendono tale.
Perché sono in tanti a sapere cosa sta succedendo e cosa si dovrebbe fare per mettere riparo ai danni provocati da decenni di cattiva politica, ma nessuno ha abbastanza forza per resistere all'attacco della reazione che pretende il mantenimento dello satus quo.
Sono in tanti in questi mesi ad aver fatto paragoni con le decandenze dei grandi Stati del passato, in special modo l'Impero Romano d'Occidente, esercitandosi in paragoni ed equivalenze che lasciano il tempo che trovano, che le vicende del mondo antico non possono essere assimilate a quelle contemporaneo, e spesso mostrando di conoscere poco del periodo tardo imperiale, un periodo storico ignorato dai programmi scolastici, che per di più hanno nel tempo dato sempre meno spazio alla storia antica.
Vero è però che certi meccanismi alla base della decadenza, quelle forti opposizione di chi detiene posizioni di potere e ricchezza ai cambiamenti che di fatto li costringerebbe ad abbandonarle, sono gli stessi.
Gli ultimi Imperatori che si succedettero negli ultimi anni erano infatti tuttaltro che ingenui, incapaci e imbelli come viene comunemente tramandato e basterebbe anche soltanto una lettura delle pagine dedicate da Wikipedia, pur nella loro superficialità, agli imperatori Avito, Maggioriano e Antemio, ma anche della loro Nemesi, il comandante barbaro dell'esercito imperiale Ricimero, per rendersi conto che l'Impero aveva ancora risorse economiche, militari ed umane per invertire il corso della storia, se solo almeno uno di loro fosse riuscito a prevalere sui voleri della classe senatoriale dei grandi latifondisti e sui loro egoistici interessi.
Ma la storia ci insegna invece ad essere pessimisti e che la cattiva strada intrapresa verrà praticata ancora per molto tempo, prima che conduca l'Italia alla fine che i mercati già chiaramente stanno ipotizzando.
Non a caso il ministro Tremonti si è trattenuto dal proporre l'instaurazione di un Tobin Tax sulle operazioni finanziarie solo dopo che il governatore della Bce Jean Claude Trichet aveva bocciato un'analoga proposta del commissario Ue José Manuel Barroso, che ne aveva proposta una a livello di banche europee, perché la tassa per avere successo avrebbe dovuto essere imposta in tutto il Mondo, altrimenti avrebbe soltanto spostato i capitali dall'Europa all'America e all'Asia, provocando un altro disastro finanziario (purtroppo a sinistra non l'hanno nemmeno capito).
In compenso il ministro Tremonti non pare rassegnarsi a non ricorrere alla tassazione delle compagnie petrolifere, convinto di poter drenare nuove risorse finanziarie da quelle e non dai cittadini, sui quali invece i petrolieri scaricheranno i nuovi costi, dopo che il geniale ministro ha già aumentato le accise sui carburanti.
Il bello è che il nome proposto per la nuova tassa è "Robin Hood Tax", che identifica Giulio Tremonti nel nuovo capo degli allegri compagni della foresta di Montecitorio: un vero Robin Hood, ma alla rovescia.
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