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Si sa da tempo che le fluttuazioni del tono dell'umore riconoscono un proprio substrato biochimico nella attività di alcuni neurotrasmettitori ed in particolare della serotonina, ampiamente studiata nei disturbi depressivi: attualmente infatti molti dei farmaci anti depressivi di nuova generazione sono SSRI ovvero inibitori della ricaptazione di serotonina a livello delle sinapsi centrali del sistema nervoso, inoltre le variazioni dei livelli di serotonina sono già state messe in relazione con la ricorrenza stagionale dei disturbi depressivi. Solo ultimamente, tuttavia, è stato effettuato uno studio completo sul tipo di variazione estiva ed invernale dei livelli di serotonina, consentendo di stabilire, anzi di confermare, l'esistenza di un assetto costituzionale, che coinvolge appunto le variazioni di questo neurotrasmettitore nei cicli stagionali e che pertanto predispone alla insorgenza dei cosiddetti SAD (disordini affettivi stagionali).
Lo studio, condotto a Copenhagen, è stato presentato al 27° Congresso annuale del Collegio Europeo di Neuro Psico Farmacologia (ECNP) tenutosi a Berlino dal 18 al 21 ottobre u.s.
Il problema della depressione stagionale è maggiormente sentito alle latitudini nord dove il numero di ore di sole si riduce sensibilmente nella stagione invernale: nel nord Europa circa una persona su sei soffre in qualche misura di un disordine affettivo stagionale.
Sono state seguite longitudinalmente 34 persone di cui 23 sane ed 11 con un SAD, per tutti è stata utilizzata la tomografia ad emissione di positroni, grazie alla quale è stato possibile rilevare differenze significative nei livelli del trasportatore specifico della serotonina (cosiddetto SERT).
Questo trasportatore proteico allontana la serotonina dalle sinapsi, di conseguenza se i suoi livelli sono più elevati la quantità di serotonina attiva sarà più bassa: ora mentre nei soggetti sani non si osservano variazioni del SERT, al contrario nei soggetti affetti da SAD si rileva un netto aumento di SERT durante il periodo invernale, mediamente del 5% in più durante la stagione invernale, rispetto al periodo estivo.
Lo studio conferma quanto già sperimentato in lavori di ricerca precedenti, tuttavia per la prima volta viene effettuato uno studio longitudinale che mette a raffronto i valori stagionali di SERT.
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