Venerdì sera siamo stati invitati a cena dall’ex direttore. E chissenefrega. Infatti, è quello che ho pensato anch’io. Queste erano cose che trovavamo eccitanti diversi anni fa, in epoca pre-maternità e paternità.
Figuriamoci oggi, in questo clima di disincanto che ha reso insignificante ai nostri occhi tutto ciò che non fa parte di noi, della nostra famiglia, dei nostri bisogni, del nostro bastarci a vicenda. Forse sono state troppe le delusioni, i comportamenti inaspettati, l’essere presi in giro o, peggio, l’essere ignorati da quella rete di affetti che ogni persona pensa di avere, di essersi costruito nel corso della vita. E così, è normale che non si abbia più voglia di vedere gente, essere brillanti e spiritosi, o educati, gentili e tutta quella serie di cose a cui ci si deve piegare nei rapporti col prossimo. Quando ogni giorno devi trovare il modo di mettere insieme il pranzo con la cena, questo genere di inviti sono davvero l’ultima cosa nella lista delle priorità.
Eppure l’ex direttore mi è anche simpatico, posso quasi dire di volergli bene come a uno zio più grande, quello che ha visto il mondo, che ha fatto cose interessanti, che ha conosciuto persone singolari. Anche se la sua insistenza nell’escludere i nostri figli dall’invito mi ha dato da pensare per qualche secondo.
Ma come? I nostri figli sono grandi, educati, sanno stare a tavola senza disturbare, anzi, sono sempre molto interessati ai discorsi un po’ insulsi e pettegoli che spesso facciamo noi adulti. E allora perché questa esclusione? Oddio, non saranno mica due scambisti? No, non è possibile, conosciamo l’ex direttore e la moglie da quasi vent’anni, abbiamo cresciuto, lui la sua seconda figlia e noi il nostro primogenito, quasi contemporaneamente. Lavoro e famiglia; questo siamo stati entrambi per tutto questo tempo. Sarebbe una cosa davvero inconcepibile.
Però il dubbio è scomparso solo quando, al nostro arrivo, era presente, appunto, la figlia diciottenne e il relativo fidanzato: un tipo anonimo, un po' insipido, ma dall’aria gentile.
Ma allora, perché non abbiamo potuto portare i nostri di figli che hanno solo qualche anno in meno? Boh, vai a capire la gente. Che volesse fare discorsi troppo seri o impegnativi? Macché, è finita che mia moglie ha tenuto banco per quasi tutta la sera raccontando fatti veri e storielle inventate, intrecciandoli insieme in nodi così inestricabili che anch’io ho faticato a separare la verità dalla fantasia.
Forse è per questo che ci hanno voluto a casa loro, perché si divertono ad ascoltare questo profluvio di cose così inverosimili e divertenti, perché godono del nostro gioco che pesca nei nostri difetti e le nostre manie per punzecchiarci e renderci irresistibilmente buffi agli occhi altrui. Come una coppia alla Sandra e Raimondo, o Jim e Cheryl, John lennon e Yoko Ono, Stanlio e Ollio, Minnie e Topolino, la Bella e la Bestia.
Non so cosa pensare, se da una parte tutto ciò mi lusinga, dall’altra ho il tarlo di essere usato come un giullare di corte che deve pagarsi il mantenimento svagando il re e la regina.
Ma forse sono io che non riesco a fare a meno di essere il solito bilioso, cinico e meschino malfidente. E pensare che sono stati così carini e ospitali. Per questo, quando l’ex direttore mi ha telefonato domenica pomeriggio per reclamare un po’ di lavoro, non ho avuto la forza di chiedergli se non avesse niente di meglio da fare alle cinque di una piovosa domenica di fine marzo.
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