Capelli color grano, all’altezza delle spalle. Occhi scuri, miti e ridenti, come la bocca. Un accenno di barba. Poco più alto di me, muscoloso, ben fatto, abbronzato come chi sta più all’aria aperta che al chiuso, ha le spalle larghe e la postura rilassata senza arroganza di chi non ha paura di niente.
È in piedi: ogni tanto controlla che la sua bici da corsa sia agganciata bene, in questo scompartimento bombato di danesi e di turisti. I primi vanno a passare la domenica a Copenhagen, come lui; noi per esempio scendiamo verso Amburgo, e siamo in piedi perché alla nostra fermata mancano pochi minuti.
In realtà ci fronteggiamo, aggrappati ai rispettivi sostegni, per una buona mezzora. E in quella mezzora io capisco almeno tre cose.
Che del lungo elenco di splendidi uomini visti nelle ultime due settimane, questo mi rimarrà impresso più a lungo: se non altro per essere stato l’ultimo.
Che se solo avessi voluto, avrei potuto sorridergli e guardarlo più spesso, non solo quando il treno dava uno scossone. Solo che io sono italiana e lui danese, e i nostri codici culturali sono praticamente opposti. Da noi una che ci prova, sbaglia sempre e comunque; o fa una figuraccia subito, o la pagherà comunque in seguito. Da loro invece, abolito da un pezzo qualsiasi residuo di maschilismo, gli uomini sono abituati a trattare le donne come semplici esseri umani, e per praticità e buona educazione aspettano sempre che sia lei a fare la prima mossa.
Che se me l'avesse chiesto, l'avrei seguito mollando la mia amica e tutto. Ovviamente non me l'ha chiesto solo perché è timido e non sa le lingue, eeeh?
Che avevano ragione Simenon ed Erica Jong per i quali il treno era, in potenza, il luogo ideale per fantasie “senza cerniera”.
A beneficio dei curiosi e delle curiose dell’estetica nord-europea, aggiungerò che ogni tanto si scopre la profonda verità contenuta nei luoghi comuni: le donne nordiche più belle abitano in Svezia.
Stacco di coscia fenomenale, capelli così biondi da essere bianchi, visini dolci, carattere allegro e aperto, fino a trenta-quarant’anni possono permettersi qualsiasi mise, e lo fanno.
Con controparti di questo livello, si capisce che gli uomini passino in secondo piano, anche perché i loro lineamenti sono anch’essi dolci e infantili, per cui la loro bellezza passa direttamente da quella del bebé all'imponenza, irrobustita da birra e latticini, della mezza età.
Al contrario, le danesi, che dal collo in giù non si differenziano molto dalle vicine, hanno spesso lineamenti duri, spigolosi e respingenti; non al modo delle russe (che, si sa, sorridono poco perché a farlo passi per persona stupidotta), ma proprio perché hanno quel tipo di viso. Si tingono molto i capelli, anche con i colori vivaci dei manga, e si godono molto la vita.
I loro uomini, veri vichinghi, anche quando non sono altissimi irradiano energia vitale, e in media sono i più belli che abbia mai visto. Addirittura, nonostante la mia ben nota pedofilia latente, ho trovato gnokkissimi anche parecchi cinquantenni in trench o giacca e camicia.
Su questo punto M. ed io siamo in disaccordo, visto che lei ha trovato più belli i norvegesi. Ma io, a Oslo e Stavanger, ho visto soprattutto pelatoni inespressivi come nazisti, altri tozzi e inespressivi e basta. Le donne hanno spesso visi squadrati e sono alte e robuste come si addice a un popolo che combatte con un clima abbastanza avverso: in molte trovi il contrasto tra occhi grigi chiarissimi e capelli castani o addirittura neri.
A scanso di equivoci, qui parlo degli “indigeni” ma in realtà Norvegia, Svezia e Danimarca sono ormai società multirazziali, con punte del 25% di immigrati nella prima (che spiegano forse come un razzista come Breivik potesse trovarlo intollerabile).
Non solo, ma molti svedesi si trasferiscono in Norvegia o attraversano ogni giorno il ponte di Malmö per andare a lavorare in Danimarca, paesi che hanno risentito dell’attuale crisi molto meno della Svezia.