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La polemica sorta intorno allo spettacolo di Castellucci di qualche giorno addietro, fa risaltare la questione di un linguaggio sempre più incomprensibile di molta arte di questo periodo. Penso alla mano di Catelan , per rimanere a Milano ma a tante installazioni, cui questo ditone medio rimanda anche se stabilmente in Piazza della Borsa, come manifestazioni effimere, costruite per durare pochissimo con il solo scopo di farne conoscere l'autore a più gente possibile. Di queste manifestazioni inutili, non rimane traccia, se non qualche strascico di polemica o nei rendiconti di Comuni Provincie o Regioni finanziatori a nostre spese. Oggi accade meno, c' è la crisi, e a volte sono sponsorizzate da compagnie telefoniche o multinazionali.
Quando in questi eventi ed espressioni artistiche ci si mette di mezzo il sacro, diventa pressoché impossibile leggere l'opera, sempre lo sia, perché la confusione, in questi casi, ne diventa, volenti o meno uno degli ingredienti principali, se non il protagonista, però hanno sempre molto risalto in tutti i media per il carattere spesso ambiguo e anticattolico.
Per giudicare la bellezza e la qualità di uno spettacolo teatrale , di un dipinto o di un film, forse dotremmo chiedere ad un fornaio, a un idraulico, a un maestro elementare, a un pescatore, a un venditore di frutta e verdura oppure a un pastore e ad una casalinga e così, forse, soltanto ciò che è evidentemente bellezza potrebbe essere riconosciuta. Non tutti oggi sono in grado di comprender i linguaggi dell’arte attuale, abbiamo bisogno di un critico, di qualcuno “studiato” o che ha una buona capacita dialettica e sa interpretare, valutare, distinguere e sottolineare.
Ma la bellezza o la bontà come diceva una pubblicità del salmone in scatola, é semplice e quindi tutti dovrebbero riconoscerla, ma come per la dichiarazione dei redditi, per pagare infatti (o eludere), le tasse, serve un commercialista, per capire un’opera ormai occorre chi la spieghi completamente da cima a fondo, l’opera non è in grado da sola di farsi comprendere né tanto menodi stupire, nel senso più compiuto del termine, cioè di suscitare stupore, come accade a un bambino quando dice, facendo commuovere mamma o papà : < che belloooo!!! >
Un certo mondo dell’arte è diventato anch’esso privilegio di una casta di intellettuali, ma anche dei banchieri e finanzieri, che usano opere come fossero titoli e obbligazioni, anche se la maggior parte di queste non ha nessun vero valore d’arte, cioè non sono segno di nulla, non rimandano a nulla, non stupiscono. Un’opera d’arte è tale perche in ciò che immediatamente si vede manca l’oggetto cui questa rimanda, che in un dato istante appare, ma è dello spettatore e soltanto suo, fosse anche lo stesso autore in questa veste. Un’opera è un indicazione, dice, guarda oltre me, ciò cui anche l’autore nel momento creativo tenta di guardare. C’è sempre un oltre, e l’artista è colui che lo pre-sente e prova a svelarlo, ma è egli stesso, nel suo fare, destinatario di un dono inaspettato. Se chi dipinge, scrive o scolpisce non guarda oltre se, anche lo spettatore farà lo stesso, o almeno così succede quasi sempre, ma se un pittore o un regista vede più lontano, anche chi guarda l’opera è trasportato più lontano, a cercare più in profondità il significato della realtà; quindi al bello e al vero. Nell’arte non ci sono regole, la tecnica e sempre a servizio di una maggiore libertà, non è la tecnica un vincolo ma è necessaria quanto meno per riconoscere un maestro.
Per tornare a Castellucci, io non l’ho visto e non lo farò, penso abbia sfruttato come tanti artisti o pseudo artisti oggi, il tam tam mediatico che si eccita in situazioni di questo tipo, credo che di questa polemica ricorderemo soltanto il Salvator Mundi, dipinto da un vero maestro del quattrocento, e riguardarLo sarà una sorpresa. Sempre.
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