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La bomba del caso De Gregorio

Creato il 01 marzo 2013 da Oblioilblog @oblioilblog

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L’eventuale corruzione di Sergio De Gregorio è una questione molto più grave e molto più seria di tutti i processi subiti da Berlusconi. Più di aver corrotto la Guardia di Finanza, più di aver corrotto un giudice per prendere il controllo della Mondadori, molto ma molto di più di Ruby e del Bunga Bunga. Perché qui si parla di un parlamentare, si parla della storia recente della Repubblica e dell’Italia che potrebbe essere stata modificata a suon di tangenti.

Il Governo Prodi esce dalle urne con una maggioranza al Senato risicatissima: 165 contro i 155 della Casa delle Libertà. De Gregorio, eletto tra le fila dell’Italia dei Valori, cambia casacca il 7 settembre 2008 e il suo passaggio all’Opposizione fa perdere all’esecutivo la maggioranza assoluta. Per un po’ di tempo si resse grazie ai voti dei Senatori a vita e al percorso inverso di altri per poi cadere definitivamente il 23 gennaio 2008 a causa di un voto di fiducia terminato 156 a 161 a causa dei voti contrari dell’Udeur di Mastella, dei Liberaldemocratici di Dini, di Turigliatto e di Fisichella.

Il fantasma della compravendita di senatori ha aleggiato sulla fine ingloriosa del Governo Prodi per un po’ di tempo, ma finora non c’erano mai stati riscontri. Il lavoro dei PM di Napoli Vincenzo Piscitelli, Francesco Curcio ed Henry John Woodcock ha la possibilità di fare luce su questo episodio.

Va senz’altro apprezzata la cautela dei magistrati. De Gregorio sta collaborando dal 28 dicembre 2012 ma, opportunamente, gli interrogatori vengono fuori solo al termine della campagna elettorale. Senz’altro l’accusa di giustizia a orologeria è evitata. De Gregorio era stato salvato dal carcere il 6 giugno 2012 grazie al voto segreto dopo che in Giunta Autorizzazioni era stata approvata una relazione favorevole agli arresti domiciliari.

Senza dubbio la paura del carcere ha spinto De Gregorio a collaborare. Ma probabilmente anche la mancata rielezione ha pesato visto che Berlusconi gli aveva promesso che sarebbe stato senatore finché campava, anche se l’interessato nega, dicendo che si sarebbe comunque ritirato dalla politica. D’altronde queste ritorsioni possono succede se ci si rende ricattabili su più fronti. 

De Gregorio negli interrogatori vuota il sacco completamente, parla dei tre milioni ricevuti da Lavitola su mandato di Berlusconi, degli incontri con Ghedini, Verdini e Dell’Utri, rivela che usufruivano di finanziamenti anche altre formazioni politiche. Perché quella era in atto “la guerra per far tornare Prodi a casa, visto che aveva prevalso per una manciata di voti” e quindi ogni mezzo era buono.

Devo ammettere che l’accordo si consumò nel 2006, non nel 2007 e che il mio primo incontro a Palazzo Grazioli con Silvio Berlusconi servì a sancire che la previsione di cassa, di necessità complessiva, era di tre milioni di euro e che immediatamente partirono le erogazioni a mio vantaggio. Il primo versamento arrivò al luglio 2006, un mese dopo la mia elezione a Presidente della commissione Difesa.

De Gregorio gestiva la società Italiani nel Mondo che a quanto pare non andava molto bene, quindi chiese a Berlusconi i soldi per risanarla.

Ho ricevuto due milioni di euro in contati da Valter Lavitola a tranche di due, trecentomila euro alla volta, nell’anno 2007, peraltro avendo debiti fino al collo. Li ho versati in contati sui conti delle società e se ci andate trovato un sacco di versamenti.

Il primo abboccamento con la coalizione di centrodestra avviene il 30 marzo 2007 durante un incontro a Reggio Calabria a margine di una manifestazione politica del suo movimento.

Avendo fatto il ragionamento con Berlusconi, quel percorso di avvicinamento possibile, chiamo il senatore Schifani che era capogruppo di Forza Italia al Senato e gli dico: Renato, se mi votate io accetto i voti e mi prendo la responsabilità di farmi indicare Presidente della Commissione Difesa in alternativa alla Menapace (pacifista, mal vista delle forse armate ndr).

De Gregorio riesce a diventare Presidente grazie ai voti del centrodestra:

In commissione Difesa io continuavo a mandare indietro i provvedimenti del governo. Era sicuramente un motivo che indeboliva il governo Prodi, da questo punto di vista non c’è dubbio, perché sul piano mediatico veniva fuori che la commissione Difesa esprimeva parere contrario.

Racconta anche di essere stato a Padova, a casa di Ghedini, per parlare di Lavitola perché il faccendiere aveva chiesto soldi a nome suo. Un incontro c’è stato anche con Dell’Utri, all’hotel St. Regis di Roma, una rapida conversazione:

Guarda, Marcello, voglio soltanto dirti quali sono le cose che ho fatto per il presidente Berlusconi, in base alle quali, non volendomi candidare, credo di meritare in qualche modo un riconoscimento per il mio futuro.

De Gregorio conferma che a decidere in ultima istanza era Berlusconi e Lavitola si presentò con suo incaricato. Chiese il perché della consegna di soldi in contanti, quando si poteva versarli al partito e gli fu risposto che, siccome altri movimenti ricevevano soldi, era preferibile farlo in nero.

I racconti sono confermati dal commercialista di De Gregorio Andrea Vetromile:

Mi consta che Berlusconi la somma di due milioni e mezzo in più tranche. La somma a saldo di un milione nell’anno 2008 e 2009 è stata fatta transitare sul conto corrente intestato all’associazione o al movimento politico di De Gregorio. La somma di un milione e mezzo è stata corrisposta in contati antecedentemente all’anno 2008/2009. Mi risulta che solo il Lavitola ha consegnato a De Gregorio la somma in contanti di 450, o 500 mila euro nella sede del Parlamento. Assistetti all’operazione. Ricodo che stavo con De Gregorio nell’ufficio quando si presentò Lavitola con una borsa che sapevo era piena di soldi. Quando Lavitola entro, De Gregorio mi chiese di uscire. Dopo, quando rientrai, la scrivania di De Gregorio era piena di soldi.

I PM napoletani hanno convocato Berlusconi il 5 marzo. Il Cavaliere, dal canto suo, ha replicato sostenendo che De Gregorio abbia mentito per salvaguardare la sua libertà e ha indetto una manifestazione di piazza il 23 marzo. La cosa sconcertante è che nessuno credere che il racconto sia inverosimile.

Il compito più arduo dei giudici, nonostante le evidenze, sarà quello di dimostrare se Lavitola agiva davvero per conto e con i soldi di Berlusconi, cosa piuttosto difficile visto che il denaro girava in contanti per non essere rintracciabile. Non sarebbe la prima volta che per una mazzetta paghi l’esecutore effettivo e non il mandante, basta guardare Previti e Sciascia.

 

Fonte: Corriere


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