Novembre 1942. Il dramma dei soldati italiani e tedeschi impegnati sul fronte del Don, tra la Battaglia di Stalingrado e il folle piano di conquista dei giacimenti petroliferi del Caucaso è la trama del documentario di History channel dal titolo: La campagana di Russia. Quando la Germania dichiarò guerra all’Unione Sovietica, Mussolini decise che l’Italia non poteva essere estranea all’operazione Barbarossa ed ordinò quindi l’allestimento di un Corpo di Spedizione Italiano in Russia. Un contingente di 60.000 uomini partì per combattere l’Armata Rossa, convinti di sconfiggerla in cinque settimane, prima del rigido inverno sovietico. La propaganda li mostra mentre incuranti del freddo scartano i pacchi regalo natalizi, in realtà l’idea della guerra lampo sfuma subito.
I tedeschi chiedono a Hitler di ritirarsi, permesso negato. L’intera armata germanica è condannata a morte. I russi sferrano l’ultimo attacco. Inizia qui la ritirata. L‘inferno bianco prende il via: fame, freddo, pidocchi, senza scarpe, senza munizioni, senza coperte e tende, marce interminabili a -40 gradi. Disorientati nel bianco paesaggio, intere divisioni si muovono allo sbando, tallonati dai russi. Il caos è generale. I feriti vengono abbandonati sul campo senza assitenza, gli attacchi russi sono inesorabili e i nostri alpini combattono, ancora, con armi prive di munizioni e il vento copre con la neve i cadaveri di tutti i soldati che nella bianca terra diventano uguali. Una massa di disperati, nel gelo polare, prosegue il cammino per cercare la salvezza fuori dalla sacca in cui il nemico li ha rinchiusi, nel gelido paesaggio, affondando nel proprio sepolcro. I tedeschi si arrendono e si avviano ai gulag. Delle due armate partire alimentate dai folli disegni di Hitler rimangono dei fagotti umani che cadono nella neve per fame e cancrena. Di molti non si sa nulla, tanti i dispersi rimasti nel manto nevoso sovietico.
“Ho ancora nel na
so l’odore che faceva il grasso sul fucile mitragliatore arroventato. Ho ancora nelle orecchie e sin dentro il cervello il rumore della neve che crocchiava sotto le scarpe, gli sternuti e i colpi di tosse delle vedette russe, il suono delle erbe secche battute dal vento sulle rive del Don”. Così Mario Rigoni Stern inizia Il sergente nella neve, romanzo autobiografico sulla ritirata italiana.Una pagina di storia di straordinario valore scritta dei nostri soldati, ma che come tutte le guerre rimane una cosa orrenda, un cammino di morte e di distruzione che disonora la dignità dell’uomo.