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La casa dei sette ponti di Mauro Corona

Creato il 05 settembre 2012 da Queenseptienna @queenseptienna

La casa dei sette pontiTitolo: La casa dei sette ponti
Autore: Mauro Corona
Editore: Feltrinelli
Anno: 2012
ISBN: 9788807019074
Num. Pagine: 64
Prezzo: 7,50€
Voto:[Recensione] La casa dei sette ponti di Mauro Corona

Trama: (dal risvolto di copertina) Sull’Appennino tosco-emiliano, non lontano dall’Abetone, c’è una valle stretta e tortuosa, e in fondo una casa, una piccola casa con il tetto coperto di plastica colorata e due comignoli che buttano fumo sempre, estate e inverno. Un industriale della seta torna ai boschi dove un tempo andava a far funghi e la vede, quella casa. Malgrado il fuoco acceso sembra disabitata. È incuriosito. Entra. E lì comincia la sua avventura, che lo strappa alla mesta quotidianità del danaro e del potere per precipitarlo dentro un vertiginoso delirio, che è prova e passaggio, alla scoperta di sé.

Recensione: Questa favola mi è piaciuta molto. La storia è semplicissima, scritta però con linguaggio rigoroso, non ricercato o affettato. I personaggi (la coppia di vecchietti che abitano la casa, l’industriale della seta e altre comparse) non sono solo nomi sulla carta.

 Mauro Corona si vanta di aver letto vagonate di libri. Non stento a crederlo. Solo chi legge molto (e bene) può prendere con sicurezza la penna in mano e dar forma letteraria ai propri pensieri e alle proprie esperienze. Se la lettura dà gli strumenti, non deve però mancare la sostanza: si deve avere qualcosa da dire, da esprimere. La lettura, le parole, sono per Mauro Corona simili alla raspa e allo scalpellino. Per il resto non devono mancare l’argilla, o un ciocco di legno cui dar forma.

Ciò cui Mauro Corona dà forma è una storia raccontata molte volte e nei modi più diversi. A darvi inizio è una casetta che poteva passare inosservata. Per la particolarità del tetto (coperto da robusti teli di vari colori), essa poteva al massimo suscitare un po’ di curiosità, né più, né meno. Per l’industriale della seta diviene invece un richiamo caparbio e trascinante:

È un esempio di resistenza alle avversità della vita, alla corrosione del tempo, alla povertà accettata in silenzio. Quella casa comunica l’idea del vivere appartato e fiero di qualche anima solitaria che non chiede niente a nessuno.

Non manca un tesoro, o una verità da conquistare affrontando una serie di prove rischiose, nelle quali si può cadere senza tanti se e tanti ma. Il risultato non è certo, né addomesticabile: a differenza della vita di tutti i giorni non si può barare, non si può mandare avanti un altro o approfittare di scorciatoie.

Le prove altro non sono che l’avventura dell’esistere. Sono lo scopo stesso della vita, volendo, perché la riempiono, le attribuiscono un senso. Alla fine c’è un premio, il raggiungimento di una meta, quella vera, che permette di leggere tra le righe, scoprire un bandolo di una matassa che è sufficiente tirare.

Il tesoro, la verità conquistati dal protagonista di questa storia non appartengono ad altri. Nessuno, a parte lui, può farli propri. C’è riuscito per proprio merito e avvedutezza, è andato avanti senza retrocedere: cosa che rende il lieto fine né scontato, né banale.


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