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La censura di Milano

Da Dimasi

La Provincia di Milano censura Pasolini "Via quello spettacolo, non è educativo" La censura di Milano A trentacinque anni dalla sua morte, c’è ancora qualcuno che considera Pier Paolo Pasolini un cattivo maestro. Sembra pensarla così l’assessore alla Cultura della Provincia di Milano, Novo Umberto Maerna, che si è assunto la responsabilità di vagliare gli spettacoli da inserire in "Invito a Teatro", la trentennale iniziativa della Provincia (oggi governata dalla giunta di centrodestra del pdl Guido Podestà) che prevede un abbonamento trasversale a prezzo politico ai teatri milanesi di produzione.
Dal suo punto di vista, alcuni titoli potrebbero veicolare messaggi negativi. E poco importa che si tratti di autori consacrati come Pasolini. Un esempio? Orgia di Pasolini, in programma per la prossima stagione all’Out Off. Mino Bertoldo, direttore del teatro, è stato convocato negli uffici di piazza Oberdan e, tramite un paio di funzionari, gli è stato garbatamente suggerito di sostituire quel titolo con un altro. Motivo? «Mi hanno detto che sarebbe meglio non toccare temi scabrosi come l’omosessualità. Una cosa imbarazzante, qui si sta parlando di Pasolini».
Ho scelto appositamente un'immagine forte, mi sono davvero stufata di sentire notizie come queste in cui si permette ad uno stato di interferire su questioni culturali. Non ho riportato l'intero articolo per ragioni di spazio e argomenti trattati, ma non è l'unico spettacolo censurato. Uso questo termine perché di altro non si può parlare. Censura.  La dittatura ormai dilaga, fa parte del nostro mondo, dei problemi con cui dobbiamo fare i conti. "Non rientra nella politica della Regione, non sono temi educativi e positivi per i giovani". Questa la giustificazione. Perfetto! Allora impegnamoci tutti a creare un mondo Mulino Bianco in cui i temi della vita non vengono affrontati, continuiamo a parlare di campi di grano (ah no, ma questa è la canzone scritta da un altro che non è morto molto bene!) e di Campagnole e Abbracci (intesi come biscotti). Magari così un domani avremo finalmente una massa di giovani decerebrati ed incapaci di far uso dei neuroni di cui pur il loro cervello è dotato. Togliere la cultura ad un popolo che già ora fatica a farne un uso corretto, preso com'è dall'inedia della vita, dal consumismo facile e dalla pigrizia mentale significa privarlo degli ultimi stimoli utili ad aiutarlo a ragionare. Togliere pezzi di teatro perché "non veicolano messaggi positivi per i giovani" è la più grande ipocrisia che io abbia sentito in questi ultimi mesi (e aggiungo purtroppo sono solo mesi!).


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