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La Cina annuncia un aumento del budget militare: risposta agli Usa?

Creato il 05 marzo 2012 da Worldobserver @W_ObserverNews

Pubblicato da Lello Stelletti il 5 marzo 2012 · Lascia un commento 

La Cina annuncia un aumento del budget militare: risposta agli Usa?

Una foto del J-20, il caccia stealth cinese

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La Cina ha annunciato che aumenterà la sua spesa militare dell’11,2% nel corso del 2012. Una scelta che sembra una chiara risposta al programma per la Difesa annunciato dagli Stati Uniti e un’ulteriore conferma, qualora ce ne fosse il bisogno, che Pechino vuole recitare un ruolo sempre più importante a livello regionale e non solo, senza perdere terreno proprio a favore di Washington. La nuova direzione intrapresa in politica estera intrapresa dall’establishment statunitense, infatti, guarda con decisione verso l’area del sud est asiatico. L’annuncio cinese è arrivato poco prima dell’inizio dei lavori dell’Assemblea nazionale del popolo, la camera legislativa della Repubblica Popolare, è ha sotto gli occhi lo sguardo attento dei Paesi vicini regionali, preoccupati dalla crescente capacità della Cina di proiettare forze oltre i propri confini.

Secondo quanto specificato da diversi funzionari del governo cinese, questo aumento delle spese militare è perfettamente in linea con un’economia in crescita e non rappresenta una minaccia per gli assetti regionali. “Il governo cinese ha mantenuto una crescita ragionevole e ha adeguato le spese della Difesa, grazie al rapido sviluppo economico e sociale e al costante aumento di entrate fiscali”, queste le parole del portavoce dell’Anp, Li Zhaoxing. La Cina spenderà 106,4 miliardi di dollari per la Difesa nel 2012, e rappresenta ancora una parte di ciò che gli Stati Uniti spendono per lo stesso settore. A dicembre, infatti, il Congresso statunitense, ha approvato un bilancio da 662 miliardi di dollari per le spese militari. In realtà, un confronto reale risulta improbabile dato che la spesa effettiva per queste attività è maggiori rispetto alle cifre divulgate pubblicamente.

La crescita annuale della Cina per quanto riguarda l’apparato militare è stata in media del 10% nell’ultimo decennio, con variazioni di anno in anno. Dal 2006 al 2008, infatti, l’aumento medio annuale è stato del 18%, ma è anche sceso al 7,5% nel 20120, a causa della fase di recessione economica globale. In questo periodo, Pechino ha avviato numerosi programmi per lo sviluppo di materiale bellico, tra cui un Jet stealth, il J-20, e una portaerei, la Varyag, acquistata dalla Russia. La crescita economica della Repubblica Popolare ha ampliato i propri interessi economici, ora più internazionali che mai. Cittadini cinesi lavorano in tutto il mondo, in particolare nel settore minerario e delle trivellazioni energetiche, e spesso si trovano in Paesi decisamente instabili. Questa situazione pone il governo sotto pressione di fronte alle loro richieste di protezione.

Solo un anno fa, la Cina ha evacuato 30mila lavoratori impegnati in attività di estrazione e raffinazione petrolifera dalla Libia nei primi giorni della guerra civile che ha coinvolto il Paese nordafricano nel 2011. All’inizio di quest’anno, invece, decine di lavoratori cinesi sono stati rapiti da gruppi di ribelli nel Sudan mentre erano impegnati nella progettazione e costruzione di un’autostrada. Situazioni simili nel corso di questi ultimi anni hanno sollevato la questione della maggiore tutela per i cittadini cinesi situati oltre i confini nazionali per questioni lavorative. Già nel 2009, infatti, la Marina militare di Pechino aveva inviato la sua prima missione navale per combattere la pirateria nella acque al largo della Somalia.

Ma tralasciando le questioni patriottiche, o presunte tali, la Cina è anche coinvolta in diverse dispute territoriali di lunga data con diversi vicini sia nel Mar Cinese meridionale, sia in quello orientale. Alcune di queste contese sono tornate alla ribalta recentemente, in particolare riferimento alla possibilità intravista da Pechino di assicurarsi significativi depositi di petrolio e gas naturale sottomarini in queste aree. Di energia, è cosa nota, a Pechino sono particolarmente ghiotti e questo dettaglio ha notevolmente aumentato la posta in gioco in queste divergenze. La questione aperta con il Giappone per le isole Diaoyu (Senkaku per Tokyo), e le varie controversie con Vietnam e Filippine nell’area meridionale sono solo alcune delle questioni territoriali che coinvolgono i cinesi.

Proprio da Tokyo, intanto, fanno sapere che la Cina verrà tenuta sotto osservazione, in particolare per le sue spese militari. Secondo il governo giapponese, infatti, Pechino ha l’obbligo di essere più trasparente attraverso il dialogo e lo scambio di informazioni su queste attività. Proprio riguardo alle Diaoyu-Senkaku, il gruppetto di isolotti disabitati nel Mar Cinese orientale, il Giappone ha reso noto sabato di aver dato dei nomi nipponici alle 39 isole più disabitate intorno all’arcipelago. Queste dichiarazioni hanno irritato la Cina che ha deciso per contromossa di diffondere dei nomi cinesi per le 70 isole intorno a quelle contese, ribadendo peraltro l’impossibilità di accettare una nomenclatura giapponese per quest’ultime. La disputa, insomma, resta aperta, e, tralasciando queste vicende legate ai nomi, il Giappone non vorrebbe porre ostacoli alla crescita dei rapporti con la Cina, pur non volendo, allo stesso tempo, cedere il passo sulla sovranità delle Diaoyu-Senkaku.

Il fatto che l’aumento del budget cinese per le spese militari sia individuabile come una semplice risposta all’avanza americana nel sud est asiatico, quindi, risulta riduttiva. La Cina ha i suoi interessi regionali, non solo in termini di questioni territoriali, ma anche in riferimento alla volontà di porsi come attore predominante nell’area. Un altro punto che non si tiene in considerazione è, come già citato, il costante aumento degli ultimi anni del bilancio della Difesa. In generale, in definitiva, questa crescita negli investimenti militari segue da vicino gli aumento del bilancio complessivo del governo cinese. Quindi, seppure è vero che Pechino tiene in considerazione la crescente presenza militare statunitense nella regione, per esempio i Marines di stanza nel nord dell’Australia, non esiste una volontà reale di “rispondere” a Washington, dato che l’aumento delle spese cinesi resta in linea con la media degli ultimi dieci anni.

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