Il 31 luglio scorso tutta la stampa italiana ha riportato la notizia del nuovo default argentino. Titoloni e titoloni sul Paese latinoamericano nuovamente insolvente, su uno Stato che per la seconda volta in 13 anni si ritroverebbe in bancarotta. La narrazione (tossica) era ovunque identica: l’Argentina inaffidabile che ancora una volta colpiva il mercato. Ma se abbandoniamo gli occhiali dei media main stream e dell’ideologia neocapitalista occidentale, scopriremmo che se c’è un “non colpevole” in questi 13 anni è l’Argentina.
O, per essere più precisi, la colpa dell’Argentina è una sola: resistere al Fondo Monetario Internazionale e alla Banca Mondiale e aver abbandonato il ruolo di loro “allievo modello” dopo anni e anni. Perché l’Argentina di Menem fu per 10 anni la più fedele esecutrice degli ordini delle due istituzioni internazionali specializzate nel “commissariare” Stati e devastarne l’economia reale e il tessuto sociale.
13 anni fa il popolo argentino spezzò quest’egemonia e decise di riprendersi il suo destino: nel giro di due settimane addirittura si avvicendarono 4 Presidenti e meno di due anni dopo ebbe iniziò la presidenza Kirchner. Nazionalizzazione di alcune imprese (e altre che furono fatte rinascere e autogestite dagli operai), stabilizzazione economica, abbandono definitivo della “scuola” di FMI e Banca Mondiale, ristrutturazione del debito con accordi internazionali a cui aderirono il 92.4% dei creditori, e l’Argentina rinacque.
Mentre l’Argentina si rifiutava di pagare il costo dell’era Menem e delle ricette devastatrici di Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale, decidendo di mettere le sorti del proprio popolo davanti agli interessi dei satrapi dell’economia mondiale, la prima pagina di un settimanale italiano (impegnato nel volontariato, nel terzo settore, nella solidarietà internazionale, nell’economia sociale e tanto altro ça va sans dire) fu dedicato ai “cattivi” servizi segreti argentini che avrebbero avuto il compito di spiare i “poveri” responsabili di alcune associazioni di consumatori che non volevano accettare l’accordo, volendo quindi imporre il pagamento integrale dei debiti dell’allievo modello Menem. Che uno scenario del genere, nel Paese di Portella della Ginestra, di Gladio, della P2, dell’Anello, del Kossiga che infiltrava provocatori di Stato nelle manifestazioni sociali e politiche per favorire la repressione più violenta, delle stragi neofasciste e di mafia sostenute dalla collusione di pezzi più o meno deviati dello Stato, appaia a dir poco surreale fu un dato totalmente trascurato.
Ma i fondi speculativi internazionali, il ricco Occidente e il duopolio neocapitalista non hanno mai fino in fondo accettato la ribellione del Paese di Diego Armando Maradona e del dott. Ernesto Rafael Guevara de la Serna. Ed è arrivata la vendetta, grazie ad un giudice federale USA a cui si sono rivolti due fondi speculativi e che ha condannato l’Argentina. Il dirigente di uno di questi due fondi ha affermato che erano state proposte “numerose soluzioni creative” ma che il governo argentino le ha rifiutate. Peccato che il dirigente in questione si è dimenticato di due piccoli dettagli: spiegare perché solo il 7.6% dei creditori argentini non ha voluto accettare la ristrutturazione proposta dal governo (e parliamo non di “poveri risparmiatori” ma dei più ricchi creditori mondiali …) e che le “soluzioni creative” per anni e anni sono state imposte all’Argentina da FMI e Banca Mondiale fino a massacrarla socialmente ed economicamente. Ma oggi, come ha sottolineato il prof. Gennaro Carotenuto (http://www.gennarocarotenuto.it/27638-strano-default-dellargentina/), l’Argentina non ha più nulla dei tempi di Menem.
“In questo decennio ha rialzato la testa in tanti modi, innanzitutto tornando ad essere un paese più giusto, con lo Stato che ha ripreso il suo posto, con una politica dei diritti umani modello per tutto il mondo e tornando ad essere un attore dell’economia internazionale” e “ha la solidarietà di tutta l’America latina integrazionista, dal Brasile al Venezuela, ma anche di paesi come il Messico e la Francia, oltre che di grandi paesi come la Cina e istituzioni come il G77 e perfino della Unctad”.
Parafrasando la chiusura dell’articolo del prof. Carotenuto, sono tornati a volare gli avvoltoi degli Anni ‘90 nel cielo di Buenos Aires ma rimarranno a digiuno. L’Argentina oggi non è più di proprietà degli eredi dei Chicago Boys di Pinochet, è uno Stato che adempie i propri impegni reali di pagamento (tre giorni prima del presunto default ha versato 650 milioni di dollari al “Club di Parigi”, a proposito del fallimento e dell’inaffidabilità del Paese…), ha ricostruito il proprio tessuto economico e sociale, è protagonista del risveglio latinoamericano ed ha definitivamente mostrato al mondo (o almeno a chi vuol vederlo e non si accontenta delle “verità preconfezionate”, parafrasando Dé Andre, dei mass media neoliberali ma non liberi…) che esiste un altro mondo possibile (più giusto, più equo, più umano e nettamente migliore) rispetto all’ortodossia monetarista e al modello neocapitalista. No, l’Argentina non è fallita, l’Argentina è resistente rispetto all’impero dei “tecnici” di Banca Mondiale, Fondo Monetario e della finanza occidentale…
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