Magazine Per Lei

La conchiglia di frida

Creato il 01 giugno 2012 da Nina
Quel che amo delle conchiglie è che sono nude. Siete voi che le spogliate - con amore e cura - di ogni ornamento inutile, che serve solo a coprire l'essenza, a nascondere la verità. Quel che adoro delle conchiglie è che sono trasparenti, ci puoi guardare dentro e leggerci una storia, che è cento, mille storie insieme. In Una. Quel che mi affascina delle conchiglie è che riflettono la luce e la spargono intorno con generosità, inondando la realtà che le circonda, contagiandola di nuova vita. Quel che mi meraviglia delle conchiglie è che hanno tante facce e dentro ognuna puoi trovarci un pezzo di te, una parte di me: il senso più alto del Noi.  Perché quando speriamo, quando desideriamo, quando sogniamo, quando soffriamo, noi lo facciamo insieme, in tante...e lo facciamo forte.  Questa di oggi è una sintesi perfetta della realtà, racchiude in sé le esperienze che una donna diversamente fertile si trova a vivere, impreparata, facendo i conti con l'esterno, con le sue chiusure, le sue strette vedute, i suoi pregiudizi. Storia di sogni che crollano e si schiantano al suolo, di rinascite continue, di cado e mi rialzo più forte di prima. Ed è qui, su questa immagine che mi voglio fermare per lasciarle la parola, perché quel che c'è dopo, il resto, deve ancora venire. Deve ancora arrivare. Ogni stop...è solo un altro start. La vita non si ferma...   (cantavano i Casino Royale). LA CONCHIGLIA DI FRIDA Illustrazione di Francesca Ballarini * Da tanto tempo penso di scrivere la mia conchiglia ma non so mai da dove cominciare. Vediamo...è un po' come con i temi a scuola...il problema è iniziare poi tutto scorre più facile. Ho 30 anni e da quasi tre sono alla ricerca del mio bambino. Tre anni fa io e il mio attuale marito decidiamo di andare a convivere e quasi da subito decidiamo di avere un figlio anche se in quel momento le nostre vite erano un po' incasinate visto che entrambi lavoravamo lontano e passavamo più tempo in macchina che a casa. Passano i primi mesi, i primi bellissimi mesi in cui finalmente fai l'amore senza pensieri, e come potete immaginare ogni volta io credo che sarà quella giusta, avrò sprecato decine di test di gravidanza in quel periodo. Mi dicevo “se non è ora, sarà il prossimo mese”, convinta com'ero che al massimo in 8 – 10 mesi, se mi andava male, avrei avuto fra le mani il mio bel test positivo. Invece i mesi passavano e la lineetta restava sempre sola su quel cavolo di test. Comincio ad agitarmi, non era possibile! Tra l'altro proprio dopo il primo mese parlai del mio desiderio di un figlio con un'amica, anche lei lo desiderava e mi disse che se convinceva il marito voleva iniziare a cercarlo anche lei, ci salutammo con la promessa di tenerci aggiornate. Come immaginate io avevo ben poco da aggiornare invece dopo 3 mesi dal nostro incontro vengo a sapere da amici comuni che lei era incinta e di 3 mesi! Praticamente ci era riuscita subito, al primo tentativo. Non vi dico che botta, che delusione. Ora il suo bambino è adorabile, gli voglio tanto bene ma non posso fare a meno di pensare quando lo guardo che il mio bambino avrebbe la sua età se anche per me fosse arrivato subito. In quegli stessi mesi in cui l'ansia cresceva il mio lavoro si incasina. Io non ce la facevo più, ero sull'orlo di un esaurimento nervoso, ero dimagrita tantissimo, a ogni appuntamento mensile avevo crisi di pianto, insomma non stavo più bene. Decido di lasciare il lavoro, a malincuore perché mi piaceva tantissimo ma davvero l'ho dovuto fare per la mia salute. A quel punto le amiche e i familiari tutti a dirmi “vedrai che ora arriva, prima eri troppo stressata”. Invece continuano a passare i mesi... e ogni mese la solita trafila di sintomi, ogni minuto andavo in bagno a tastarmi le tette per sentire se erano mosce o gonfie, cercavo sulla carta igienica eventuali tracce di un impianto, insomma a raccontarla così sembro una psicopatica ma è la realtà! La ginecologa continuava a ripetermi di stare tranquilla, che andava tutto bene (avevo fatto nel frattempo qualche monitoraggio e i dosaggi ormonali) e che era solo questione di tempo. Io uscivo dal suo studio camminando a tre metri da terra convinta davvero che il mese dopo sarebbe stato quello buono. Ricordo che una visita capitò proprio il giorno della festa del papà e io uscita da lì con la solita rassicurazione andai in un negozio a comprare un regalo per il mio compagno e la sera glielo diedi dicendo che era per la festa del papà perché ero sicura che lui lo sarebbe diventato presto. Se ci ripenso sento tanta tenerezza nei confronti di quella ragazza che ero io appena qualche mese fa, quella che ancora ci sperava, quella che ancora credeva che avere un figlio per lei sarebbe stato solo appena appena più difficile ma che era solo questione di tempo, quella che si illudeva, che sognava ad occhi aperti e che ci credeva ogni mese...quella che oggi non sono più. Abbiamo passato mesi e mesi a seguire gli stick ovulatori, a farlo un giorno sì e uno no, tutti i giorni, a mettere le gambe in su, a farlo di mattina perché è meglio, a farlo a comando anche se non ne avevi proprio voglia e eri stanca e volevi solo dormire. E poi ogni mese la sentenza. E allora vai con le paranoie “e forse quel giorno ho sollevato un peso e ho compromesso tutto, e forse quando la linea destra compare sullo stick lo dobbiamo fare la sera stessa, o forse no, quando la destra inizia a colorarsi aspettiamo il giorno dopo, e forse quel mese che ho avuto due giorni di ritardo ho avuto un aborto precoce, e forse quel giorno ho bevuto il vino e non dovevo...”. Era diventato un incubo, il rapporto col mio compagno ne stava risentendo pesantemente. Io reagivo piangendo, disperandomi, lui si chiudeva in se stesso ma era evidente che non eravamo più felici. Dopo un anno di tentativi lui fa lo spermiogramma e il risultato è buono. Allora perché non succedeva niente? Forse davvero dovevamo solo aspettare, forse era vero come ormai mi raccontavano tutti che un anno di attesa è normale, che una zia ci aveva messo due anni e un'amica di un'amica pure, quell'altra era rimasta incinta quando proprio non ci pensava più, quell'altra durante la vacanza perché pure lei si era rilassata... Mi mancava da fare solo la famigerata sonosalpingografia ma decido di rimandare, me la faccio sotto dalla paura!  Era l'inizio dell'estate e decido di far passare un paio di mesi, naturalmente la mia speranza era di rimanere incinta e di poter così evitare l'esame. Invece l'estate passa e io a settembre prendo in mano la situazione, sonosalpingografia sia! Quella mattina nello studio privato la dottoressa eseguendo un'ecografia preliminare vede un versamento di liquido e stoppa tutto. Mi terrorizza parlando di infiammazione in corso e mi prescrive i tamponi. Non vi dico in che stato esco dallo studio. Faccio i tamponi e risulto positiva all'ureaplasma. Mi incavolo non poco, in un anno nessuno mi aveva mai prescritto un tampone e chissà da quanto tempo quella robaccia stava lì! E si riparte col teatrino delle rassicurazioni “ vedrai che era quella a impedire il concepimento, una volta fatta la cura antibiotica resterai incinta”. Ma io ormai ero stanca di rassicurazioni, ero stanca della mia ginecologa che si era mostrata così approssimativa, ero stanca di stare con le mani in mano. Decido di prendere in mano la situazione ma sono nella confusione più assoluta, non sapevo davvero da dove cominciare né cosa fare. L'unica cosa che mi viene in mente è telefonare a un'amica che fa il medico e chiedere un consiglio, un consiglio qualsiasi, a lei. Lei mi da il numero di un nuovo ginecologo. Lo chiamo e solo in quel momento scopro che dirige un centro di procreazione assistita che io neanche sapevo che esistesse. Finalmente sentivo di fare qualcosa per raggiungere il mio bambino. Io al mio primo centro di pma ci sono arrivata quindi un po' per caso altrimenti in quel momento ci si inoltra in una giungla di informazioni disparate e anzi la cosa più difficile è arrivare ad avere certe informazioni su medici e centri vari, ricordo pomeriggi interi passati su internet a studiare, a cercare... Il gine subito mi fissa un appuntamento e mi prescrive l' isterosalpingografia da fare nel suo ospedale.  A gennaio dello scorso anno la faccio, è più semplice di quanto pensavo ed è più la paura che l'effettivo dolore dell'esame. Fortunatamente le tube sono pervie ma il ginecologo dice che se in due anni una gravidanza non è arrivata è il caso di procedere con le iui. Così inizio la stimolazione e procediamo con le iui, tre tutte di seguito. E tutte negative. Un altro inverno duro, ogni volta un'illusione e ogni volta la botta è più grossa. Ho il sedere a bolli e bozzi per le punture ma nessun risultato positivo. Ingrasso anche di 10 chili un po' per gli ormoni un po' per il nervoso che mi fa mangiare in maniera sregolata. All'ultimo colloquio il medico ci iscrive alle liste di attesa chilometriche per inseminazione in vitro. Esco di lì distrutta. Non mi aspettavo di arrivare fino a lì, non credevo che sarebbe stato così difficile quel percorso iniziato con tanta speranza e amore. Allora era proprio vero che noi per avere il nostro bambino avremmo dovuto ricorrere alla procreazione assistita! Per me quell'ultimo colloquio fu come un lampo di luce sulla nostra situazione, come se fino a quel punto si fosse scherzato... per me fu come una sentenza. Usciti da lì, ho l'immagine viva in mente come se fosse ieri, andammo a mangiare in un locale dove andavamo sempre dopo le iui. Quelle volte con la speranza nel cuore, con lui che mi trattava con attenzione e mi accarezzava la pancia, con me che credevo che dentro di me stesse nascendo la vita. Quella volta invece stavamo zitti, io volevo sparire, mi sentivo in gabbia. Le liste di attesa ci rimandavano a un anno dopo, in un primo momento fu dura accettarlo ma poi parlando e ragionando decidemmo di sfruttare questa pausa per riprenderci un po', per ripensare un po' a noi, alla nostra coppia che così tanto aveva perso in quei lunghi mesi. Abbiamo dedicato la primavera e l'estate a noi stessi e anche ad organizzare il nostro matrimonio. Io ho ripreso a volermi bene, mi sono rimessa in forma, ho pensato e riflettuto tanto e ora mi sento più pronta ad affrontare il mio percorso. D'altronde ognuno ha i suoi tempi ed era giusto che io mi prendessi i miei senza forzare la mano. Io e mio marito, insieme, siamo tornati a sorridere. A settembre abbiamo fatto un colloquio in un altro centro e ora siamo in attesa dei risultati di alcuni esami per poter partire con la prima fivet anche se privatamente. La cosa più dura in questi tre anni? Andare avanti nonostante tutto rema contro, i costi, i tempi ma soprattutto il giudizio delle persone. Anche le più care non riescono a capire, per loro se non c'è nessun problema evidente non ha senso tentare con la pma, è sempre e comunque solo questione di tempo anche se tu gli dici cento volte che sono tre anni che aspettiamo. Per loro devi solo rilassarti e non pensarci e questa cosa mi fa imbestialire perché oltre al dolore dovrei avere anche il senso di colpa di essere io la causa di tutto, è colpa mia perché non mi rilasso, perché sono fissata. Ma non c'è niente da fare, se ho capito una cosa in questi tre anni è che se non ci si passa non si potrà mai capire. Non si può capire come ti senti quando vedi le altre che restano incinte tra un po' solo col pensiero, quando vedi i figli delle tue amiche nascere e poi crescere e tu invece sei sempre lì sola col pensiero del tuo bambino che ancora non c'è. Passano i Natali, le feste della mamma e del papà e ogni volta pensi che la prossima festeggerai davvero perché sarai finalmente incinta invece tra poco sarà il terzo Natale da soli. Passi davanti le vetrine dei negozi per bambini e entri solo per comprare i regali per gli altri. E guai a dire che vedere la nascita degli altri bambini, per quanto tu possa voler bene a loro e alle loro mamme, ti fa anche sentire il cuore chiuso in una morsa. Cosa sei invidiosa? E allora ancora sensi di colpa perché non devi fare così, non è giusto, sei diventata cattiva e invece sei solo umana. La cosa che mi ha dato questo percorso? La consapevolezza dell'amore che unisce me e mio marito, una maggiore fiducia in me stessa perché anche quando credevo di non farcela poi ce l'ho fatta, una rete di conoscenze diventate amicizie nate su internet condividendo i nostri stessi problemi, non ultima Nina. Le cose che vorrei raccontare sarebbero ancora tante soprattutto per quanto riguarda i rapporti con gli altri, davvero le difficoltà più grandi le incontro lì, con le persone che non riescono ad essere almeno un po' empatiche e sanno solo giudicare senza capire, e poi ancora oggi la pma viene vista un po' come fantascienza perché non se ne parla e io per le mie amiche sono quasi un'aliena e sicuramente se altri sapessero del mio percorso penserebbero che sono un mostro, che voglio forzare la natura, che sono strana...quanta ignoranza che c'è ancora su questo argomento e dico grazie a chi come Nina permette di parlarne anche per noi che così ci sentiamo meno sole. Adesso diciamo che sono ancora all'inizio del mio percorso nella pma e spero nei prossimi mesi di avere sempre la forza di andare avanti, di vincere le mie paure (perché la paura è tanta!) ma soprattutto, più di ogni altra cosa, spero che il mio bambino mi tenda la mano. Aggiornamento di maggio La mia conchiglia si chiudeva con l'augurio di avere la forza di andare avanti e vincere le mie paure. Posso dire adesso dopo alcuni mesi che ho trovato in me una forza che non credevo di avere, sono riuscita non a vincere le paure ma metterle in un angolino, loro sono sempre lì ma io vado per la mia strada. Ho affrontato da poco la mia prima icsi e purtroppo non posso concludere la mia conchiglia con una bella notizia.  É andata male. Forse se i miei puntini fossero ancora con me parlerei in maniera diversa, direi che alla fine si può fare, che quando ti ci trovi dentro non è come pensi, i giorni passano e ti ritrovi al pick up in un momento e in un momento sei già al transfer. Invece ora se ci penso mi rendo conto che è un percorso duro psicologicamente. Ho pianto tanto la sera in cui dovevo fare la prima puntura, ho pianto dopo il pick up, ho pianto e ancora piango per il negativo. Però se dovessi fare un bilancio dovrei anche dire che è vero che passa tutto in fretta, è proprio vero che fatto il primo passo tutto è più facile, che sono molto orgogliosa di me stessa perché ce l'ho fatta, che l'amore tra me e mio marito e il nostro rapporto ne è uscito rafforzato, che ho sentito vicino l'affetto di tante donne, di donne che lottano e mentre lottano si tengono la mano. Tra qualche mese proverò ancora. Non voglio dire di nuovo che spero che il mio bambino mi tenda la mano perché so che quando sarà il suo momento lui arriverà e quando sarà nato e io e mio marito lo guarderemo sapremo che è proprio lui nostro figlio e che se non è arrivato prima è perché proprio lui, non un altro, proprio lui, stavamo aspettando.

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