In una recente intervista del capo economista del Fmi (Fondo monetario internazionale) Olivier Blanchard ha ribadito che Italia e Spagna si decidano a chiedere aiuto all’Europa, assicurando così i processi di aggiustamenti dei loro bilanci. Il nostro governo Monti è fieramente contrario, perché il bilancio dello Stato è migliore di quello spagnolo e soprattutto perché raggiungerà l’equilibrio strutturale entro il prossimo anno; ma dimenticando che anche in presenza di un pareggio di bilancio strutturale le necessità di rifinanziamento del nostro debito pubblico continueranno ad essere enormi (oltre i 400 miliardi nei prossimi due anni) con rischio evidente di contagio sistemico.
Tutto ciò in presenza di un piano della Bce (Banca Centrale Europea) che ha varato un piano di acquisto di titoli di Stato (Omt) per cui tutti gli Stati indebitati debbano accettare la sorveglianza sulle loro leggi finanziarie e sui loro bilanci, con ovvia cessione di sovranità “ a livello europeo”. Su questo punto Draghi ha aggiunto che “molti governi non hanno ancora capito di aver perso la loro sovranità nazionale da tempo perché si sono pesantemente indebitati e sono alla mercé dei mercati finanziari”. Ecco perché Draghi appoggia il ministro delle finanze tedesco Wolfang Schàuble, secondo cui occorre un supercommissario Ue che possa contemporaneamente supervisionare, con veto, i bilanci nazionali sovrapponendosi ai ministri dell’economia dei singoli stati; una vigilanza non solo transitoria ma permanente in cambio di un cedimento di sovranità ad un supervigilante non solo contabile, che sia nel contempo compatibile al consenso della sub dominante Germania.
Draghi difende a spada tratta l’euro con l’unica condizione possibile: che gli stati ad alto debito subiscano gli interventi di stabilizzazione finanziaria con l’acquisto di titoli degli Stati con l’obbligo che mantengano e riducano il loro rapporto debito/Pil in modo non transitorio ma permanente e nonostante un Monti di casa nostra che preme sulle imposte anziché sulla crescita economica e sul rilancio degli investimenti, persistendo con caparbietà demenziale a seguire la linea politica delle “lacrime e sangue”.
Gianni Duchini, novembre 2012