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La controversa via romana dedicata a Giorgio Almirante. Io dico che si può e si deve

Creato il 11 febbraio 2012 da Iljester

La controversa via romana dedicata a Giorgio Almirante. Io dico che si può e si deve

La critica che viene mossa contro Giorgio Almirante è la sua adesione al manifesto della razza nel 1938 e la sua collaborazione alla rivista La difesa della razza. Entrambi i motivi (indissolubilmente legati) vengono utilizzati dalle associazioni partigiane e dalla Comunità ebraica per ostacolare l’iniziativa toponomastica che riconoscerebbe l’indubbio valore politico di Giorgio Almirante nel dopoguerra.

Eppure niente. Anche recentemente — nonostante Roma sia amministrata da un ex missino (Gianni Alemanno) — il tentativo di dedicare al carismatico segretario del MSI una via romana è stato vano. Comunità ebraica e sinistra, reduci partigiani (ma perché?, ce ne sono ancora?) non vogliono. Emblematica è la dichiarazione della Comunità Ebraica: «Le vie si dedicano solo a uomini meritevoli.»

Già, è vero. Si dedicano agli uomini meritevoli. Ed è qui il problema. Giorgio Almirante è meritevole di una via in Roma? La sua colpa — che nessuno nega — è di avere sposato le tesi razziali negli anni della sua gioventù, nonostante egli andò poi a dichiarare negli anni ’50 di aver superato la sua adesione al movimento razzista per ragioni umane e concettuali, per uno di quei superamenti di coscienza ai quali bisogna pur pervenire se si vive con piena onestà la propria fede e la propria dottrina.

Quale politico italico — ben presente nella toponomastica, fino ad affollarla — ha mai fatto dichiarazioni di ritrattazione delle proprie errate convinzioni e dei propri convincimenti, o delle proprie idee sballate? Ricordiamo Palmiro Togliatti, per esempio. Egli negò la propria italianità e negò la patria italiana, esaltando le virtù del regime comunista sovietico. Disse:

È motivo di particolare orgoglio aver rinunciato alla cittadinanza italiana perché come italiano mi sentivo un miserabile mandolinista e nulla più. Come cittadino sovietico sento di valere diecimila volte più del migliore cittadino italiano.

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Eppure Togliatti è praticamente in ogni toponomastica. Esistono grandi vie dedicate a questo politico comunista, nonostante egli tacette sugli eccidi dei partigiani comunisti ed esaltò Tito come un novello Garibaldi, appoggiando le pretese jugoslave sulla Venezia Giulia dalle quali scaturirono poi le Foibe e l’eccidio di Porzûs. Addirittura, secondo la testimonianza dello stesso Pietro Ingrao (La Repubblica, 15 febbraio 1996), fu persino soddisfatto quando i carroarmati sovietici entrarono in Ungheria, e votò a favore della condanna a morte  dell’ex presidente del Consiglio ungherese Imre Nagy e del generale Pal Maleter, ministro della Difesa, rei di aver tentato la «controrivoluzione fascista» che non era altro che il tentativo di ripristinare uno stato democratico.

Mi chiedo: se la toponomastica vale per quest’uomo politico che io considero indegno delle vie italiche che gli hanno dedicato, perché non dovrebbe valere per Giorgio Almirante, che si limitò negli anni giovanili a spalleggiare una teoria strampalata sulla razza e che per quattro decenni — quattro decenni — sposò una politica filo atlantica e filo israeliana?

Ma non è finita qui. Giancarlo Perna scrive una biografia non autorizzata su Eugenio Scalfari (fondatore di Repubblica) e rispolvera i suoi scritti giovanili dell’epoca fascista, quando il grande giornalista (!) simpatizzava ancora per Mussolini e il fascismo. Tra questi scritti, eccovi quello dal titolo Volontà e Potenza. Scrive il giovine Scalfari:

Gli imperi quali noi li concepiamo sono basati sul cardine di razza escludendo perciò l’estensione della cittadinanza da parte dello Stato Nucleo alle altre genti.

Eppure oggi Scalfari e coccolato da sinistra e partigiani. Ma il fondatore di Repubblica non è il solo. Si aggiungono altre penne e politici più o meno noti. Da Giorgio Bocca (celebre fu il suo articolo ‘I protocolli dei Savi Anziani di Sion’ su La Provincia Grande del 1942), a Giovanni Spadolini (che scrisse proprio sulla rivista La Difesa della Razza), fino ad Amintore Fanfani (che aderì al Manifesto della Razza). Eppure quanto tempo passerà prima che a Giorgio Bocca dedicheranno una via in Roma? E quanto tempo è passato prima che la dedicassero a Giovanni Spadolini e Amintore Fanfani?
Concludo con una bellissima frase di Luciano Violante su Giorgio Almirante:

Seppe condurre nell’alveo della democrazia quegli italiani che, dopo la caduta del fascismo e la sconfitta della Repubblica sociale, non si riconoscevano nella Repubblica italiana del 1948.

 

di Martino © 2012 Il Jester 


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