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"La controvita" di P. Roth

Creato il 12 aprile 2013 da Bens
Gran parte della mia vita è stato un triste tentativo di fuga. Dalla verità, dai bei voti, dalle notizie, dalla speranza. Sfortunatamente sono troppo pigra per concludere qualcosa di notevole o vagamente lontano. Pigra e spaventata. Sì, perché una controvita esiste per tutti, ed è perfetta così, credo, finta ed irreale, nascosta tra un esame all'università e una gita al mare. La controvita è un destino naturale, ma è come la morte: definitiva. Un unico punto culminante e brevissimo in cui tutto si ferma e non è permesso tornare indietro. Quella storia secondo cui potremmo essere tutto ciò che si vuole è solo una bugia, noi siamo esattamente tutto ciò che non vorremmo mai essere, perché abbracciare quel limbo misterioso che è la controvita vorrebbe dire perdere le certezze della finzione e correre il gravoso rischio di un'alterità destinata a non fermarsi più a causa delle innumerevoli scelte possibili.
Forse lo ha capito Zuckerman, in questo libro, quando decide di scontrarsi con la morte del fratello, il quale, colto da un delirante sebbene legittimo, desiderio di guarigione dall'impotenza sessuale, sceglie di sottoporsi ad un intervento chirurgico privo di successo. Uno Zuckerman sessualmente passivo costretto a compatire un fratello impaurito dalla perdita del consueto pompino pomeridiano come affermazione, tacita ma solida, di una virilità su cui è stata fondata un'intera esistenza. E' l'incontro/scontro con la sua ebraicità ellenizzata e così impresentabile agli occhi dei ben più risolti ebrei israeliani, purificati dalla Diaspora attraverso un semplice diritto di cittadinanza in un luogo lontano ma chiave. Scrittore forte e di successo la cui fama si appoggia su un ebraismo spicciolo e monotono alla Freud, Zuckerman è diverso fra i suoi.
Ed è una diversità affine ma capovolta quella che trova fra i gentili i cui pregiudizi antisemiti sono così radicati da essersi trasformati in un innocente sentimento che trae la sua giustificazione dalla consuetudine. Non esiste un me stesso finché non incontra un qualunque te stesso e fanno nascere una bugia.
La controvita è il libro più incredibile di Roth, in cui il giovane segaiolo irriverente si redime per la sua solitudine. Non fatevi ingannare, Zuckerman esce di scena qui, si arrende all'impossibilità di immedesimarsi nell'altro senza ingenti sconfitte. Zuckerman lascia, delega, osservando dai margini periferici le storie che, d'ora in poi, lo sfiorano.
P.S.: Qualche giorno fa un amico mi chiese come avessi preso la notizia secondo cui Roth avrebbe deciso di smettere di scrivere. Splendidamente, risposi. Siamo nati e cresciuti in un mondo ossessionato dalla competizione, in cui si pretende categoricamente il massimo, perdendo di vista la tollerante e compassionevole empatia per chi molla. A volte la cosa più coraggiosa da fare è abbandonare il gioco, per debolezza come nei casi più comuni o per non intaccare, con sentimentalismi e derive senili, una storia fatta di splendore, come nel caso eccezionale del signor Roth.

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