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La Corte Costituzionale giudica la Fini-Giovanardi

Creato il 11 febbraio 2014 da Retrò Online Magazine @retr_online

È iniziata quest’oggi, 11 febbraio 2014, l’udienza sulla legittimità costituzionale della Legge Fini-Giovanardi  presso la Corte Costituzionale. Secondo le prime indiscrezioni a Palazzo della Consulta, sarebbero parecchie le possibilità di bocciatura per la violazione dell’articolo 77 della Costituzione. Ossia per la sostanziali differenze tra le iniziali norme previste dall’originario decreto legge e quelle poi approvate al parlamento. Nel 2005, con un decreto legato alle Olimpiadi invernali di Torino, tali disposizioni equipararono droghe leggere e  pesanti sullo stesso identico piano valutativo. A portare il ricorso in Consulta la terza sessione penale della Cassazione, a cui aveva fatto ricorso un uomo di Trento ,condannato a quattro anni di reclusione e 26 mila euro di multa, per il trasporto di 3,8 chilogramma di hashis, senza poter ottenere la condizionale della pena. Nel caso di un giudizio negativo e di una successiva abrogazione  della legge Fini-Giovanardi , potrebbe risorgere dalle ceneri la Jervolino-Vassalli di 14 anni fa, modificata dal referendum popolare del’93. La legge n° 162 del 1990 sull’uso, la produzione e lo spaccio di sostanze stupefacenti, considerava come illecito l’uso sia di droghe leggere (hashish, marijuana) sia pesanti (cocaina, eroina). Le sanzioni a tale attività illegale erano soprattutto amministrative, provvedimenti del Prefetto come la sospensione della patente, del porto d’armi e del passaporto, per un periodo non superiore di tre mesi. Prima dell’attuazione di tali provvedimenti  il prefetto poteva avvertire la persona del suo comportamento invitando a cessarlo. In caso di non rispetto del richiamo, o della non efficienza delle sanzioni amministrative, o del recidività della persona colto ancora in possesso di sostanza stupefacenti , era previsto l’intervento dell’autorità giudiziaria, con possibile  allontanamento dal Comune e con un presenzio regolare e periodico dinanzi ai Carabinieri. Decisamente più gravi erano considerati, nella  Jervolino-Vassalli, i casi di produzione e di distribuzione (spaccio). Pene quali la reclusione per periodi distinti, a seconda che si tratti di droghe leggere o pesanti o di quantità notevoli  o “modiche”. Nel 1991 la Corte Costituzionale considerò che “una dose media giornaliera”, non comportava il reato di spaccio, bensì un uso personale della sostanza. Due anni dopo con un Referendum abrogativo promosso dai Radicali di Marco Pannella, furono abolite le pene per  detenzione ad uso personale di droghe.  I  votanti furono quasi 37 milioni di persone,  con un 55 % di Sì e il 44% di No. Lo scarto di nove punti percentuali, rappresentò una sorta di incertezza e di giudizio dell’opinione pubblica alquanto ambivalente nei confronti di tale tema sociale. Passano 15 anni e si giunge alla Legge 21 febbraio 2006, appunto denominata Fini-Giovanardi, il primo all’epoca vice-premier e il secondo ministro. Sulla “Gazzetta Ufficiale” n°48 del 27 febbraio 2006, appare l’emendamento come: “ Conversione in legge, con modificazione del decreto-legge 30 dicembre 2005, n° 272, recante misure urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti per le prossime Olimpiadi invernali, nonché la funzionalità dell’Amministrazione dell’Interno. Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi”. Si potrebbe racchiudere in 12 punti le principali peculiarità della discussa Fini-Giovanardi, in netta contrapposizione con la normativa precedente:

  • Tutte le droghe divengono uguali di fronte alla legge (leggere o pesanti)
  • Sono previste solo 2 tabelle di sostanza stupefacenti, non più 4
  • Viene reintrodotto il concetto quantitativo per distinguere tra consumo personale e spaccio.
  • Viene punito chi acquista, e/o  riceve sostanze stupefacenti che appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale, o per altre circostanze dell’azione
  • La cannabis è giudicata come l’eroina e la cocaina: reclusione da 6 ai 20 anni
  • Viene mantenuta l’ipotesi attuata per fatti di lieve entità: reclusione da 1 a 6 anni.
  • In caso di condanna per fatti di lieve entità, nell’impossibilità di fruire della sospensione condizionale della pena, può essere chiesto il lavoro di pubblica utilità per un periodo di corrispondente alla pena  inflitta
  • Per il consumo personale sono sempre previste le sanzioni amministrative, che ora possono arrivare fino a un anno
  • Per il consumatore che sia socialmente pericoloso sono previste misure di sicurezza quali l’obbligo di presentazione alla PG, il divieto di frequentare locali pubblici, il divieto di condurre veicoli a motore
  • L’affidamento in prova terapeutico viene  esteso alle pene fino a 6 anni, anche se tale periodo è residuo di maggior pena
  • La certificazione dello stato di tossicodipendenza non è più di esclusiva competenza del servizio pubblico ma anche le strutture private possono certificarlo ai fini delle misure alternative al carcere e della sospensione dell’esecuzione della pena.

Alle fine del 2013 su 23 mila imputati ben 8mila risultavano ristretti per violazione della legge sugli stupefacenti, mentre su 40 mila condannati, circa 15 mila sono finiti in carcere per lo stesso tipo di reati. Un affollamento carcerario e un intasamento delle aule da giudizio da non trascurare. E questo, a fronte dei dibattiti, delle questioni e delle liti attorno al Decreto Svuota Carceri, appare come elemento fondamentale. Un motivo in più per attendere con ansia l’esito del giudizio della Corte Costituzionale sulla Fini-Giovanardi .


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