Non si scandalizzi, il lettore, ma questa voleva essere solo la premessa a riflettere
su una cosuccia tanto piccina che sotto tutto quanto fin qui detto rischia addirittura di rimanere schiacciata per la sua irrilevanza: qualche giorno fa Beppe Grillo ha espresso il suo favore ai referendum di cui si sono fatti promotori i radicali di Marco Pannella e oggi Silvio Berlusconi ha annunciato il suo appoggio alla raccolta di firme per alcuni dei quesiti. Due cosucce, dunque? No, una sola. Infatti, a sostenere un’iniziativa referendaria–chi nel promuoverla, chi nell’appoggiarla in modo generico, chi nella dichiarazione d’impegno attivo (sebbene limitato ad uno solo dei due pacchetti di quesiti, quello sui temi di natura giudiziaria) – troviamo tre leader politici che tra i molti tratti in comune hanno leadership di tipo carismatico, proprietà di fatto del movimento che guidano e gravi disturbi della personalità. Si tratta della triade che Kets De Vries individua nella figura del demagogo (Leaders, fools and impostors, 1993). Ci troviamo, in sostanza, di fronte al paradigma del momento di democrazia diretta che si fa strumento di quella che per Labriola è «una pericolosa illusione». A scanso di equivoci, però, occorre qualche chiarimento. Quasi tutti i referendum di cui si sono fatti promotori i radicali pongono questioni di rilievo e in buona sostanza propongono l’abrogazione di leggi che a mio modesto avviso sarebbe giusto abrogare. Non entrerò nel merito dei questioni poste dai dodici quesiti, mi limiterò a segnalare che su due – l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti e la responsabilità civile dei magistrati – abbiamo già votato e con esito che Labriola definirebbe «inutile» o «impotente». Tentar non nuoce, e forse neppure ritentare, ma – dicevamo – qui ci interessa solo la cosuccia, perché sul fatto che gli uomini che hanno in mano le leve dello Stato, «se vogliono, possono accettare il voto popolare, ma, se non vogliono, possono vittoriosamente resistervi», abbiamo già discusso nel post che ho citato all’inizio.Un altro chiarimento necessario è relativo alle ragioni che portano a questa singolare congiunzione di astri nel firmamento della politica italiana. Ellittiche diverse, naturalmente, quelle di Pannella, di Grillo e di Berlusconi. Il primo è da almeno due decenni alla disperata ricerca di uscire dall’isolamento che peraltro ha ostinatamente cercato. Non è il caso di dilungarci troppo, su queste pagine la «cosa radicale» è stata oggetto di analisi in più occasioni. In breve, qui, possiamo limitarci a dire che lo strumento referendario era stato un po’ messo da parte dai radicali: costava energie sempre maggiori e dava risultati sempre minori. E tuttavia per Radicali Italiani, il soggetto della cosiddetta «galassia radicale» che negli ultimi anni è venuto a dar segni di sempre più manifesta insofferenza al settarismo di Pannella, il referendum è parso il solo tentativo possibile per rompere l’isolamento, e la scelta di sei temi sui quali i sondaggi danno da tempo il favore di larga parte dell’opinione pubblica nazionale è parsa la via più sicura. Non era quello che Pannella voleva. Trovandosi a dover accettare il fatto compiuto, ha aggiunto al pacchetto dei sei referendum promossi da Radicali Italiani quello suo, con altri sei referendum, su temi riguardanti la giustizia. Difficile capire se l’abbia fatto per riprendere il controllo dell’iniziativa politica della «galassia» neutralizzando le velleità di autonomia montanti in seno all’area, di fatto sta che i dodici quesiti referendari per i quali i radicali si stanno spendendo a raccogliere le firme si rivolgono a sensibilità che trovano congruità solo in un liberale: nella realtà italiana, che di liberale ha poco o niente, i primi sei chiamano a raccolta la sinistra e i secondi sei la destra.
Per Grillo il discorso è completamente diverso. Innanzitutto non è affatto certo che sapesse di cosa si trattasse quando il giornalista di Radio Radicale gli ha posto la questione. Attestato da sempre su posizioni giustizialiste, il M5S appoggia il referendum sulla separazione delle carriere dei magistrati o quello che pone maggiori limiti alla custodia cautelare? Bah, può darsi, di certo c’è soltanto che alla dichiarazione molto estemporanea, molto vaga e per nulla impegnativa non è seguito altro, al momento. Forte è il sospetto che Grillo fosse a conoscenza solo del primo pacchetto di quesiti referendari (abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, libertà di scelta nella destinazione dell’8xmille, introduzione del divorzio breve, abolizione della carcerazione per fatti di lieve entità relativi alle vigenti norme sugli stupefacenti, ecc.).
Diametricamente opposto il discorso per l’appoggio – attivo, in questo caso – annunciato da Berlusconi: è altamente improbabile che i suoi si impegneranno nella raccolta di firme per toccare i punti sensibili della Bossi-Fini o della Fini-Giovanardi, altamente improbabile che facciano uno sgarbo alla Cei su questioni come il divorzio breve e l’8xmille. Inutile sottolineare, inoltre, il senso strumentale che assume il suo appoggio alla campagna referendaria radicale per la «giustizia giusta» nel frangente che lo vede impegnato come mai prima nella difesa delle sue sorti di indagato e di condannato in attesa di sentenze definitive.
Se il lettore ha avuto la pazienza di arrivare fino a questo punto, potrà essere indulgente con chi ha voluto solo tratteggiare per sommi capi le vie che portano i tre a questo assai malfermo accordo su gambe entrambe zoppe: l’intenzione non era quella di delineare lo scenario politico italiano dinanzi alle variabili poste dai referendum radicali, se mai si terranno, ma di tornare–come d’altronde era annunciato dal sottotitolo del post – alla critica sollevata da Labriola.
«Strumento di democrazia diretta», il referendum. Anche quando si dà come «correttivo» di una democrazia rappresentativa, tuttavia, non perde i caratteri che rendono pericolosa la democrazia diretta fatta sistema. Strumento, dunque, non solo «inutile» o «impotente», ma anche rischioso. E il rischio –se a questo punto non è superfluo aggiungerlo – è tutto a carico dei cittadini che, illudendosi di farsi legislatori in prima persona, non fanno altro che offrirsi, più o meno coscientemente, ai disegni di chi non si fa alcuno scrupolo nel «corbellare le masse».