Jean-Michel Carasso, cuoco multietnico, ha di recente pubblicato il libro "La cucina greca".
"Per il lettore goloso, la cucina greca non si riduce ai pochi piatti a uso del turista di cui praticamente tutti, tornati da una vacanza estiva, conservano un ricordo spesso standardizzato e che tende, con il tempo, ad affievolirsi. Se è vero, come sostiene anche l'autore di questo libro, che “la cucina greca tradizionale assomiglia al suo paese d'origine” e quindi “non è vastissima”, sono diverse le ragioni per cui vale la pena di conoscerla. La prima è che se state per partire per una vacanza di sole e vento, mare limpido e suggestioni mitologiche, vale la pena di sapere cosa vi perdete se, seduti a un tavolo di una tavèrna o di un ouzerì, vi limitate a ordinare le solite cose. In questo senso, il ricettario di Jean-Michel Carasso è anche una completissima guida gastronomica. La seconda ragione è che proprio per quel suo carattere, che Carasso definisce “passabilmente rustico”, è una cucina di ingredienti, antica ma vicina a una sensibilità molto contemporanea, quella dell'attenzione al territorio. Nello stesso tempo, pur essendo indiscutibilmente mediterranea, risente di molteplici e spesso raffinate influenze: innanzitutto quella turca – e quindi bizantina –, poi quella araba e quella persiana, dell'Asia centrale e addirittura indiana.Sono particolarmente legato a questa regione per il ricordo di mio padre, nato e cresciuto in Grecia, e per la sua venerazione per quel paese e la sua cucina. Ci portava in Grecia in visita ai suoi parenti di Atene, di Salonicco o di Rodi, ed era tutt’un girare, mangiare, bere, godere. Anche oggi in Grecia mi sento a casa. Ho sempre cercato piccoli angoli di Grecia un po’ ovunque ritrovandoli, vicino a casa, a Firenze, nella comunità di piazza Dalmazia, trovavo cibi ellenici e materie prime, o a Parigi o altrove.
Contrariamente ad altri paesi, la Grecia offre una cucina piuttosto simile in tutte le sue aree, siano esse isole o il continente. Però i pochi piatti particolari di ogni regione vanno cercati ed assaggiati, quando è possibile nelle case ma anche in molti ristoranti.
La cucina di per sé è scambio e contaminazione, in Grecia troviamo un’infinità di piatti comuni a tutti i paesi dell’ex Impero ottomano, dai Balcani al Maghreb attraversando il Medioriente, e poi grazie agli scambi commerciali, con il resto del Mediterraneo, influenzati dalla grande comunità ebraica sefardita che, proveniente dalla Penisola Iberica tra il 1492 e il 1458, fece di Salonicco il più importante centro ebraico del Mediterraneo.
Consiglio sempre agli amici di visitarla in tutte le stagioni: per provare, in autunno-inverno le zuppe di carne o verdura con il “trachanàs” o “xinòchondros”, il grano fresco bollito in un misto di latte di pecora e di capra, e poi seccato al sole. Le foglie di vite farcite di carne con la salsa “avgòlemono”, la squisita salsa a base du uovo e limone poi tutte le “pite” di pasta fillo o di pasta sfoglia farcite con formaggio, carne o verdure, lo stufato di vitello con la pastina chiamato “ghiùvetsi” e le immancabili “suzukàkia” o polpettine al sugo con riso pilaf. A primavera, l’agnello cucinato in molti modi, il “kokorètsi” o coratella d’agnello allo spiedo, la “magherìtsa” o zuppa di Pasqua a base di trippa, la “kakavià” o zuppa di pesce e verdure novelle alla cretese. D’estate, una buona “mussakà” di melanzane e carne, un “suvlàki” come si deve, per strada o al ristorante, i pesci e le carni marinati e cotti alla griglia a carbone o a legna, la fresca insalata “choriàtiki” con la feta, un ottimo “dakos” cretese, lo “spetsofài” del monte Pilion, le squisite crocchette di zucchine fritte. E tutto l’anno i “mezè” o piatti da antipasto come la “melitzànosalata”, lo “zazìki”, la “taramosalàta”, il polpo all’aceto, la crema di feta piccante… insomma, sembravano poche cose invece potrei continuare ad elencarle, ancora e ancora.Tutti questi piatti sono citati e descritti nel mio libro, dove parlo di piatti tradizionali, naturalmente coi buoni prodotti locali.
La cucina economica riporta la ricetta tradizionale del Taramà nella versione dello chef Jean-Michel Carasso e a seguire quella dello scrittore e gastronomo Manuel Vàsquez Montalbàn
250 g di bottarga (uova affumicate di muggine, di merluzzo o di tonno)*2 fette di pane1 tuorlo d'uovo1 bicchiere di olio di olivasale, pepe, aceto, succo di limone2 tazze di latte
Si sbriciola il pane nel latte e lo si amalgama alla bottarga* pestandoli nel mortaio insieme al sale, il pepe, il tuorlo d'uovo, 1 tazza di latte, una cucchiaiata di aceto e il succo di limone. Vi si versa a poco a poco l'olio, lavorando il tutto come per fare una maionese, e si continua sino a quando l'impasto non acquista un'analoga consistenza."
* Io aggiungo che l'affumicato non è indispensabile. Il "taramà" di base, ovvero uova preparate e affumicate che si trovano in Grecia, non si trova in Italia e quindi la crema si può fare usando uova fresche.
Ed ecco il testo che Montalbàn affianca alla ricetta nel suo libro "Ricette immorali":
"Un bel nome al servizio di un piatto ambiguo: salsa, antipasto, insalata? La paternità è dei greci, padri terribili che talvolta fottono questa delicata emulsione con rancido purè di patate e la chiamano taramasalata. Ma nel suo stato vergine, la taramà è una delicatezza rosea spalmabile sul pane più rustico della terra o su fette di pane a cassetta per ottenere tartine di vellutata spuma per labbra propizie, labbra di un rosso naturale, rosso di sangue ben riuscito. Si consiglia di preparare la taramà prima di fare l'amore, ma in presenza del partner, perché la taramà, come tutti i piatti preparati nel mortaio, esige il tamtam degli incantesimi, e pretende, persino, sortilegi poco ostentati: basterà forse canticchiare O Perigaldi Theodorakis ed Elitis, mentre la partner si toglie quanto indossa sopra il reggicalze. Gli ebrei di Parigi riescono a ottenere una taramà bianca, deliziosa, preparata senza dubbio con uova di pesci trasparenti."
Inviato il 21 settembre a 06:06
Grazie mille ! Jean-Michel Albert Carasso