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La Dama Velata: Miriam Leone a metà tra “Downton Abbey” e “Via col Vento”

Creato il 18 marzo 2015 da Marianocervone @marianocervone
La Dama Velata: Miriam Leone a metà tra “Downton Abbey” e “Via col Vento” Carrozze, cavalli, comparse eppure le fiction in costume italiane, da Orgoglio a Elisa di Rivombrosa, non riescono ad avere l’appeal di un Downton Abbey qualsiasi, e non bastano le location in antiche dimore nobiliari, né la suddivisione in episodi da quaranta minuti à l’americana. La verità è che spesso i nostri peplum in costume sono troppo lenti e un po’ troppo melensi. È il caso di La Dama Velata, nuova fiction rai, che vede protagonista l’ex Miss Italia 2008 Miriam Leone, che dopo tanti ruoli in TV e al cinema è alla sua prima prova d’attrice da protagonista. Sulla falsariga di “Abbey”, dal quale mutua l’interesse per un’eredità contesa, e Via col Vento, per quel dramedy ante saecula che caratterizza l’approccio tra la bella eroina e l’amato Guido (Lino Guanciale), novello Reth Butler, affascinante donnaiolo avvolto dal mistero, si apre con un grande flashback in cui la dama velata del titolo, la stessa Leone, inizia col raccontare come mai sia stata apparentemente buttata nel fiume da quello che sarà poi suo marito. Un feuilleton che si divide tra amori, intrighi di famiglia, vecchie zie e perfidi cugini, come nello più tradizionale degli sceneggiati italiani. Insomma non proprio una novità, se si considera che appena un decennio prima guardavamo Elena Sofia Ricci e la famiglia Obrofari, incastrata tra matrimoni combinati e dissesti finanziari, e ci è voluto meno di un lustro invece per ritrovare Gabriella Pession e la sua ribelle Rossella, pioniera donna medico di inizio ‘900. Buona la prova d’attrice della Leone, credibile nelle vesti di popolana, così come in quelle di inadeguata nobildonna improvvisamente proiettata nell’alta società trentina, così come la spavalderia del rampollo Lino Guanciale che ne farà di certo uno dei personaggi più amati. Benché manchi di una sceneggiatura forte e la raffinatezza dei costumi dei suoi omologhi inglesi (l’abito giallo di Clara, pur non scalfendo la bellezza della protagonista, era a metà strada tra un Carnevale per bambini e La Bella e la Bestia), la storia riesce a prendere lo spettatore e, nonostante episodi prevedibili come appuntamenti mancati e escamotage poco credibili, riesce a tenere lo spettatore incollato al televisore fino all’ultimo, non col fiato sospeso certo, o al punto di non dormirci la notte, ma con la curiosità di conoscere l’evoluzione di un destino forse già noto delle eroine delle Fiction Rai.

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