Tutto ebbe inizio un quarto di secolo fa, per la precisionenel 1985 a Venezia, quando il regista tedesco, Wim Wenders, assistette allospettacolo “Cafè Muller” coreografato e ballato dall’artista Pina Bausch,tedesca anche lei, “era lontanissimo da ciò che nella mia testa era la danza”, paroledi Wenders. Nacque subito un legame di amicizia e, in seguito, l’intento comune di creare un progetto cheriguardasse il lavoro e l’arte di Pina attraverso gli occhi del regista. Cisono voluti almeno 26 anni, attendendo una tecnica adeguata che rendesse giustiziaalla resa cinematografica del teatrodanza, il 3D. Nell’estate del 2009 Pina Bausch muore di cancro, aveva 68 anni.Wenders abbandona l’idea di portare avanti il lavoro da solo per almeno unanno, poi convinto dalla compagnia di Pina trasforma un film documentario inun’evocazione e un commovente saluto alla cara amica e grandissima artista. Apparentementenon c’è traccia di biografia personale e professionale, il tema centrale è larappresentazione dell’eredità umana e artistica di questa grande ballerina, ma osservandoattentamente gli spezzoni filmati da Wenders di 4 dei suoi spettacoli ( CafèMuller, Le Sacre Du Printemps, Vollmond e Kontakthof), entrando nellacoreografia , nei movimenti si arriva all’animo e al cuore di questa donna. Suggestivigli assoli dei ballerini con lo sfondo della città natale dell’artista, nonchésede del Tanztheater, Wippertal, la città è trattata come un elemento formale –scenografico indipendente da un contesto reale, il risultato è un poeticocontrasto tra la scenografia ruvida e fredda metropolitana e i movimenti,l’ondeggiare dei costumi e dei corpi. Gli altri ambienti scelti dal regista,per accentuare il tema del movimento come assoluto protagonista sono, non a caso, quelli dell’architettominimalista tedesco Mies Van Der Rohe ( la cui massima per intenderci era “Lessis more”). L’unico elemento scenografico di forza che partecipa ai lavori diPina è la natura, l’acqua, la terra, la roccia, sono ingredienti che fanno delmovimento un racconto di sensazioni, creando un’unione istintuale tra danza,uomo e natura. L’idea di far parlare di Pina ai ballerini, attraverso la danza,era stata elaborata già quando Pina era in vita, ma il risultato è diverso, èun saluto, una rielaborazione di sentimenti e forze, Wenders riesce a trasmettere ottimamente al pubblico,anche profano di danza, la passione della Bausch, la sua arte così innovativa,ma anche i suoi incubi e la sua forte personalità artistica. Insomma un buonrisultato. Raccomandata la visione in 3D!Voto: 7
Magazine Cinema
La danza di Pina è una passione che appassiona
Creato il 13 novembre 2011 da Presidenziali @Presidenziali
Tutto ebbe inizio un quarto di secolo fa, per la precisionenel 1985 a Venezia, quando il regista tedesco, Wim Wenders, assistette allospettacolo “Cafè Muller” coreografato e ballato dall’artista Pina Bausch,tedesca anche lei, “era lontanissimo da ciò che nella mia testa era la danza”, paroledi Wenders. Nacque subito un legame di amicizia e, in seguito, l’intento comune di creare un progetto cheriguardasse il lavoro e l’arte di Pina attraverso gli occhi del regista. Cisono voluti almeno 26 anni, attendendo una tecnica adeguata che rendesse giustiziaalla resa cinematografica del teatrodanza, il 3D. Nell’estate del 2009 Pina Bausch muore di cancro, aveva 68 anni.Wenders abbandona l’idea di portare avanti il lavoro da solo per almeno unanno, poi convinto dalla compagnia di Pina trasforma un film documentario inun’evocazione e un commovente saluto alla cara amica e grandissima artista. Apparentementenon c’è traccia di biografia personale e professionale, il tema centrale è larappresentazione dell’eredità umana e artistica di questa grande ballerina, ma osservandoattentamente gli spezzoni filmati da Wenders di 4 dei suoi spettacoli ( CafèMuller, Le Sacre Du Printemps, Vollmond e Kontakthof), entrando nellacoreografia , nei movimenti si arriva all’animo e al cuore di questa donna. Suggestivigli assoli dei ballerini con lo sfondo della città natale dell’artista, nonchésede del Tanztheater, Wippertal, la città è trattata come un elemento formale –scenografico indipendente da un contesto reale, il risultato è un poeticocontrasto tra la scenografia ruvida e fredda metropolitana e i movimenti,l’ondeggiare dei costumi e dei corpi. Gli altri ambienti scelti dal regista,per accentuare il tema del movimento come assoluto protagonista sono, non a caso, quelli dell’architettominimalista tedesco Mies Van Der Rohe ( la cui massima per intenderci era “Lessis more”). L’unico elemento scenografico di forza che partecipa ai lavori diPina è la natura, l’acqua, la terra, la roccia, sono ingredienti che fanno delmovimento un racconto di sensazioni, creando un’unione istintuale tra danza,uomo e natura. L’idea di far parlare di Pina ai ballerini, attraverso la danza,era stata elaborata già quando Pina era in vita, ma il risultato è diverso, èun saluto, una rielaborazione di sentimenti e forze, Wenders riesce a trasmettere ottimamente al pubblico,anche profano di danza, la passione della Bausch, la sua arte così innovativa,ma anche i suoi incubi e la sua forte personalità artistica. Insomma un buonrisultato. Raccomandata la visione in 3D!Voto: 7
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