di Ninnj Di Stefano Busà
Premesso che, chi scrive non è una sfegatata femminista, nè una pasionaria che vuole mettere in discussione il ruolo maschile nella società e nel mondo, tanto meno spodestare o scalzare l’uomo dalla sua autorità millenaria di capo tribù, già acclarata dalla notte dei tempi.
Al contrario, è a favore delle pari opportunità, ovvero nulla a svantaggio dell’uomo, ma nel contempo, sia dato alla donna il grande privilegio di essere donna, madre, sorella, figlia, ovvero permetterle la piena realizzazione di tutti quei compiti che in sé amministra ed espleta, senza neppure il riconoscimento di un ruolo ufficiale, o la parità di diritti e doveri con l’altro sesso.
Per la donna di oggi, sarebbe sacrosanto dovere, oltre che un tributo alla sua innata capacità di destreggiarsi in mille ruoli diversi, lasciare la libertà che le spetta di diritto, al lume dell’intelletto che già possiede, poiché ella non tenta di aumentare il senso di competizione, ma di influenzare semmai positivamente il suo atteggiamento di compatibilità nei confronti del mondo intero, senza sfidarlo ad armi pari.
Soprattutto perché ne risulterebbe svantaggiata dal ruolo di supremazia maschilista.
La donna agisce con la consapevolezza di un intuito che è quasi infallibile (ne è dotata fin dalla nascita), le sue capacità logiche sono multiple, possiede eccezionali doti di buon senso, di amore, di pazienza, di comprensione, di equilibrio, di diplomazia, anche di malizia, perché no, perché malizia non vuol dire malvagità, crudeltà, miserabilità. Non mi trova d’accordo la sudditanza di nessuno dei due ruoli, ognuno potrebbe e dovrebbe operare in libertà, affiancandosi, difendendo il proprio spazio d’azione come può, al meglio delle sue possibilità e capacità attitudinali, in “simbiosi” semmai, senza sovrapposizione né ostentazione, senza scorrettezze e prevaricazione, in sinergia con l’altro sesso, non in netto contrasto con esso.
Ma sarebbe chiedere troppo, perciò, ci si limiti almeno alla correttezza e alla pari opportunità.
Di fronte alle leggi della Natura e di Dio la donna e l’uomo sono stati creati uguali, nessuno dei due in sudditanza: liberi e felici nell’Eden fino alla cacciata dal Paradiso terrestre. La donna però, al contrario dell’uomo, fin dai primordi ha avuto molte parti sullo scenario della vita, ha dovuto interpretare più parti e quasi sempre le più difficili: crescere e amare i figli dell’uomo, aumentare il prestigio del partner, sia marito o compagno, interpretarne e facilitarne l’eventuale benessere, contribuire col sua amore e la sua dedizione alla famiglia, al mantenimento della casa, portare avanti l’economia dell’intera comunità familiare, fare salti mortali per organizzarsi, conciliare prerogative di lavoro con esigenze familiari, orari di priorità e necessità, dibattersi fino allo sfinimento in mille e mille modi diversi per condurre un’esistenza dignitosa, adeguata alle reali capacità e possibilità, alle esigenze eventuali di altri elementi aggregati, che possono subentrare nel nucleo familiare del tipo: genitori, suoceri, figli di matrimoni allargati.
Cosa manca dunque alla donna perché le venga riconosciuto l’imprimatur dei molti ruoli dei quali si fa già interamente carico, senza esserle riconosciuto alcunché di tutto ciò, e di cui è all’altezza, responsabile e guardiana del focolare domestico, pronta al sacrificio per la salvaguardia del suo progetto culturale e morale?
L’avallo del maschio che pretende la sua piccola territorialità tutta per sé, e non è disposto a condividerla con nessuno, non rientra nelle sue aspettative; ella va oltre le remore istituzionali che la vogliono relegata al ruolo di “cenerentola” e di sudditanza al partner.
Oggi più che mai la donna si è resa autonoma, affrancandosi da un ruolo che era un lacciolo alla sua libertà, alla sua scoperta del mondo, ai suoi diritti e doveri di essere umano “pensante”.
Ora la donna sta cominciando a capire che non è più tempo di sottostare ai loro strapoteri di vita e di morte, alle loro millanterie, ai loro loschi e recidivi inganni, alle malevolenze, alle vessazioni, ai tradimenti. La donna di oggi se non è affiancata da un partner compatibile, onesto, retto, autorevole (senza essere autoritario), preferisce di gran lunga lo stato di single: stare sola non la terrorizza, non è un assillo, ella è assolutamente autosufficiente. La sua condizione di single non la disturba, anzi, talvolta, ne fa una privilegiata.
Dalla capacità della donna di sapersi adeguare ai mutamenti, di saper far crescere i figli, anche senza l’uomo, di saper individuare un menage sereno, sapientemente dosato di affanni e pene (che nella vita quotidiana non mancano), ma notevolmente gioioso, accogliente, preferibile a quello furioso e destabilizzante del compagno, soprattutto se non le è congeniale, né compatibile, né solidale, ormai è consapevole anche la società in cui viviamo.
Da qui l’urto, la rabbiosa reazione, il malcontento, la furiosa gelosia dell’uomo di oggi.
Da qui la grande tragedia che sta colpendo da una parte i responsabile di tale situazione e dall’altra, le vittime che tale situazione hanno dovuto fin qui subire. Sono stati calcolati in Italia più di 2000 casi di uxoricidio all’anno. Una vera ecatombe, una sorta di bollettino di guerra. Perché?
E’ presto detto. Le condizioni di sviluppo sociale, il benessere raggiunto in campo culturale, socio/economico, l’apertura intellettuale della donna verso traguardi che le hanno consentito nuovi orizzonti, rapporti sociali, progressi lavorativi, crescita economica, autonomia di giudizio, guadagni, hanno permesso alla stessa di negarsi al suo ruolo di eterna “cenerentola” e di non volersi più sottomettere al padre-padrone, ormai modello obsoleto di un tempo arcaico, che ha finito per perdere la forza bruta del suo bastone di cavernicolo.
Ma sembra che l’uomo non voglia avvedersi della metamorfosi, del cambiamento sociale, culturale, morale, dell’entità cognitiva, sentimentale, emozionale, ristrutturante e impegnata del ruolo della donna in seno alla società, di cui condivide i dolori e i tormenti.
Soprattutto, pare non voler accettare una simile condizione, una tale mutazione, che diviene frustrazione, inconcepibile per le sue ridotte capacità di cavarsela da solo.
La donna invece, dal canto suo, ha la forza magnifica ed esaltante della sua certezza di “essere”, la potenza della sua energia propositiva, la sua intuitiva visione del tutto, cui fa appello in casi estremi per evitare di soccombere ai fendenti distruttivi, che la natura stessa le impone. Sicché quando tenta di lasciare un uomo che non dà nessuna garanzia di serena convivenza, diventa una vera tragedia familiare.
L’uomo non possiede ancora le facoltà di emanciparsi dalla donna, è lui il debole, è lui lo scriteriato, è lui il più fragile, il più immaturo, indifeso, il più arcaico soggetto della modernità e del binomio all’interno del nucleo familiare.
Perciò, doversi rimettere in gioco, dover ricominciare, doversi separare, condurre una vita da single, non poter più imporsi a nessuno, lo fa letteralmente impazzire, gli fa saltare la molla che tiene legati i filamenti del cervello, lo fa andare fuori fase: perdere sul campo dove aveva la superiorità, il vantaggio em soprattutto, dover fare a meno dei servigi della donna considerata per secoli ai suoi diretti comandi, doversi umiliare a riformularsi daccapo, dopo secoli di predominio e di accondiscendenza della donna, polverizza la sua psiche labile e fragilissima, facendola esplodere come una miccia o un congegno ad orologeria.
Piuttosto che dover ammettere il fallimento della sua inutile e surrentizia vita da reuccio, o adattarsi a passare al ruolo passivo di apprendista stregone, doversi lavare i calzini, prepararsi la cena, vivere in disperata solitudine, “uccide” il soggetto-oggetto del suo rancoroso legame, o si fa saltare le cervella malate.
La donna, dal canto suo, ha acquisito un ruolo sociale di preminenza, spesso giunta all’apice della carriera, non intende mollare.
Negli ultimi due anni sono stati calcolati solo (si fa per dire) 10.ooo morte ammazzate, stuprate, violentate dalla furia selvaggio del maschio che smarrisce la ragione.
Da pochi mesi è stato inserito il reato di stolking nella legislazione italiana. In teoria, nelle intenzioni del legislatore, questo strumento dovrebbe servire a moderare i bollenti spiriti dei pionieri…del far west, o degli abitatori della giungla.
La donna si è resa responsabile di un processo storico che prende sempre più consistenza e di cui la società avverte da poco tempo la “mutata ratio”.
La donna è provvista di illuminazioni folgoranti, di furbizia spicciola, ma anche di quella profonda, studiata e lungimirante apertura mentale che serve nella società di oggi: tutte cose che all’uomo spesso mancano del tutto. L’uomo è istinto, sopraffazione e violenza; la donna è dialettica, esercizio della tolleranza, pazienza e lungimiranza. Come si fa a non capire che il mondo oggi ha bisogno di entrambi i poli per innescare il corto circuito? Come si fa a non capire che è finito il tempo della sudditanza silenziosa, della irascibilità bestiale dell’uomo condotta sul filo dell’arroganza e della forza bruta, solo perché era lui a portare i pantaloni, a provvedere economicamente alla famiglia?
Eppure, ci tentano ancora a sopraffare la donna (in generale) i bellimbusti: a stuprare, a violentare, proprio in funzione di quella spinta animalesca che li soggioga, li cattura, li dirige.
Sono in balìa del loro malsano istinto, che li fa credere dominatori del mondo. E lo sono stati per troppo tempo nei secoli passati. Ma ogni cosa ha un fine e oggi la fine è venuta con l’avvento della cultura del diritto, che assegna ad ognuno il suo ruolo, separato e insieme circoscritto, ad un solo grande progetto universale, far sopravvivere il mondo.
Non importa chi vi sta a governarlo, a dirigerlo. L’importante è dominare le negatività, prevenirle, mitigarle e possibilmente superarle. Se poi sarà merito dell’uno o dell’altro sesso niente toglie al merito. Ma questo ancora l’uomo, dopo 2000 anni di storia, non lo ha accettato, né capito, neppure è disposto a metterlo in discussione e ancor meno, a lasciare che si realizzi una simile sovrapposizione di ruoli.