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La dura nutrice

Creato il 23 ottobre 2012 da Ilpescatorediperle
La sentenza che ieri ha condannato a 6 anni di carcere i componenti della commissione Grandi Rischi, ritenendoli responsabili di non aver fornito sufficienti informazioni alla popolazione e alle istituzioni circa il terremoto che si è abbattuto sull'Abruzzo il 6 aprile 2009, provocando 308 morti, migliaia di feriti e ingenti danni, sta facendo discutere.Occorrerà senz'altro esaminare nel dettaglio le motivazioni e il merito delle condanne. Se per esempio ci fosse stato un collateralismo degli scienziati coinvolti con settori della classe dirigente e imprenditoriale, con il fine di sminuire i fatti pur sapendone la gravità, per ragioni di consenso elettorale, o con un cinico occhio sull'imminente ricostruzione (la famosa risata al telefono di Francesco Piscicelli), è chiaro che non ci sarebbero dubbi sulla valutazione dei giudici.L'impressione però è che questa sentenza punti il dito contro la mancata previsione del terremoto da parte della comunità scientifica. Lo snodo fondamentale è dato dall'interpretazione del cosiddetto "sciame sismico", ovvero la serie di scosse, di magnitudo contenuta, che hanno preceduto la scossa del 6 aprile fin dal dicembre del 2008. In genere queste scosse non sono il preludio ad un sisma di notevoli dimensioni, ragion per cui la commissione Grandi Rischi ha ritenuto di tranquillizzare la popolazione. Il fatto è che non c'è stato un assestamento, ma un'escalation fino ai 6 gradi di magnitudo del terremoto più acuto.
Quel che si sta dicendo, è non solo che gli scienziati hanno sbagliato la loro previsione teorica. Ma che questo errore, di natura scientifica, ha valore penale. In sostanza, i terremoti, che sono difficilmente prevedibili nei tempi e nelle forme del loro verificarsi, sono oggetto del diritto: la fallibilità umana, l'incompletezza scientifica che riguarda ancora molti fenomeni, devono produrre un reato. In fondo è di questo che la commissione Grandi Rischi è stata accusata, di fallibilità umana e incompletezza scientifica. Un tratto che ieri è divenuto penalmente rilevante.Sul Corriere di oggi Sergio Rizzo ha già detto a sufficienza come il contraltare di questa singolare sentenza, senza eguali nel mondo, sia l'assenza ad oggi di condanne per quanti hanno lucrato su quel terremoto, sui ritardi nella ricostruzione, insomma sull'insieme di atti che configurano davvero una responsabilità penale. Non so se gli scienziati sono stati un capro espiatorio. Di certo questa sentenza, anche al di là del suo volere, rischia di diventare il simbolo di una giustizia, che, al contrario, non è stata fatta. Senza contare l'assenza di cultura antisismica in Italia, che avrebbe forse evitato in parte, con la prevenzione, più praticabile e a portata di mano della previsione, i drammatici effetti del sisma.Esiste però anche un altro lato, più ampio, della questione che è qui in gioco. Il terremoto, che ha portato, in primo luogo, rovinosi lutti, ci richiama alla nostra vulnerabilità umana, ai limiti del nostro sapere e del nostro potere. Come scriveva Leopardi ne La ginestra, a proposito della violenza del vulcano, essa rivela "quanto / è il gener nostro in cura / all'amante natura", che si presenta, qui, sotto le spoglie di "dura nutrice". L'uomo, perlomeno da Lucrezio in avanti, si è interrogato su questo tratto di imponderabilità e di sudditanza dell'uomo agli eventi naturali. I filosofi del Settecento hanno tentato risposte differenti al terribile terremoto di Lisbona del 1755. I disastri evocano interrogativi etici, antropologici, politici, religiosi, ma anche esistenziali.La vulnerabilità dell'uomo davanti alla natura, rivelata dalla sua debolezza scientifica (ciò che non esime, lo ripeto, dal correre ai ripari prevenendo i disastri, per quanto possibile), è un dato di fondo della condizione umana anche nell'età contemporanea, che non può essere facilmente liquidato da una sentenza.
da TEMPI FRU FRU http://www.tempifrufru.blogspot.com

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